Huddle Mailbag, risposte alle vostre domande #6

Vi diamo il benvenuto a questo nuovo appuntamento con Huddle Mailbag, la rubrica bisettimanale in cui rispondiamo alle vostre domande di qualsiasi natura legate al mondo dello sferoide prolato. Ringraziando i nostri lettori per le domande pervenute, come nell’appuntamento precedente in coda all’articolo troverete i metodi per contattarci e porgerci le vostre domande!

Mauro ci chiede:

Buongiorno,
Sono Mauro e scrivo da Torino. Volevo un confronto con voi che siete sicuramente più esperti di me. Patrick Mahomes sta facendo un campionato fantastico riscrivendo i record in quanto yard lanciate, td pass etc…
Non voglio discutere la sua forza e classe cristallina ma secondo voi, quanto incide il “sistema in cui si gioca” cioè coaching staff, parco ricevitori a disposizione, Offensive line, running game, schedule etc etc. In pratica se Rogers è Wilson giocassero nei Chiefs e Mahomes a Seattle o Green Bay come sarebbero le statistiche e a favore di chi?
Lo so che è impossibile da provare ma questa riflessione mi viene spontanea quando sento alcuni commenti ingiusti rispetto alcuni colleghi di Mahomes che da anni giocano ad altissimi livelli e secondo me al momento non hanno le stesse armi a disposizione…

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Grazie

Dalla redazione risponde Giorgio

Grazie Mauro per la tua domanda che mi son affrettato ad accaparrare in quanto tuo concittadino, nella speranza a fine Covid di poter fare una discussione su questo e molti altri temi legati alla NFL dal vivo davanti ad una birra.
Sicuramente essendo il football uno sport di squadra ha bisogno di un intero sistema che funzioni, a partire dal front office proseguendo con il coaching staff per arrivare ai giocatori che hanno nel QB il loro principale punto di riferimento.
Difficilmente senza questa organizzazione alle spalle un QB riesce ad ottenere grandi risultati ed un esempio vivente è sicuramente Matthew Stafford, che non ha mai raggiunto risultati significativi con i Detroit Lions, nonostante il suo talento non sia mai stato messo in discussione.
I tre QBs da te citati fanno tutti parte di organizzazioni serie con allenatori comunque ottimi come Reid e Carroll o almeno discreti come LaFleur e McCarthy per i Packers, per cui, teoricamente, scambiandoli avrebbero tutti avuto comunque buone possibilità di eccellere.
Di sicuro nel caso di Mahomes c’è stata una volontà chiara di puntare su di lui e sulle sue caratteristiche di gioco, infatti i Chiefs hanno fatto trade up al Draft per andarlo a scegliere perché Andy Reid aveva visto in lui il giocatore su cui cucire il sistema offensivo che aveva in mente.
Questa è sicuramente la situazione ideale per un giovane QB ed infatti è stato valorizzato al massimo il suo talento. Se fosse approdato in altri lidi, degli allenatori intelligenti e non integralisti avrebbero dovuto sicuramente adattare il loro playbook allo stile di Mahomes, senza imporgli forzatamente il loro, così come ha fatto Bill Belichick quest’anno ai Patriots con Cam Newton.
Sicuramente un allenatore capace e navigato come Andy Reid avrebbe saputo sfruttare al meglio il talento anche di Rodgers e Wilson, così come Carroll e probabilmente LaFleur avrebbero fatto con Mahomes, diverso se il QB dei Chiefs fosse finito sotto un allenatore come Gase o Patricia dove il suo talento si sarebbe visto a sprazzi, ma non avrebbe potuto esprimersi completamente.
Le statistiche sarebbero quindi state diverse in funzione della squadra, del coaching staff e delle armi messe a disposizione, per cui probabilmente Mahomes non avrebbe raggiunto i numeri che ha attualmente, ma alla fine quello che conta sono le vittorie e non le statistiche personali, per cui sono convinto che, pur di vincere l’anello, un QB accetterebbe anche di andare in una squadra magari come i Denver Broncos di Peyton Manning del 2015, che non avrebbe esaltato il suo gioco d’attacco, ma, grazie alla difesa, lo avrebbe messo comunque in condizione di vincere il titolo.
In ogni caso Patrick Mahomes ha dimostrato un talento davvero straordinario che ha impattato pesantemente su tutto il mondo NFL, per cui credo che tutti i complimenti ricevuti siano ampiamente meritati e non siano semplice frutto delle condizioni favorevoli in cui si è trovato, così come non sottovaluto Rodgers o Wilson,non tanto per le loro statistiche che mi interessano relativamente, ma per la loro capacità di eccellere anche in condizioni magari non ideali come Seattle con una offensive line da anni non tra le top della lega e, nel caso di Rodgers, senza un parco ricevitori all’altezza.
Sintetizzando ti consiglio, per valutare il valore di un QB, di andare oltre le mere statistiche o i record raggiunti, soffermandoti invece sulle sue giocate che sono poi quelle che ci fanno innamorare di loro e apprezzare questo splendido sport.

