Hot Take: qualche (in)certezza sulla NFL – Episodio 15

Il football americano è lo sport più razionale e, in un certo senso, freddo che esista: ogni giocata, come ben saprete, altro non è che la traduzione di centinaia di segnacci disegnati su una lavagnetta da paranoiche controfigure di Professor X e provati migliaia di volte in allenamento.
Freddezza, troppa freddezza.
Fortunatamente, però, a rendere più mite il clima nel mondo NFL ci siamo noi tifosi – aiutati da analisti più o meno qualificati – con le nostre sparate a zero, o come direbbero nei paesi anglofoni “hot take” che stando a Wikipedia – inglese – significa « a hot take piece of deliberately provocative commentary that is based almost entirely on shallow moralizing»: deliberatamente provocatorio.

Una hot take non deve per forza essere ragionata, anzi, spesso altro non è che frutto dell’emotività del momento e del modernissimo bisogno di esternare su uno schermo ogni nostro pensiero: questa rubrica nasce proprio per questo, per dare spazio ai vostri pensieri “più irrazionali” e successivamente sviscerarli, razionalizzarli ed eventualmente bocciarli o approvarli.
Questa rubrica, in definitiva, altro non è che l’inevitabile sequel transmediale delle nostre discussioni su Telegram: parteciparvi è facilissimo, tutto ciò che dovete fare è apporre l’hashtag hot take dinanzi alla vostra hot take.

Senza dilungarsi ulteriormente…

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Alex Smith si ritira alla fine del prossimo anno
Noi tutti domenica abbiamo passato dei brutti minuti osservando Alex Smith a bordocampo farsi manipolare una gamba che non troppo tempo fa rischiò seriamente di perdere, perciò capisco il luogo di provenienza di questa Hot Take: Alex, noi volendoti veramente bene soffriamo ogni qualvolta qualcuno sfiori la tua miracolata gamba, perciò prova a capirci.
Abbiamo avuto modo di constatare che Alex Smith non sia un essere umano come noi, noi che dopo una ventina di operazioni, infezioni, logoranti mesi di fisioterapia e chi più ne ha più ne metta ci saremmo certamente ritirati mandando a quel paese lo sferoide prolato, perciò molto probabilmente dare una risposta a questa Hot Take ha poco senso siccome chi scrive non è fatto della stessa sostanza del quarterback della squadra di football: il suo contratto scadrà nel 2022, perciò avrà ancora un anno da onorare dopo il termine della prossima stagione e, francamente, ritengo che tagliare un giocatore con la sua storia sia semplicemente troppo anche per una franchigia gestita da Snyder.
Smith, poi, ha “solamente” 36 anni, motivo per cui credo che anche dopo il 2022 voglia tentare di vincersi il Super Bowl accontentandosi del ruolo di backup – e di offensive coordinator, leader e mentore per i giovani – in una contender, perciò no, Alex Smith non si ritirerà al termine della prossima stagione.

Se non lo avesse già vinto Alex Smith, Baker Mayfield sarebbe in corsa per il premio Comeback of the Year
Mayfield, soprattutto nelle ultime settimane – senza Odell Beckham Jr., perciò kudos ad un lettore che su questa rubrica aveva pronosticato un aumento di produzione dell’attacco dei Browns senza l’ex-Giants -, ha il grandissimo merito di aver trovato modo di lasciare alle spalle l’incubo vissuto lo scorso anno, ma no, non basta certamente una buona stagione come la sua per vincere questo premio; a tal proposito ti sciorinerò un paio di nomi che in un universo senza Smith avrebbero potuto darsi battaglia:

  • Ben Roethlisberger: Pittsburgh nelle ultime settimane è indiscutibilmente calata ma non possiamo ignorare i suoi ottimi numeri ed il fatto che con lui nuovamente al comando gli Steelers siano tornati nell’élite della NFL;
  • Rob Gronkowski: dopo un inizio di stagione con il freno a mano tirato Gronk è tornato a mettere insieme buoni numeri, numeri non da Prime Gronk ma perlomeno da tight end di primo livello;
  • Matthew Stafford: perché di sì;
  • J.J. Watt: i sacks sono solamente 5.0 ma Watt nonostante l’avanzare degli anni e l’accumularsi degli infortuni è ancora in grado di mettere a segno un paio di giocate a partita in grado di cambiarne il destino… se solamente non giocasse ai Texans;
  • Trent Williams: non lo vincerà mai ma dopo tutto quello che ha passato a Washington scalda il cuore vederlo dominare come fossimo nel 2015.

Spero di aver reso tutto più chiaro.

