L’esordio di Tua Tagovailoa (Los Angeles Rams vs Miami Dolphins 17-28)

I Miami Dolphins fanno un’altra vittima eccellente nella NFC West. Dopo aver annichilito i 49ers tre settimane fa, riservano lo stesso trattamento ai Los Angeles Rams portando a casa la loro terza vittoria consecutiva e regalando a Tua Tagovailoa la vittoria nella sua partita di esordio in NFL.

Sette minuti e quattordici secondi sono stati il tempo necessario alla difesa di Miami per ribaltare il punteggio di una partita fino a quel momento abbastanza equilibrata, con entrambi gli attacchi in leggera difficoltà e le difese in gran spolvero, ma con l’inerzia che sembrava dovesse iniziare a girare verso Los Angeles. Dopo il touchdown iniziale di Robert Woods, originato da uno strip sack di Donald e Brockers ai danni di Tagovailoa, i Dolphins avevano risposto con il primo touchdown pass in carriera per il rookie da Alabama, anch’esso originato dal primo turnover dei Rams, un intercetto di WIlkins ai danni di Goff che buttava via il pallone senza guardare per la pressione della difesa avversaria.

La difesa di Los Angeles aveva appena forzato un altro turnover con Taylor Rapp, che aveva causato il fumble di Gaskin, con Troy Hill che recuperava la palla sulle 7 yard di Miami. Sembrava il preludio al secondo touchdown dei Rams, ma improvvisamente tutto crollava addosso ai Californiani. Ogbah entrava indisturbato nel backfield dei Rams dal lato cieco e placcava Goff mentre stava lanciando, provocando un fumble che veniva recuperato da Van Ginkel, il quale riportava l’ovale in touchdown per 78 yard.

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Il drive successivo era un three-and-out per i Rams, ma sul punt Grant riceveva la palla sulle 12 yard e volava letteralmente verso la end zone avversaria senza che nessuno dei Rams riuscisse nemmeno a toccarlo.  Ancora palla ai Rams in attacco, dunque, ed arrivava il secondo intercetto di Goff, ma stavolta i Dolphins non riuscivano a sfruttare l’occasione, e restituivano palla a Los Angeles, che ripartivano dalle proprie 29 yard. Il disastro era ancora dietro l’angolo, però. Un’altra penetrazione della linea difensiva di Miami portava Lawson a placcare Goff provocando l’ennesimo fumble, che Van Noy riportava fin quasi in touchdown, venendo fermato sulla una yard, da dove Gaskin si faceva perdonare l’errore precedente segnando il touchdown del 28-7. Prima della fine del primo tempo i Rams accorciavano con un field goal di Forbath, ma ormai la frittata era fatta.

Nel secondo tempo i Rams aggiustavano qualcosina in attacco, ma era troppo tardi. La difesa dei Dolphins si piegava, ma non si spezzava, concedendo ampi guadagni di terreno ma mantenendo la propria end zone inviolata fino al touchdown di Woods nel quarto periodo che dava ai Rams una piccola speranza di rimonta. Speranza che si infrangeva nel field goal sbagliato da Forbath, che cristallizzava il punteggio sul 28-17 finale.

LOS ANGELES RAMS

La metamorfosi di McVay part II – Avevamo appena parlato, la scorsa settimana, di come McVay avesse rimodulato l’attacco dei Rams per renderlo nuovamente efficace. Questa settimana, però, dobbiamo concentrarci sui suoi antichi visi, non ancora corretti del tutto. I Dolphins hanno deciso di creare pressione su Goff presentandosi spesso e volentieri in Cover 0 Man, cioè senza safety e con i ricevitori marcati a uomo, disposizione che gli ha permesso di andare in rush con sei difensori contro cinque offensive linemen. È ovvio che uno dei sei entra tranquillamente intoccato nel backfield, soprattutto se l’attacco chiama schemi dalla empty, cioè con cinque ricevitori schierati e nessun running back a bloccare. Puoi essere sorpreso la prima volta, forse la seconda, ma se per tutto il primo tempo e parte del terzo quarto, insisti a chiamare le empty contro questo allineamento, e non ti accorgi che forse dovresti cambiare qualcosa nemmeno dopo il quarto turnover, forse qualche sintomo di arroganza eccessiva si inizia a manifestare. Non sempre è possibile imporre il proprio gioco, e spesso è più produttivo aggiustarsi, cosa che alla fine porta gli avversari a dover cambiare strategia, ma quella degli aggiustamenti in corsa è sempre stata una capacità che McVay ha dimostrato di avere in dosi minime.

L’involuzione di Goff – Dopo aver giocato le prime cinque partite in maniera pressochè perfetta, Goff ha iniziato una parabola discendente che si spera si fermi con la settimana di pausa. Certo, avere sempre un uomo che entra intoccato dal lato cieco non ti aiuta per nulla, ma le scelte, in queste situazioni, sono importanti. A volte è meglio prendersi un sack e tenere la palla piuttosto che sparare via l’ovale a casaccio (due intercetti) o voler comunque forzare un lancio che non si ha il tempo di eseguire (due fumble). Quest’anno Goff ha imparato benissimo ad evitare gli intercetti stupidi ed i coverage sack quando la secondaria fa un buon lavoro, lanciando via la palla in maniera che non sia ricevibile né intercettabile ma che non ci sia il pericolo dell’intentional grounding. Lo step successivo è quello di imparare che prendere un sack non è la fine del mondo, ed è sicuramente meglio di un intercetto o un fumble.

