The Playbook – Come blitzano i Baltimore Ravens

Dal 26 agosto sarà disponibile su Amazon, in formato digitale e cartaceo, “The Playbook” il libro di Alberto Cantù e Michele Serra che vi farà arrivare più pronti che mai alla nuova stagione NFL. Abbiamo il piacere di proporvi un estratto del capitolo dedicato a come blitza la difesa dei Baltimore Ravens.

Se blitzare è davvero come giocare in borsa, Wink Martindale è Leonardo Di Caprio in The Wolf of Wall Street. La sua ossessione per i blitz deriva anche dal fatto che il defensive coordinator dei Ravens proviene dal coaching tree più aggressivo della lega, quello che fa capo a Buddy Ryan, ovvero la mente dietro la leggendaria difesa dei Bears 1985. Martindale non ha mai allenato sotto Buddy, ma è professionalmente cresciuto insieme ai suoi gemelli Rex e Rob Ryan. I tre hanno sempre seguito la via tracciata da Buddy, quella di un football difensivo ultra aggressivo e fondato sull’idea che il modo migliore per difendere sia lanciare lavandini (throwing kitchen sinks è la bellissima espressione con cui in America ci si riferisce ai blitz più aggressivi) contro il quarterback. Con la loro strategia storicamente blitz-happy, negli ultimi anni i Ravens sono andati in controtendenza rispetto al trend che ha dominato la difesa NFL negli anni’10, quello della Cover 3 di Seattle. Abbiamo visto nel capitolo su Pete Carroll come il successo della difesa di Seattle abbia popolarizzato l’ideologia di una difesa solida, in cui si giocano coperture semplici, si cerca di forzare passaggi corti e si fa conto che i 4 davanti riescano a portare pressione senza impegnare altri giocatori in blitz. Martindale e i suoi Ravens sono allo spettro opposto. Se Carroll predilige l’affidabilità di un sistema prevedibile ma efficace, per Martindale è tutta questione di fluidità, imprevedibilità e soprattutto aggressività. Questo non significa che Carroll e i suoi discepoli non diano importanza alla pressione, ma che il modo in cui vogliono generarla è opposto a quello seguito dai Ravens. L’idea della scuola di Carroll è la pressione sia generata dal talento della linea difensiva molto più che dalla creatività dello schema. Ad esempio, i 49ers di Rob Saleh, allievo di Carroll, hanno blitzato solo nel 19% dei casi, il 40% in meno rispetto ai Ravens, ma hanno comunque generato pressione in abbondanza perché i 4 giocatori responsabili della pass rush erano tutti fenomeni in grado di vincere anche in inferiorità numerica contro i 5 offensive linemen.

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Non a caso, i 49ers hanno avuto 3 giocatori nella top 30 per indice di “Pass Rushing Productivity” di Pro Football Focus. Con mostri del genere sulla linea, in tante situazioni blitzare diventa superfluo. Anche volendo, lo scorso anno Martindale non avrebbe potuto lasciare l’onere della pressione sui suoi defensive linemen, semplicemente perché la sua linea difensiva non aveva giocatori del livello di Bosa o Buckner, soprattutto dopo aver perso i suoi migliori pass rusher (Za’Darius Smith e Terrell Suggs), a fine 2018. Vista la situazione, nel 2019 Martindale ha dovuto portare all’estremo una delle massime del suo mentore Buddy Ryan:

«Non puoi fermare un gioco di passaggi se non porti pressione. Alcune squadre sono talmente forti che ci riescono con una rush di tre uomini. Beh, noi non lo siamo. Non so neanche se siamo capaci di portare pressione con quattro. Se devo mandarne otto in pressione, ne mando otto, ma non lascerò mai che il quarterback resti calmo nella tasca mentre ci fa a pezzi»

