Huddle Mailbag, risposte alle vostre domande #4

Vi diamo il benvenuto a questo nuovo appuntamento con Huddle Mailbag, la rubrica bisettimanale in cui rispondiamo alle vostre domande di qualsiasi natura legale al mondo dello sferoide prolato. Ringraziando i nostri lettori per le domande pervenute, come nell’appuntamento precedente in coda all’articolo troverete i metodi per contattarci e porgerci le vostre domande!

Christian ci chiede:

Ciao ragazzi sono lo stesso Cristian della settimana 2, ho un’altra curiosità, la mia conoscenza dei draft è limitata al fatto che la formazione più scarsa ha la prima scelta, a parte cessioni di chiamate ecc ecc.
La domanda; sarebbe stato possibile che in questo caso New England riuscisse ad arrivare a chiamare per prima Joe Burrow?

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Dalla redazione risponde Mauro

Sì, sarebbe stato possibile. Le scelte al draft, come sappiamo, sono in tutto e per tutto un “bene” di proprietà di una squadra, che ne può fare quello che vuole: utilizzarla per scegliere un giocatore, in caso estremo anche non usarla (non mi risulta sia mai successo ma, in teoria, sarebbe possibile) oppure cederla.

Cincinnati e New England, per restare all’esempio della domanda, avrebbero quindi potuto accordarsi perché Cincinnati cedesse la prima scelta ai Patriots in cambio di una contropartita adeguata. Cosa che evidentemente non è avvenuta perché i Bengals non avevano alcuna intenzione di privarsi della scelta o perché la controrichiesta sarebbe stata troppo elevata per i Patriots. Il che ci porta a chiederci: come si dà un prezzo a una pick?

La valutazione del valore di una pick è certamente soggettiva e influenzata da diversi fattori, ad esempio chi sarà possibile prendere con quella pick: se so che con la mia prima scelta posso prendere un prospetto di valore assoluto in un ruolo di cui ho necessità (Joe Burrow, QB, LSU) il valore di quella scelta per me sarà comunque molto alto. Ma esiste anche un metro di misurazione più oggettivo, che cerca di quantificare in “punti” il valore di ogni pick, cioè la “Jimmy Johnson Draft Value Chart” (https://www.pro-football-reference.com/draft/draft_trade_value.htm). Sviluppato negli anni ’90 da Jimmy Johnson quando allenava i Dallas Cowboys, e poi leggermente affinato nel corso degli anni, il metodo prevede ad esempio che, se la pick numero 16 del primo giro vale 1000 punti, una squadra per averla mi dovrebbe offrire come minimo una serie di picks che, sommate, facciano 1000 punti (esempio: la 21 del primo giro, da 800 punti, e la 78 del terzo giro che ne vale 200). Ovviamente, si tratta solo di una base per aiutare a valutare oggettivamente le scelte: da lì in poi è tutta trattativa “commerciale”, entrano in gioco altri meccanismi, domanda e offerta, il valore dei giocatori, e si possono citare centinaia di casi in cui pick sono state scambiate con parametri non rispondenti alla Johnson Chart (ad esempio nel 2012 Washington, per avere la seconda scelta assoluta e scegliere Robert Griffin III, diede ai Rams le sue prime scelte del 2012, 2013 e 2014 oltre alla seconda scelta del 2012). Questa è la parte che separa un bravo GM da uno meno bravo, ma basta aver visto il finale di “Draft Day” per rendersene conto. E, certo, poi bisogna anche saper pescare con quella pick il giocatore giusto, ma questo è un altro discorso…

Ale ci chiede:

da cosa valutate se l’esito di un’azione è maggiormente merito dello schema, dell’esecuzione buona/pessima o dell’efficacia degli avversari di contrastarla? Cosa ci consigliate di guardare per capire se lo schema era buono ma eseguito male, o contrastato bene (oppure per capire che lo schema non andava bene e che quindi meglio i giocatori non potevano fare)?

Dalla redazione risponde Giorgio

Domanda interessante ma con risposta difficilissima.
Secondo me in realtà non lo puoi mai capire davvero perché non sai il loro Playbook e conseguentemente la traccia di un Wr per esempio. Ti cito a riguardo la partita in week 7 dei Bengals (strano no?) contro i Browns. Nell’ultimo gioco del 1° quarto Burrow effettua un passaggio su una “Curl in” di A.J. Green sul lato sinistro per un’ottima ricezione; la stessa chiamata viene fatta nel 4° quarto a 10:45 ma l’esito è completamente opposto con un quasi intercetto di Terrance Mitchell su Green.