The running back trio – Ancora una volta il gioco di corsa è stato altamente produttivo. Sia Henderson che Brown che Akers hanno avuto dei buoni guadagni e, sinceramente, non si capisce perché abbiano portato palla solo un terzo delle volte, con McVay che ha messo la palla per aria 63 volte contro sole 29 corse. La mancanza di Todd Gurley non si fa sentire, ma McVay dovrebbe sfruttare di più il terzetto di running back, soprattutto contro difese non eccelse contro le corse come quella di Miami domenica scorsa.

Difesa impeccabile – Ancora una volta la difesa ha tenuto in piedi la baracca. Chi pensava che fosse stata smantellata e si aspettava una stagione pessima, è stato clamorosamente smentito. Addirittura non si nota nemmeno più di tanto la mancanza di talenti nei linebacker centrali. Merito di Brandon Staley, che ha impiantato uno schema efficace ed ha messo gli uomini al posto giusto riuscendo a farli performare al meglio delle loro possibilità. 145 yard di total offese concesse ai Dolphins: non so cosa avremmo potuto chiedere di più ad una difesa. Eppure non è bastato per vincere la partita.

La maledizione dei kicker – Cacciato Sam Sloman, Kai Frbath ha iniziato nel migliore dei modi, salvo poi commettere un errore marchiano nel field goal che avrebbe tenuto vive le speranze di una rimonta per i Rams. McVay l’ha confermato (una partita è troppo poco per decidere) ma in queste due settimane, complice il bye, la competizione con McGinnis sarà totale, e se Forbath sarà comunque il kicker contro Seattle, non siamo tanto sicuri che manterrà a lungo il posto se non mostra una certa costanza di rendimento.

MIAMI DOLPHINS

Tua Time – L’esordio del rookie Tua Tagovailoa non è certo stato di quelli che lasciano il segno. Statisticamente si porta a casa la vittoria al suo esordio, ma la prestazione è stata abbastanza sottotraccia, almeno numericamente. 12/22 per 93 yard, 1 TD ed un sack non sono numeri eccelsi, ma alla fine Tua ha fatto quello che gli è stato chiesto: debuttare, entrare in ritmo con la partita, ambientarsi e non fare errori. E si eccettua il fumble iniziale, per il resto Tagovailoa può anche lamentarsi di qualche drop di troppo da parte dei propri ricevitori che avrebbero potuto migliorare le sue statistiche e mettere qualche luce in più alla sua prestazione, ma tutto sommato oggi va bene così. La vittoria è arrivata ed il ghiaccio è stato rotto. Per essere protagonista ha tutta una carriera davanti.

Difesa spaziale – La strategia di portare estrema pressione su Goff ha pagato, almeno fino a quando i Rams non si sono decisi a cambiare qualcosa per correre ai ripari. Sono bastati meno di otto minuti di tempesta perfetta per portare a casa la partita. Se si va a leggere il resoconto statistico finale quasi non ci si crede: 340 yard concesse su passaggio e 131 su corsa per un totale di 471 yard totali. Terreno ne è stato concesso molto, ma il tabellone mostra solo 17 punti subiti, ed è quello che conta.
L’efficacia della Cover 0 man è direttamente proporzionale all’efficacia delle coperture da parte dei defensive back, che hanno svolto un lavoro eccellente non lasciando praticamente mai la prima lettura a Goff, motivo principale per cui il quarterback dei Rams ha “dovuto” sbagliare così tanto.

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Attacco da rivedere – Non sappiamo se con Fitzpatrick le cose sarebbero andate meglio, e non avremo la controprova. Fatto sta che, pur contando che davanti c’era una delle migliori difese della NFL in questa stagione, i Dolphins non sono riusciti a muovere la palla più di tanto in attacco. Il drive più lungo è stato di 33 yard, e l’altro touchdown offensivo è arrivato con una corsa da una yard dopo un ritorno di fumble fermato alle porte della end zone. Questa volta non c’è stato bisogno di un attacco super performante perché la difesa ha fatto tutto il lavoro, ma se i Rams avessero completato la rimonta, abbiamo dei seri dubbi che l’attacco dei Dolphins di questa settimana avrebbe avuto la forza di reagire.
La linea offensiva si è presa una domenica di pausa dopo una serie di ottime prestazioni, e di conseguenza le corse non sono state affatto efficaci. Un po’ meglio è andata in pass protection, ma anche qui, la scelta di lasciare la palla in mano a Tagovailoa poco tempo prediligendo i lanci veloci, ha facilitato il compito anche della linea. Una piccola battuta d’arresto senza conseguenze, per un reparto che finora aveva dato grosse soddisfazioni.

Flores batte McVay – Non c’è dubbio che la sfida sulle sideline è stata appannaggio dell’head coach dei Dolphins. Ovvio, lo dice il punteggio, ma lo dice soprattutto la conduzione di gara tenuta da Miami. Pur con un attacco poco performante, come abbiamo detto in precedenza, la carta vincente dei Dolphins è stata certamente la decisione di rischiare in difesa con una tattica spregiudicata e pericolosa. Alla fine ha pagato, ma soprattutto ha pagato la capacità di Flores di modificare in corsa l’assetto della squadra man mano che i Rams provavano a cercare dei correttivi, mostrando un’adattabilità ed una duttilità che fanno parte del bagaglio di pochi coach.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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