I Denver Broncos e un weekend di straordinaria follia

Accade che mercoledì scorso il tuo quarterback numero tre risulta essere positivo al Covid-19. È uno di quei giocatori di cui volendo puoi fare tranquillamente a meno, una verità nascosta malamente sotto uno strato di cattiveria, ma che ovviamente scatena agitazione
Si ritiene che la situazione sia più che circoscritta e che non dovrebbero esserci altri casi di Covid-19 al di fuori di due collaboratori dello staff tanto che i giocatori non vengono mandati a casa in isolamento ma effettuano l’allenamento del giovedì.
Venerdì la situazione si fa più nebulosa e tutti il gruppo squadra viene mandato a casa in attesa di novità e di controlli su cosa non abbia funzionato nei protocolli. Questi da iniziò stagione hanno subito notevoli cambiamenti adattandosi in maniera camaleontica a quanto sta succedendo nel mondo e nella fattispecie negli States.

Nella NFL, diversamente da quanto successo mesi prima con la NBA, non vi è alcun modo di poter fare una bolla unica dato l’alto numero di collaboratori e giocatori presenti a roster oltre che il continuo ricambio necessario in virtù dei tanti infortuni che la fanno da padrone.
I giocatori da questo inizio stagione sono costantemente monitorati dalla NFL con un braccialetto che controlla ogni contatto che questi hanno nel periodo della regular season oltre ad avere accesso perenne alle telecamere delle facilities in modo da poter controllare tutti i movimenti degli atleti all’interno della stessa.

La lega prende in mano i video di quanto successo in casa Broncos e quanto sembrava un normale caso di contagio dovuto ad una imprudenza si è rivelato un’arma a doppio taglio nei confronti della franchigia del Colorado.
E’ stato appurato infatti che i quarterback della franchigia siano venuti tutti in contatto tra loro senza indossare la mascherina. C’è chi dice che questo sia avvenuto durante un pranzo e chi invece ammette che potrebbe essere successo in un momento extra allenamento con i giocatori che si sarebbero incontrati per poter vedere dei video degli avversari. Rimane che è successo.

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Questa situazione ha portato la NFL a prendere una decisione importante: quella di porre tutte e tre i quarterback “sani”, che in quel momento potevano anche essere in fase di incubazione, in isolamento perché sono ritenuti “ad alto rischio” in quanto hanno avuto un contatto molto molto stretto con l’atleta risultato positivo.

Ora ovviamente la situazione si fa ingarbugliata. I Broncos si radunano per poter svolgere l’ultimo allenamento prima della partita contro i Saints e la Lega comunica che per il momento i quarterback non posso allenarsi. Si pensa ad una forma di precauzione ma poi al termine dell’allenamento viene comunicato che tutti saranno indisponibili per la partita.

Inizia il classico tran-tran mediatico con copertura pressoché perenne sul caso che ha infiammato week 12, caso mai successo nella storia secolare della NFL.

I Broncos cercano in tutti i modi di porre una pezza a questa situazione richiedendo un rinvio momentaneo dell’incontro di qualche giorno in maniera che i QB possano trascorrere il tempo di incubazione riconosciuto dalla lega per poter tornare ad essere disponibili, ma questa possibilità viene rifiutata. Scatta il campanilismo del complottismo d’oltre oceano. Giustamente i Ravens ed i Titans si sono visti rinviare le proprie partite quando sono stati riscontrati seri problemi nel protocollo, anche per i Patriots è avvenuto ciò e furono i Broncos – avversari di giornata di New England – ad essere “penalizzati” andando a perdere la bye week di riposo.

C’è però una piccolissima quanto importantissima differenza che distingue il caso Broncos da quelli che ho citato poco sopra: a Denver non c’è un focolaio.

Il protocollo prevede la salvaguardia degli avversari e a differenza di Titans, Patriots o Ravens, i Broncos non mettevano a rischio la salute degli avversari per tanto non c’era la possibilità o la necessità di rinviarla “solo” perché Denver era priva di un intero reparto. Paradossalmente, la “sfortuna” dei Broncos è stata quella di avere solo un caso circoscritto a cui si è reagito bene ma non benissimo.