I commenti dei media “non Bengals” su questo secondo episodio lo consideravano un errore di Burrow, ma tu dopo aver visto l’azione dei primo quarto ne sei convinto?
Io dico di no, semplicemente Green non è stato credibile per una traccia sul profondo e  non ha trovato il contatto con il CB che “ha tolto la sedia” al WR e ha giocato d’anticipo lasciandosi scappare però un intercetto e forse un pick six facile facile.
Il lancio di Burrow ovviamente deve essere già partito al momento in cui il WR torna indietro per cui, secondo me, non ha sbagliato Burrow a lanciare lì, ma Green a non farsi trovare pronto all’appuntamento e addirittura a perdere il contatto col suo difensore.
Questo esempio ti dimostra come certe cose puoi capirle solo studiandoti i film della partita o conoscendo molto bene i giochi usati da una squadra perché li hai visti fare ripetutamente.

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Quando si difende a zona vedere gli errori è più complicato di quando la marcatura è a uomo, perché si vive nell’eterna ambiguità su chi doveva coprire cosa, per cui capita spesso che un allenatore che non riesce a trovare una quadra con la propria difesa tende a riportarla a uomo, primo perché è più semplice da applicare ad un buon livello di esecuzione in poco tempo e secondo perché toglie molti alibi ai giocatori e li responsabilizza.

Teoricamente un’esecuzione perfetta rende inefficace la difesa che può al massimo limitare i danni. Questo era il pensiero di Vince Lombardi con la sua Packers Sweep che faceva provare e riprovare fino allo sfinimento ai suoi giocatori e che le difese faticavano a fermare anche se sapevano perfettamente il gioco che sarebbe stato chiamato.
Oggi si punta di più sulla fantasia e imprevedibilità dei Playbook come quello di Sean McVay o i trick plays di Sean Payton.
In generale ti consiglierei di non cercare la colpa o il merito di attacco o difesa in senso assoluto, perché non è mai una questione di bianco o nero, mediamente sono mille sfumature di grigio che vedono imperfezioni ed errori sia da una parte che dall’altra dove un piccolo particolare è magari quello che fa la differenza.

Francesco ci chiede:

Arrivati a questo punto della stagione mi pongo una riflessione sulla scelta di Bill Belichick riguardo Cam Newton. Secondo voi è plausibile, data la sua esperienza da vecchia volpe, che sapesse già che senza Brady sarebbe stato un anno di transizione ma che avrebbe sopperito agli scarsi risultati con un grande uomo spogliatoio in grado di farsi carico delle sconfitte (come da ultime partita direi)?

Dalla redazione risponde Eugenio

La domanda è molto bella. Premetto innanzitutto che questa è una mia valutazione personale, non potrebbe essere altrimenti dato che nessuno può leggere nella testa di quella faina di Belichick e quindi si può solo “leggere” tra le linee. BB non ti può dire che i Patriots siano usciti indeboliti dalla partenza di Brady perché avrebbe voluto dire sminuire il resto della squadra che comunque era un signor team. La dipartita del QB verso Tampa ha aperto il vaso di pandora con diversi altri giocatori che hanno cambiato aria, cosa che comunque avveniva, anche se in tono ridotto, negli anni precedente. Va poi letta la data della firma di Newton: 8 Luglio 2020. Questa firma è arrivata due settimane prima rispetto all’accordo tra associazione dei giocatori ed NFL per l’opt-out a causa coronavirus. Nel momento in cui BB ha messo sotto contratto Cam Newton probabilmente pensava che con un buon QB, i dubbi sull’effettivo apporto che Cam avrebbe potuto dare in campo era tutto da testare, gli fosse permesso di dire ancora la sua ed il prezzo per il quale è stato assicurato è di saldo per un rilancio che nel caso in cui andasse bene sarebbe una vittoria per entrambi o diversamente un fallimento solo per Newton.

Nel momento in cui ci sono stati gli opt-out i Patriots hanno avuto la botta nei denti finale con giocatori davvero importanti per il team che hanno rinunciato alla stagione, a quel punto è stato probabilmente necessario dover puntare su una figura di carisma come Newton per sopperire alla mancanza che si era venuta a creare a causa dell’assenza per COVID. La mia sensazione era che la volontà di NE fosse quella di puntare tutto su Stidham e che si sia poi virati su Newton prima per il prezzo d’occasione (senza tuttavia che fosse certo in quel momento che sarebbe stato lo starter) e in seconda battuta per dare leadership ad un team che ne era rimasto privo. Prendendo in considerazione questo, non credo che a New England servisse un uomo spogliatoio in grado di farsi carico delle sconfitte per via della presenza di Belichick e per le poche possibilità che gli esperti del settore davano a questo team.