Antonio Gibson con il suo grill sarà il miglior RB della sua classe del draft
Oggi volete proprio costringermi a ricorrere all’elenchino, eh?
Vediamo i colleghi con i quali Gibson si contenderà l’immaginaria palma di miglior running back della propria classe:

  • J.K. Dobbins: Dobbins nelle ultime settimane si sta dimostrando essere perfetto per lo schema di Baltimore e nonostante l’ingombrante presenza di Gus Edwards – e Lamar Jackson – appare chiaro che fra non molto tempo il fruttuoso backfield dei Ravens sarà di sua proprietà;
  • Cam Akers: per il buon Akers il discorso è simile a quello appena fatto per Dobbins, il suo ruolo sta crescendo e lui sta dimostrando di meritare un numero di portate sempre maggiore. Gioca in una squadra che ama correre e che lo fa con successo, perciò potrebbe produrre numeri impressionanti per anni;
  • Jonathan Taylor: ennesimo running back a lungo limitato dalla profondità del proprio backfield che solo ora sta emergendo; a mio avviso Taylor era il running back più talentuoso disponibile all’ultimo draft e dietro la linea d’attacco dei Colts potrebbe fare danni per anni; (+1 per la rima?)
  • D’Andre Swift: infortuni e Lionismo gli stanno sabotando la stagione, spero vivamente che Detroit nei prossimi anni trovi un modo per metterlo nella posizione di rendere al meglio;
  • Clyde Edwards-Helaire: il talento è fuori discussione, servirebbero più opportunità;
  • A.J. Dillon: ne riparleremo fra qualche anno;
  • Zack Moss: Buffalo sta faticando nel running game e forse dovrà condividere il backfield con Singletary per almeno un altro anno,
  • James Robinson: il running back rookie che molto semplicemente ha avuto più successo di tutti… e non è nemmeno stato selezionato al draft!

Il talento di Gibson mi intriga, stiamo parlando probabilmente del running back più versatile della sua classe, un vero e proprio playmaker in grado di generare big play ad ogni maledetta opportunità, ma giocando in una squadra ancora ben lontana dal poter contare su un attacco perlomeno nella media credo che la sua produzione sia destinata a rimanere relativamente contenuta per almeno un altro paio d’anni: se però mi chiedessi di dirti su due piedi chi, secondo me, sarà il miglior running back uscito dal draft 2020 ti risponderei con un secco “Jonathan Taylor”.

Al Super Bowl ci vanno due squadre che non hanno vinto la division
Basta elenchi puntati.
Te la senti veramente di escludere Chiefs, Packers, probabilmente Saints, Steelers e Bills?
Certo, questo è l’anno più folle della storia della National Football League e bla bla bla, ma già fatico ad escludere i soli Chiefs, figuriamoci tutte le altre bellissime squadre che ti ho appena elencato.

Rams e Buccaneers al NFC Championship Game; Colts e Chiefs al AFC Championship Game
I Rams mi piacciono veramente tanto in quanto stanno vincendo affidandosi ad una delle formule più sicure ed efficaci, il binomio corsa&difesa, potendo inoltre contare su un quarterback esperto e preciso – nonostante qualche errore di troppo nelle ultime uscite – e credo vivamente che sulla partita secca sia una delle squadre più difficili da affrontare dell’intera NFL, soprattutto perché metterci a segno punti è complesso per qualsiasi attacco; Tampa Bay, invece, continua a non convincermi malgrado un’ingiusta dose di talento a roster: non voglio puntare il dito contro Brady o le scelte di Bruce Arians, per vari motivi questi Buccaneers non stanno girando come ci saremmo aspettati e domenica contro Minnesota hanno vinto una partita grazie principalmente ad un giocatore avversario, e non dico altro.
Credo non avranno problemi ad arrivare ai playoff ma, una volta dentro, tutti i nodi verranno al pettine.
Capire il perché della tua infatuazione per i Chiefs è piuttosto semplice, mentre credo valga la pena concentrarsi qualche riga sui Colts, squadra che sta finalmente emergendo e che settimana dopo settimana appare sempre più a proprio agio e consapevole dei propri mezzi: Indianapolis è stata costruita – intelligentemente – per vincere correndo e sfruttando la freschezza di un reparto difensivo sempre più temibile, non caricando di eccessive responsabilità il buon Philip Rivers, quarterback esperto ma spesso un po’ pollo.
Indianapolis è ben allenata, disciplinata e sembra avere tutte le carte in regola per vincere due partite a gennaio e portarsi al Championship Game, anche se mi riservo il diritto di dubitare di Philip Rivers in quanto non so se in caso d’estremo bisogno l’ex-Chargers sarà in grado di caricarsi la squadra sulle spalle e trascinarla alla vittoria esclusivamente grazie al proprio lavoro.
Ricapitolando: sì, no, assolutamente e perché no?

I Vikings, il terzo giorno del prossimo draft, usano una scelta per un quarterback
Purtroppo sono – e probabilmente lo sarò per molti anni ancora – un sostenitore di Kirk Cousins e malgrado un inizio di stagione sottotono costellato di intercetti ed errori grossolani pure quest’anno sta giocando piuttosto bene: Minnesota, infatti, è riuscita a sopravvivere ad una prima metà di campionato sciagurata ed al momento ha ancora realistiche possibilità di arrivare ai playoff.
Di scaricare Cousins se ne parla spesso – purtroppo – anche se ciò è assolutamente irrealistico per questioni salariali, pertanto per qualche anno Minnesota sarà “costretta” a fare affidamento sull’ex-Washington: nel mentre, come da te suggerito, il front office sarebbe alquanto intelligente a selezionare un quarterback grezzo ma di potenziale in modo tale da farlo sviluppare dietro Cousins che molto probabilmente andrebbe a fargli da mentore senza troppi problemi.
Sì, credo che la tua Hot Take potrà trovare riscontro nella realtà.

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Mattia Righetti

Mattia, 27 anni. Voglio scrivere per vivere ma non so vivere. Quando mi cresce la barba credo di essere Julian Edelman. Se non mi seguite su Twitter (@matiofubol) ci rimango malissimo.

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