Altra problematica è sicuramente il tempismo della lega nell’intervento impedendo di fatto alla franchigia del Colorado di poter mettere almeno un allenamento in canna al potenziale sostituto che è stato trovato in fretta e furia in Kendall Hinton, QB undrafted da Wake Forest diventato in tre anni WR nelle practice squad.
Hinton non è stata la prima scelta perché Denver ha provato prima a percorrere altre vite come quella di poter pescare tra i free agent un QB che avesse almeno in mente cosa volesse dire giocare in NFL, ma è stato lo stesso protocollo che prevede cinque giorni di attesa per superare i test Covid prima di entrare nella bolla squadra ad impedirlo. A quel punto si provato a percorrere la strada dei collaboratori dello staff prestati a quarterback come Justin Rascati, ex QB alla James Madison, e Rob Calabrese, ex QB a UCF, entrambi in forza a Fangio come Offensive Quality Control ma anche in questo caso è arrivato un no secco della lega probabilmente per via di incompatibilità contrattuali da staffer a giocatore.
A questo punto un’opzione poteva essere il QB d’emergenza Royce Freeman ma la scelta come sappiamo è andata a ricadere su Hinton che non aveva mai giocato una partita NFL, non aveva mai fatto un allenamento focalizzato con la squadra e che soprattutto non giocava come QB da tre anni. Il risultato, lo abbiamo visto. A settembre vendeva auto…

Andando oltre alla mia domanda personale che ho già avuto modo di proporre su più canali sul perché lo staff di Denver abbia deciso di giocare con Hinton senza che questi fosse credibile nè nel lanciare nè nel correre, di fatto privandosi di un qualsivoglia tipo di gioco che magari con un attacco wildcat con Freeman avresti potuto avere, la partita allo stato delle cose era nata per finire in questo modo in qualsiasi maniera.

Importanti al termine dell’incontro sono state le parole arrivate dal QB Drew Lock che si è di fatto scusato per quanto successo per aver violato il protocollo, anche se in piccolissima forma a suo dire, e ponendo quindi in difficoltà il team. Più dure invece quelle di Fangio che si è schierato apertamente contro il suo reparto di QB dando di fatto a loro alla colpa di quanto successo e che per l’importanza che hanno nel team dovrebbero vergognarsi per aver messo la squadra in questa situazione.
I QB da lunedì sera sono stati tutti rilevati negativi e quindi idonei a tornare ad allenarsi..

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Tralasciando tutte le teorie di complotti o quant’altro, fa rumore l’assenza di dichiarazioni anche di un solo elemento di spicco del management della squadra che lascia intuire come questa decisione sia stata in parte accettata senza particolari problemi e che la colpa sia stata imputata internamente come fanno capire le parole di Fangio. Dopotutto a fare clamore è stato il fatto che fosse colpito il reparto di QB e non un altro che sicuramente avrebbe fatto meno scalpore.

C’è da dire, giustamente, che tu franchigia hai firmato un protocollo e tu franchigia te ne prendi le responsabilità se sbagli nell’attuarlo. Se la situazione non è problematica per gli avversari vai in campo e ne subisci beatamente le conseguenze oppure no se sei bravo a districarti.
Ad esempio i Bills hanno completamente isolato uno dei QB a roster così che se fosse capitato a loro quanto successo a Denver non si sarebbero trovati gambe all’aria. Perché non si è pensato a questa possibilità?

Va tuttavia fatto un pensiero sul come questa situazione possa in parte aver “falsato” la regular season. Non tanto per i Broncos ma per i Buccaneers che, detto della sconfitta importante che hanno subito dai Saints e che ancora devono andare ad affrontare in trasferta, si è vista favorire la rivale divisionale viste le problematiche che sono sorte a NOLA per l’infortunio di Brees. Ma queste sono chiacchiere da bar.

La realtà è una ed è che questo non è stato un bello spot per la NFL. Ha si creato hype per una franchigia ed una partita che diversamente ne avrebbe avuto ben poco, ha si rimarcato il controllo che la lega ha sulle squadre e sul torneo, ma si è giocato probabilmente una delle più brutte partite della storia con un gap davvero incolmabile e francamente molto molto triste.
Onore a Kendall Hinton che si è messo alla berlina sapendo perfettamente che sarebbe andato allo sbaraglio andando incontro a record negativi a cui sarà abbinato per sempre il suo nome.

Succede anche questo in tempo di Covid-19, sperando che nel 2021 tutte queste chiacchiere e possibilità siano davvero un lontanissimo ricordo.

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Eugenio Casadei

Appassionato di calcio (Bologna) e trekking, segue il football assiduamente dal momento in cui vide giocare Peyton Manning con la maglia orange di Denver, divenire tifoso Broncos una naturale conseguenza. Scrive la rubrica settimanale "Indiscrezioni di mercato NFL" in offseason e la "Top Ten" in regular season con grande divertimento e passione.

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