Gabriele ci chiede:

Perché quando decidono di cambiare il QB starter lo fanno anche 2 settimane prima della partita? (ricordiamo il caso di Dalton panchinato il giorno del suo compleanno…) Non varrebbe la pena fare un po’ più di pretattica, tipo dichiararlo il giorno prima del game day?

Dalla redazione risponde Giorgio

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La copertura mediatica delle squadre è tale da non consentire nessun bluff, verrebbe smascherato subito vedendo il nuovo QB provare con la prima squadra negli allenamenti precedenti il match.
Un QB ha bisogno di ripetizioni, di provare gli schemi e di sviluppare affiatamento con i giocatori con cui si presenterà in campo. Il football è un gioco di automatismi ed esecuzione, per cui eseguire bene gli schemi è tutto e lo si può fare solo grazie alla pratica.
Questo rende indispensabile sfruttare ogni allenamento a disposizione, infatti molti dei cambi di QB avvengono proprio a ridosso della bye week, in modo da avere due settimane di tempo, per il QB subentrante, di provare la tattica che verrà utilizzata nella partita successiva.
È avvenuto ora per l’annuncio di esordio da titolare di Tua a Miami ed è capitato anche a Dalton panchinato prima della bye week, nonostante una discreta prova con i Los Angeles Rams. Certo, nel caso del QB texano, annunciarlo proprio nel giorno del suo compleanno era stato quanto meno indelicato da parte di Zach Taylor, ma ci fa capire ancora di più quanto questo sport in realtà sia legato al business.

Personalmente ritengo che la situazione si sarebbe potuta gestire meglio, magari facendo un allenamento con ripetizioni equamente divise per poi fare l’annuncio il giorno successivo, ma purtroppo Zach Taylor, essendo un allenatore giovane e inesperto, sta dimostrando i suoi limiti nella gestione dei veterani creando non poco scompiglio nello spogliatoio.
Sulla carta non sapere che QB avrai davanti getta crea molti grattacapi alla difesa avversaria, soprattutto quando affronti un rookie QB di cui hai poco materiale a disposizione sullo stile di gioco e sulle chiamate preferite e ne abbiamo avuto una dimostrazione a inizio stagione con l’esordio imprevedibile di Herbert nella partita Chiefs – Chargers.
Ovviamente le problematiche ce l’hai anche per l’offensive coordinator che deve stravolgere il Playbook per adattarlo al nuovo QB, motivo per cui spesso viene scelto un backup QB con caratteristiche simili al titolare, come nel caso di RGIII e Lamar Jackson.

In sintesi la scelta di cambiare QB è talmente delicata per gli equilibri della squadra che il rodaggio prevale sulla possibilità di sfruttare l’effetto sorpresa che comunque non sfuggirebbe agli occhi attenti della stampa.

Roberto ci chiede:

Adesso che sia Garoppolo che Kittle sono in injury list per tutta la stagione si libera un po’ il tetto salariale o non c’entra nulla?

Dalla redazione risponde Eugenio

Purtroppo no. La Injury Reserve List ti permette “solo” di liberare spazio a roster per poter mettere sotto contratto i giocatori che li andranno a sostituire. Ovviamente il giocatore infortunato, se questo è avvenuto sul campo da football con la propria squadra, ha diritto ad essere pagato uguale a quando è sano ed arruolabile. Tra l’altro quest’anno è “più facile” mettere i giocatori in IR perché causa covid possono essere riattivati senza limite mentre solitamente sono solo 2 i giocatori che possono essere riattivati da questa lista in stagione. L’unico modo che si ha per recuperare tetto salariale durante la stagione è quello di tagliare un contratto di un giocatore recuperando quanto non è garantito dal suo contratto e questo solitamente non avviene per giocatori fondamentali. Ti invito lasciandotelo qui il link dell’articolo che abbiamo pubblicato qualche mese fa per fare chiarezza sulle varie liste presenti in NFL.