Matteo ci chiede:

Buongiorno, la mia curiosità è la seguente: tecnicamente è più difficile il compito del kicker o del punter ? Io credo il punter. Questo perché, considerando le condizioni meteo uguali per entrambi, la forza da dosare per un punt dalle 40 o dalle 5 per far cadere la palla nelle 10 avversarie è decisamente differente; in un FG invece che lo si tiri dalle 25 o dalle 50 il kicker tirando sempre forte non sbaglia mai. Che ne pensate?

Dalla redazione risponde il Direttore Giovanni

Tutti e due sono ruoli specialistici, non esistono praticamente kicker che fanno i punter o il contrario se non in situazioni di reale emergenza. Il movimento del corpo e della gamba calciante è completamente diverso, deve essere allenato e non può essere improvvisato. Quale dei due ha un compito più difficile? Da una parte c’è la ricerca del piazzamento del pallone, sia lateralmente che in profondità, dall’altra la pressione del valore del proprio calcio sull’andamento della partita. Attenzione su una cosa, non è vero che calciare un field goal dalle 25 o dalle 50 non cambi nulla, la routine del kicker rimarrà sempre la stessa, ma deve tenere in considerazione la distanza per calciare nella maniera più efficace.

Christian ci chiede:

Buonasera, quali sono le principali differenze tra il playcall offense utilizzato da Jason Garrett a Dallas e quello attuale a New York? Saluti.

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Dalla redazione risponde Alberto

Ciao Christian,

Prima di rispondere alla tua domanda dobbiamo fare una premessa importante: per Jason Garrett, attuale offensive coordinator e playcaller dei Giants, tornare a chiamare le giocate offensive è stato una sorta di tuffo nel passato. Da capo allenatore dei Cowboys infatti Garrett aveva abbandonato il playcalling nel 2012, otto anni fa, affidandolo prima a Bill Callahan (2013-14), poi a Scott Linehan (2015-18) e infine al giovane Kellen Moore durante la stagione 2019, l’ultima di Garrett a Dallas. Per questo, quando chiedi quanto è cambiato il playcalling di Garrett negli anni non posso darti una risposta precisa, semplicemente perché il football è cambiato tantissimo rispetto all’ultimo anno in cui Garrett ha chiamato effettivamente le giocate del suo attacco.
Certo, in quanto HC a Dallas Garrett ha sempre avuto voce in capitolo sulla filosofia generale e sulla strategia di partita in partita, oltre che sull’architettura delle singole giocate. Tuttavia, per quanto riguarda il playcalling vero e proprio, Garrett ha delegato ai suoi coordinatori offensivi negli ultimi anni, prima di riprendere in mano microfono e playsheet nella sua avventura newyorkese.
Detto questo, immagino che la tua domanda fosse comunque di carattere più generale, e che ti interessi quindi sapere se l’attacco dei Giants 2020 ha qualche legame con quello dei Cowboys dell’era Garrett.
Per quello che ho potuto osservare, offensivamente questi Giants ricordano (o almeno vorrebbero ricordare) i Cowboys dei primi anni di Dak Prescott. Garrett ha un QB giovane (Daniel Jones, che ora è infortunato) e cerca di proteggerlo provando ad imporre un gioco di corse (i Giants sono nella metà alta della classifica per quanto riguarda il numero di corse tentate, 43.8% degli snap offensivi) molto fisico, spesso in direzione nord-sud, con schemi come power, duo e inside zone a farla da padroni.
Nell’attacco dei Giants, così come in quello dei Cowboys di Garrett, i passaggi da play action hanno un ruolo molto importante per dare letture semplici e definite al QB.
Per il resto, l’architettura del passing game è piuttosto basilare ma non del tutto antiquata, e sopratutto è ben eseguita dagli interpreti. Garrett non è mai stato un innovatore, gli schemi più peculiari visti a Dallas nel 2019 erano in larga parte farina del sacco di Kellen Moore. I Giants riescono a passare bene anche da personali pesanti da 2 o 3 tight end, soprattutto grazie al profilo ibrido di Evan Ingram, che Garrett ha imparato a sfruttare nel corso della stagione sulle ricezioni profonde.
Un aspetto interessante di quest’anno è stato l’inclusione del quarterback nel gioco di corse. Certo, i Cowboys di Garrett non disdegnavano una corsa di Dak qua e là, ma quest’anno l’OC dei Giants sta utilizzando in modo più costante e organico le gambe di Daniel Jones, ottenendo in cambio 503 rushing yards e alcune delle maggiori big plays generate dall’attacco.
Per concludere, anche a New York Jason Garrett si è dimostrato un discreto allenatore offensivo, non molto innovativo nelle chiamate e nella scelta delle giocate ma tutto sommato in grado di orchestrare un attacco funzionante. Non ho trovato il suo attacco così diverso da quello di Dallas, ma considerate le bassissime aspettative di molti, Garrett ha già dimostrato di non essere stato totalmente superato dai tempi.

