Resurrezione e sprofondo (Atlanta Falcons vs Minnesota Vikings 40-33)

Resurrezione e sprofondo. Gli Atlanta Falcons trovano la prima vittoria di un’annata disgraziata e celebrano nel migliore dei modi il cambio di allenatore. I Minnesota Vikings crollano miseramente dopo un’ottima gara a Seattle e si ritrovano al punto di partenza, senza nemmeno le 20mila lire per essere ripassati dal via.

Ecco, a proposito di via… neanche il tempo di staccarsi dai blocchi di partenza e subito un assurdo intercetto di Kirk Cousins fa capire cosa aspetta i tifosi dei Vikings, di solito abituati almeno a buone partenze. 
Atlanta ringrazia e con Julio Jones capitalizza. Minnesota non ci capisce nulla e un tre e fuori rimette in pista Matt Ryan. Gurley-Ridley-Gurley-Ridley. I Falcons trovano un field goal per il 10-0. Nuova serie da tre soli giochi per Kirk Cousins e soci, orfani dell’infortunato Dalvin Cook. Atlanta però stavolta si lascia scappare l’ovale con Brian Hill e offre su un piatto d’argento l’opportunità di accorciare ai ragazzi di coach Mike Zimmer. I vichinghi arrivano fin sulle due yard e poi il buio, di nuovo. Corsa di Alex Mattison: -1. Altra portata del 25 e arrivano a una yard. Passaggio a Irv Smith che non riesce a trattenerlo entrando in end zone. Quarto giocato alla mano con Boone. Fallito. Ancora una volta il tentativo di essere coraggiosi si trasforma in stoltezza. Tre punti avrebbero fatto comodo. La gara era ancora lunga e avrebbero dato morale. Forse.

Perché dopo che la difesa di casa costringe i rossoneri a puntare Cousins ci ricasca e si fa pizzicare da AJ Terrell, bravissimo a recuperare il pallone in tuffo davanti a Justin Jefferson. Tocca a Calvin Ridley entrare in end zone alla fine di un drive da 40 yard.
E il quarterback dei Vikings cala il tris al giro successivo, stavolta penalizzato dal tackel O’Neill che gli porta l’avversario troppo vicino fino a fargli toccare il lancio, che Oluokun si accaparra. Altro field goal e primo tempo in archivio 20-0.

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Chi si aspetta di vedere i soliti fantasmi attanagliare i Falcons nella ripresa fino a spingerli a bruciare il cospicuo tesoretto resta deluso. Il cambio di allenatore e l’inconsistenza degli avversari permettono ad Atlanta di resistere, anzi. Allungano a 23-0 appena rientrati dagli spogliatoi e replicano immediatamente al touchdown di Justin Jefferson, tra le poche note liete vichinghe. Matt Ryan inventa. Prolunga un gioco che sembra destinato a finire male e trova Julio Jones davanti a lui sulla sideline, mentre il cornerback che dovrebbe marcarlo (il rookie Gladney) scivola preso in controtempo. 30-7. Dopo aver segnato due mete in quindici partite (entrambe nel dicembre 2019 contro i 49ers) il fenomeno dei Falcons rimette piede in end zone due volte nella stessa domenica. 
Il punteggio tornerà a cambiare nel quarto e ultimo periodo, quando le scodelle sono già asciutte sulla credenza, oltreché lavate. Altro field goal Atlanta 33-7. Serie di tre TD firmati da Adam Thielen, Hayden Hurst (che si beve la difesa vichinga stremata) e Justin Jefferson, ancora lui. I Vikings trasformano entrambe le volte da due e il punteggio si fissa sul 40-23. Non riesce invece l’onside kick finale, ma avrebbe cambiato nulla.

Il rinnovamento di Atlanta passa da una resurrezione in trasferta. Da quattro gare i Falcons non vincevano contro i Vikings. Imporsi così nettamente è un’iniezione di fiducia da valorizzare, soprattutto in attacco, dove il gioco aereo ha funzionato a pallino. Certo le giovani secondarie vichinghe hanno facilitato il compito, ma Jones e Ridley sono stati quei campioni che sono e che con un vento nuovo potranno tornare ad essere ogni domenica. Molto positivo è stato anche Matt Ryan. Non gira altrettanto bene il gioco di corsa, su cui gli stessi cornerback inesperti di cui sopra sono riusciti a esprimersi meglio. Nel primo tempo ha retto anche la difesa. Essere riusciti a centrare il primo successo confermando il vantaggio accumulato a inizio gara è il miglior biglietto da visita per il nuovo coach Raheem Morris e per il prosieguo della stagione.

Minnesota incappa, al contrario, in un passo falso ai limiti dell’inspiegabile. Dopo l’ottima prova a Seattle e quella vittoria sfumata/buttata i Vikings si ritrovano in un incubo. Imbarazzante Cousins, che in una squadra con un backup normale sarebbe stato panchinato all’intervallo. Ma i Vikings sulla sideline hanno quello Sean Mannion che serve a sviluppare il playbook e ad aiutare i coach ma che non è presentabile dentro al rettangolo verde. Segnali positivi sono pochini in casa Vikings. Justin Jefferson è il più clamoroso, con più yard ricevute al primo anno dopo sei giornate (537) anche di un tale Randy Moss (527), che però aveva già 6 (sei, avete letto bene) touchdown all’attivo. 

La stagione per entrambe le squadre sembra irrimediabilmente compromessa, ma se Atlanta ha già imboccato la strada verso il futuro, e anche se non sarà di certo sempre in discesa come allo Us Bank Stadium è comunque un inizio, i Vikings sono ancora alla ricerca del loro destino. L’impressione è che debbano rassegnarsi ed entrare nell’ottica di far giocare più giovani possibile per valutarli e poi al draft pescare il sostituto di Kirk Cousins, che causa contratto resterà anche nel 2021 ma che non può essere considerato il futuro nemmeno a breve termine della franchigia. Può farcela un coach vecchio stampo come Mike Zimmer? Se non è nelle sue corde deve essere la dirigenza a intervenire. Perché in una prova così disastrosa ci sono anche molte colpe del coaching staff. Non è la prima volta che sotto Zimmer i Vikings vanno a sbattere contro un muro dopo una buonissima prestazione. Gli allarmi stanno suonando a tutto spiano nel Minnesota. E devono essere ascoltati.

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