Le liste infortunati della NFL spiegate

Stefano ci chiede:

Buongiorno, vi scrivo per sapere le principali tipologie di bloccaggi adoperati nella NFL,soprattutto nei team che sviluppano giocate tipiche della west coast offense

Dalla redazione risponde Alberto

Ciao Christian, la tua domanda è interessante ma molto vasta. Dietro una parola semplice come “bloccaggi” o “blocchi” c’è un mondo di tecniche individuali, strategie collettive e aggiustamenti. C’è innanzitutto la differenza tra “pass blocking” e “run blocking”, i blocchi usati in caso di passaggio e quelli usati se invece la squadra intende correre. In entrambe le categorie possiamo distinguere tra “blocking” inteso come la strategia dell’unità di blocco (composta dai 5 offensive linemen ed eventualmente da tight end, running back e ricevitori) e “blocking” come tecnica individuale a cui ciascun bloccante ricorre nella singola azione. Insomma, è un mondo parecchio complesso e non è questa la sede per sviscerarlo nei dettagli. Se ti interessa il run blocking, su Huddle abbiamo recentemente pubblicato una guida ai principali schemi di corsa dove troverai di sicuro qualche spunto interessante.

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X&O’s: A scuola di running game con i Cleveland Browns

Il tuo riferimento alla “West Coast Offense”, però, mi suggerisce che ti interessino di più i blocchi sui passaggi. Partiamo col dire che termini come “West Coast Offense” o “Air Coryell” hanno un valore molto più stemperato rispetto a quando i due sistemi offensivi vennero introdotti in NFL, rispettivamente da Bill Walsh e Don Coryell. Al giorno d’oggi le differenze tra le filosofie offensive sono sempre meno marcate, perché decenni d’imbastardimento hanno fatto sì che i vari sistemi si mescolassero tra loro. Quello che resta oggi dei sistemi, più che il tipo di chiamate, è come queste chiamate vengono chiamate. Le tre principali famiglie di nomenclatura offensiva sono West Coast, Air Coryell e Erhardt-Perkins. Ciascun sistema offensivo fa riferimento a una di queste tre grandi famiglie per chiamare le giocate offensive. Il punto è che gli schemi che vengono chiamati sono spesso gli stessi, ma vengono definiti in modo diverso nei vari sistemi. Lo stesso vale per la pass protection. In una squadra che utilizza un playcalling Air Coryell come i Giants di Jason Garrett troverai gli stessi schemi di protezione utilizzati da Kyle Shanahan, che invece ricorre al linguaggio della West Coast. La differenza sta in come questi schemi vengono chiamati.

Ho avuto la fortuna di mettere le mani su un playbook offensivo di Shanahan, e ti assicuro che in quelle pagine c’è tanto di quel materiale sulla pass protection da poterci passare due mesi prima di poter dire di averci capito qualcosa. Se ti interessa, qui ti lascio un link abbastanza generale ma comunque dettagliato ai principi della pass protection nella West Coast Offense, dove vengono spiegate la “jet” e la “scat”, gli schemi di protezione più comuni della West Coast.

Prima di salutarti, ti lascio giusto qualche indicazione su come funziona la pass pro. Ogni giocata di passaggi prevede un numero di step, o passi, che il QB deve percorrere prima prima di lanciare il pallone. Chiaramente, se lo schema prevede passaggi corti, il “drop” del QB sarà breve, come un 3-step drop composto appunto da tre passi. Se lo schema prevede un lancio lungo, il numero dei passi sarà superiore, probabilmente 7, per permettere ai ricevitori il tempo di portarsi a fondo campo. Il tipo di pass protection dipende da quanti passi compie il quarterback, perché più passi il QB deve fare, più ha bisogno di tempo per farli, più la offensive line deve resistere per permettergli di lanciare. Quindi in qualunque schema il tipo di protezione dipende dai passi del quarterback, e in uno schema come la West Coast tradizionale, basata su passaggi corti e ritmati, a prevalere sono gli schemi di protezioni legati a un 3-step drop da parte del quarterback.

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Quiz bisettimanale in aggiunta all’articolo di HM Risponde. La risposta migliore sarà pubblicata nella prossima uscita. Siccome non ci è pervenuta nessuna risposta, ripropongo la domanda della scorsa uscita!

“Il Walter Payton Award è un premio che la NFL riconosce al giocatore che più si è distinto nell’annata nelle opere di beneficenza e volontariato. Nella AFC sono solo 3 le franchigie i cui giocatori non hanno mai vinto questo premio. Quali?”

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Per contattarci e porci le vostre domande potete contattarci all’e-mail apposita mailbag@huddle.org e per i membri del gruppo telegram tramite #mailbag

Le migliori domande riceveranno risposta approfondita e ricercata nella nostra prossima uscita!

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Eugenio Casadei

Appassionato di calcio (Bologna) e trekking, segue il football assiduamente dal momento in cui vide giocare Peyton Manning con la maglia orange di Denver, divenire tifoso Broncos una naturale conseguenza. Scrive la rubrica settimanale "Indiscrezioni di mercato NFL" in offseason e la "Top Ten" in regular season con grande divertimento e passione.

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