Christian ci chiede:

Ciao a tutti, sempre Cristian,
Domande di oggi, a vostro parere personale vi chiedo
Il poker d’attacco qb te wr rb più forte di tutti i tempi in generale e il poker d’attacco più forte di sempre che ha giocato assieme nella stessa franchigia.
Sempre a vostro parere personale la partita più bella di sempre.
Nel caso non abbia più occasione vi auguro buone feste a tutti

Piccola prefazione di Eugenio

Intercetto l’ovale (…) e rubo un attimo la scena ringraziandoti per la domanda ed augurando in anticipo buone feste qualora non vi sia l’occasione di aggiornarci nel prossimo appuntamento. Hai fatto benissimo a specificare che ci richiedi un parere personale perché di questo si tratta in queste domande specifiche. Proprio per questo motivo, dato che non ci sarà mai una risposta giusta o sbagliata, ti propongo due risposte alla stessa domanda. Tuttavia pensa che, nonostante si tratti di parere e gusti personali, in due si sono trovati d’accordo senza essersi interfacciati tra loro su una delle tre domande.

Dalla redazione risponde Massimo

Molto telegraficamente, per quanto riguarda il quartetto All-Time io metterei QB – Otto Graham, RB – Barry Sanders, WR – Don Hutson, TE – Tony Gonzalez.
Per quello di una stessa franchigia è un bel problema, perché qualunque squadra mi venga in mente ne manca sempre un pezzo (spesso il tight end, per le mille edizioni dei Patriots che potrei citare mi manca spesso il RB). Così di getto quello più equilibrato trovo possa essere quello dei Niners del 1989: QB Joe Montana, RB Roger Craig, WR Jerry Rice, TE Brent Jones.
Per quanto riguarda la partita, Baltimore Colts – NY Giants, NFL Championship del 1958, viene ricordata come “The Greatest Game Ever Played”, ma se ne devo scegliere una per gusto personale, direi il Monday Night tra Rams e Chiefs del 2018 (si… sono di parte, ma che partita!!!)

Dalla redazione risponde Giorgio

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Ciao Cristian, bravissimo che hai specificato personale perché rendi più imprevedibile la risposta in quanto, per quel che mi riguarda, ho ristretto la scelta a giocatori che ho visto giocare da quando seguo questo splendido sport.
Scegliendo il poker d’attacco di una stessa squadra che più mi ha impressionato vado con i San Francisco 49ers del 1989: Joe Montana (QB), Roger Craig (RB), Jerry Rice (WR), Brent Jones (TE). Questi campioni facevano parte di una squadra fortissima che ha battuto i miei Cincinnati Bengals con uno splendido ultimo drive che merita di essere rivisto.
Troverai quartetti con statistiche più esaltanti, ma per me loro sono stati eccezionali.
Andando invece a scegliere i migliori in assoluto nei ruoli da te indicati ne ripropongo due sopracitati (Montana e Rice) e aggiungo Barry Sanders (RB) e Tony Gonzalez (TE).
Ho voluto qui premiare due giocatori che purtroppo non hanno mai vinto il titolo ma hanno avuto delle carriere straordinarie.
Per la partita più bella di sempre, essendo un appassionato delle rimonte da film con discorso epico all’intervallo, propendo per il wild card game del 1993 Houston Oilers – Buffalo Bills. Semplicemente incredibile e non aggiungo altro per non rovinarti la visione se hai voglia di recuperarla.
Facci poi sapere le tue scelte personali quando ne avrai maturata qualcuna, in particolar modo riferita alla partita che più ti ha appassionato e coinvolto. A presto.

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Paolo ci chiede (le domande sono 5 quindi le troverete differenziate con il numero progressivo):

Salve mi chiamo Paolo, sono un appassionato di football e vi leggo sempre con estremo interesse, soprattutto nelle analisi tecniche e tattiche, puntuali e mai banali.
Avrei alcune domande da porvi su vari aspetti. Se vorrete darmi dei chiarimenti ne sarei lieto, altrimenti continuerò comunque a frequentare il vostro sito con immutata attenzione.

1) Draft. Mi chiedo: un giocatore del College scelto al draft, può rifiutare la squadra che l’ha scelto? Che scenari si aprono in questi casi?

Dalla redazione risponde Eugenio

Si, ed è già successo. I casi più famosi sono sicuramente quelli di Bo Jackson, John Elway ed Eli Manning.
Andando in ordine cronologico il primo è stato ovviamente il runningback. Questa storia la trovi nel mio racconto dei Tampa Bay Buccaneers del 1986 e qui faccio una sintesi: Jackson era visto da tutti come il miglior giocatore disponibile per il draft di quell’anno ma era altresì capace a baseball tanto da essere indeciso su quale carriera percorrere. Il proprietario dei Bucs gli giocò un inganno prima del draft, cioè lo fece salire su un jet privato per potarlo a conoscere la squadra contravvenendo alle regole dell’epoca e facendogli di fatto perdere l’idoneità per quell’anno a giocare a baseball. Inutile dire che questo fece infuriare Jackson che disse di non voler giocare più per i Bucs. Tampa lo scelse comunque ma lui mantenne la parola, preferì firmare per i Kansas City Royals nella MLB per $ 1 milioni piuttosto che per i $ 7 proposto dai Bucs oltre che a rifiutare ogni possibile trade. L’anno dopo il giocatore rientrò al draft non avendo mai firmato un contratto con Tampa e potè essere nuovamente selezionato, questa volta furono i Raiders a prenderlo con una scelta piuttosto bassa perché non si era sicuri sarebbe tornato a giocare a football.
Passiamo al capitolo Elway. John era l’unico quarterback valido  del draft 1983 ed i Colts lo sapevano. Non c’era momento in cui il GM Accorsi non lo ribadisse ma Elway fin da subito si oppose all’idea di poter finire a Baltimora. Questa scelta era dettata dal fatto che i Colts erano ritenuti una franchigia disastrata e per attriti o idee pessime sull’allenatore dell’epoca Frank Kush. Il procuratore del giocatore, che come Bo Jackson era estremamente bravo anche a baseball, annuncio che Elway era pronto a giocare sul diamante e questo diede un enorme potere di contrattazione all’attuale GM dei Broncos. Lui disse di voler giocare sulla West Coast e nonostante i Colts non erano dell’idea di cederlo molti team si fecero sotto tra cui 49ers, Patriots e Chargers. I Broncos alla quarta pick avevano scelto l’OL Chris Hinton che piaceva molto ad Accorsi e cosi si arrivò allo scambio con Elway che approdò in Colorado ed Hinton insieme al QB backup Herrmann e la pick al primo giro del ‘84 a Baltimore.
Ed eccoci a Manning. I Chargers avevano terminato la stagione precedente con il record peggiore e si affacciavano al draft del 2004 alla ricerca di un QB e non nascosero mai l’intenzione di voler scegliere Manning. Il giocatore tuttavia, insieme al padre Archie, dichiaró fin da subito che non aveva intenzione di giocare per San Diego usando come scusa l’incapacità della franchigia nell’aiutare la loro precedente scelta di Ryan Leaf. Quell’anno nel draft erano presenti più QB di livello e quindi si riuscì ad arrivare ad un accordo con i New York Giants che sceglievano alla quarta. I Chargers selezionarono comunque Manning e lo scambiarono poi con Philip Rivers ricevendo anche un pick al terzo round del 2004, una pick al primo giro del 2005 ed una pick al quinto sempre del 2005.
Da queste tre storie puoi cogliere gli scenari che si vengono ad aprire. Aggiungo tuttavia due considerazioni: la prima è che un giocatore deve essere assolutamente di livello perché diversamente il giocatore andrebbe semplicemente incontro ad un taglio, la seconda invece è una questione economica data dal fatto che quello che ricevono ora le prime scelte dal draft come stipendio è molto diverso da quello che ricevevano un tempo. Andando nello specifico di Trevor Lawrence dubito che con i milioni (di dollari) di motivi che si presentano con la pick 1 possa rifiutare la chiamata.

2) Regolamento. So che c’è uno specifico fallo di “sgambetto” il c.d. tripping. Ma non si può usare mai? Neanche per fermare un avversario che ha la palla? Ed eventualmente quale sarebbe la ratio? Buttarlo giù con le mani o con i piedi, cosa cambia?

Dalla redazione risponde il Direttore Giovanni

In realtà è possibile effettuare lo sgambetto, ma solo ed esclusivamente sul portatore di palla. E’ vietato, citando un gergo calcistico, la falciata.

3) Regolamento. Tutti i falli di posizionamento mi sono un po’ oscuri, mi piacerebbe una rubrica un po’ dettagliata. Sui giocatori eleggibili però ho questa curiosità: un giocatore di linea generalmente non eleggibile può esserlo ma bisogna segnalarlo agli arbitri. Mi chiedo: anche gli avversari devono esserne informati? Mi sembra che in questo caso ogni effetto sorpresa verrebbe annullato.

Dalla redazione risponde il Direttore Giovanni

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Il regolamento prevede che ogni giocatore con numero da 50 a 79 non possa ricevere il pallone, quindi i difensori escludono questi cinque giocatori offensivi da ogni schema di marcatura su passaggio.
Proprio per questo motivo se ne viene schierato uno che per allineamento può ricevere il pallone lo devi dichiarare agli avversari perché per regola la difesa non se lo aspetta come ricevitore e i giocatori difensivi in campo non hanno controllo su come sono schierati i giocatori dell’attacco sulla linea di scrimmage.

4) Statistiche. Nelle statistiche sui qb, si contano in negativo anche le yard perse? Pensavo di no, ma l’altro giorno, in week 12, un qb neo entrato che era stato sackato risultava avere come statistica di yard passate –5.

Dalla redazione risponde Eugenio

Ti sei in parte già risposto da solo. Premetto che nella NFL i sack non vengono contati come yard perse diversamente da quello che invece avviene nel College Football. Tuttavia un QB solitamente lancia e corre partendo più indietro rispetto alla linea di scrimmage e capita che il ricevitore o la sua corsa possa essere fermata prima di raggiunge questa, incappando quindi in una perdita di yards che viene conteggiata nelle statistiche.

Un aggiunta di Massimo:

Come già detto da Eugenio, se chi riceve un lancio viene placcato dietro la linea per qualsiasi motivo, quel lancio avrà yardaggio negativo, per cui è plausibile che una statistica di un QB possa avere -3 come yard lanciate. Questo, però, non ha a che fare con i sack, che in NFL ed in NCAA vengono trattati diversamente.
Regola NCAA: il sack è una corsa negativa del quarterback, per cui non va minimamente ad intaccare i suoi totali di lancio nè quelli della squadra.
Regola NFL: il sack è considerato “yards lost attempting to pass”, per cui viene registrato come statistica a parte e lo yardaggio negativo viene sottratto dal totale di passaggio della squadra. Per questo, se controllate sui gamebook, Se un QB lancia 300 yard ma subisce due sack da 10 yard l’uno, il totale del QB sarà 300, ma il total offense di squadra avrà 280 yard su passaggio.

5) Fair play. Abituato al calcio nostrano, l’NFL è un altro mondo in termini di rispetto degli avversari, del pubblico, degli arbitri e dello sport stesso. Vi chiedo: è mai successo qualche episodio di assoluto e riconosciuto  unfair play? Per esempio un giocatore che finge un infortunio per fermare il tempo negli ultimi secondi cruciali di partita?

Dalla redazione risponde Massimo

L’idea romantica che abbiamo dell’assoluta lealtà e correttezza dello sport americano rispetto a quello europeo ed al calcio nello specifico è, appunto, un’idea romantica, ma non del tutto aderente alla realtà.
Si, in linea generale i giocatori sono molto più rispettosi e corretti rispetto alla media dei calciatori nostrani (ma anche in altri sport non siamo messi meglio…). Difficilmente vedremo qualche giocatore rotolarsi a terra per un contatto minimo, anzi: lo sportivo americano normalmente ne fa un punto di orgoglio del rialzarsi immediatamente anche dopo aver preso un colpo che avrebbe ucciso un cavallo seduta stante.
Ciò non toglie, però, che l’attitudine ad ottenere vantaggi più o meno leciti sia identica ad ogni latitudine, e la piaga del “finto infortunio” è più diffusa di quanto non si pensi. Periodicamente la NFL è costretta a mandare memo alle squadre ricordando che fingere infortuni può avere delle conseguenze disciplinari, ma la difficoltà estrema nel provare che un infortunio non è reale fa sì che la lega debba limitarsi a dei moniti periodici o poco più. In ogni caso, per cercare di rendere meno conveniente questa tattica, negli ultimi due minuti un injury timeout comporta anche un runoff di 10 secondi dell’orologio (come per le penalità) a meno di non chiamare un timeout di squadra.
Ogni anno c’è almeno una partita in cui si verificano episodi del genere, ma l’ultimo a fare scalpore fu quello del 2011 durante un monday night tra New York Giants e St.Louis Rams, quando un paio di giocatori di New York finsero un infortunio (beccati anche dalle telecamere a gettarsi a terra senza motivo) per fermare la no huddle offense dei Rams che non gli permetteva di sostituire il personale come voluto.

Video con una compilation di fake injuries.

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Quiz bisettimanale in aggiunta all’articolo di Huddle Mailbag. La risposta migliore sarà pubblicata nella prossima uscita. Non abbiamo ricevuto risposta alla domanda della scorsa uscita quindi la riproponiamo!

“Il 22 Agosto del 1941 nasceva ad Englewood nel New Jersey Duane Charles Parcells. Il cognome vi farà sicuramente ricordare qualcosa mentre il nome passerà ovviamente nell’anonimato. Con il soprannome di “Big Tune”, affibbiatogli ai tempi dei Patriots ed una carriera leggendaria, che gli valse la Hall of Fame, avendo servito come head coach Giants, Patriots, Jets e Cowboys stiamo ovviamente parlando del mitico Bill Parcells. Tuttavia perché si faceva chiamare Bill visto che era nato Duane Charles?”
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Per contattarci e porci le vostre domande potete contattarci all’e-mail apposita mailbag@huddle.org e per i membri del gruppo telegram tramite #mailbag

Le migliori domande riceveranno risposta approfondita e ricercata nella nostra prossima uscita!

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Eugenio Casadei

Appassionato di calcio (Bologna) e trekking, segue il football assiduamente dal momento in cui vide giocare Peyton Manning con la maglia orange di Denver, divenire tifoso Broncos una naturale conseguenza. Scrive la rubrica settimanale "Indiscrezioni di mercato NFL" in offseason e la "Top Ten" in regular season con grande divertimento e passione.

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