Senza fuoriclasse lungo la linea difensiva, quindi, Martindale ha dovuto aumentare al massimo l’aggressività dei blitz, facendo affidamento sullo schema per sopperire ai limiti del suo organico. La strategia è stata quella del “pressure by committee”: per usare le parole di Martindale, «tutti quelli che scendono dal bus per entrare allo stadio devono saper blitzare». Quando dice che tutti devono sapere blitzare, Martindale non esagera: dei primi venti giocatori dei Ravens per snap giocati in difesa, tutti hanno provato ad attaccare il quarterback, dai tackle ai linebacker fino alle safety e ai cornerback. Rispetto ad altri sistemi più convenzionali, questa strategia toglie moltissimo dell’onere dalle spalle della linea difensiva: nello schema di Baltimore i d linemen non sono i protagonisti della pass rush, anzi, spesso comparse, specchietti per le allodole che risucchiano le attenzioni della linea offensiva e liberano spazio per chi arriva da dietro in blitz. A differenza di Saleh, Martindale non chiede ai suoi defensive linemen di battere il rispettivo dirimpettaio 1vs1, ma di «lanciarsi a cento all’ora, anche se significa sbattere contro un muro»: se sbattono contro un offensive lineman hanno fatto il loro lavoro, starà a qualcun altro arrivare al quarterback.
Il grande vantaggio di questa strategia è che la difesa riesce a portare pressione anche senza pass rusher puri fenomenali, che sono difficili da trovare e carissimi da pagare. Questa cooperativa della pass rush, però, ha un rischio enorme, perché per funzionare richiede un’incredibile comunicazione e flessibilità nelle letture da parte di ogni singolo giocatore. La difesa deve veramente girare all’unisono, tutti devono conoscere alla perfezione i loro compiti ed eseguirli con una coordinazione da nuoto sincronizzato. In caso contrario, la pressione non arriva, o arriva troppo tardi, quando il quarterback ha trovato un ricevitore libero.

Questo rischio i Ravens lo hanno pagato caro a inizio stagione. Dopo le partenze di giocatori chiave come Za’Darius, CJ Mosley ed Erick Weddle, i Ravens non avevano quarterback difensivi che riuscissero ad orchestrare il reparto e ad assicurarsi che tutti fossero al posto giusto. La pressione non arrivava mai in tempo e così si aprivano spazi sfruttati anche da attacchi non indimenticabili come quelli di Browns e Cardinals.

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ravens blitz 1

In quest’azione di Week 2, i Ravens scelgono un cornerback blitz. Lo slot cornerback, in questo caso Carr, finge di marcare Fitzegrald ma dopo lo snap attacca il quarterback Kyler Murray. Con 5 difensori in pass rush, gli altri 6 devono coprire a zona il campo dai tre ricevitori dei Cardinals.

ravens blitz 2

Il blitz di Carr viene letto bene dalla pass protection dei Cardinals. A questo punto Murray ha tutto il tempo di leggere la situazione e lanciare per Kirk, che è completamente libero a causa di un grave errore di comunicazione nella secondaria dei Ravens.

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C’è voluta un po’ di pazienza, il tempo di capire «chi eravamo e chi poteva fare cosa», ma una volta che Martindale ha messo i giocatori giusti al posto giusto, i blitz dei Ravens hanno iniziato a radere al suolo i backfield avversari, ed è arrivato il momento di capire come funzionano e perché sono così efficaci. Secondo Martindale «l’obiettivo è stressare il più possibile le regole di protezione dell’attacco, la meta è avere un free rusher che arriva al quarterback». Le regole di protezione a cui si riferisce Martindale sono quelle che disciplinano i compiti dei pass protectors, solitamente i cinque offensive linemen e il running back. Questi sei giocatori (sette quando la difesa va in “max protection” tenendo anche il tight end a bloccare) si devono coordinare per bloccare tutti i giocatori che la difesa scaglierà contro il quarterback. Le regole della pass protection, che sostanzialmente stabiliscono chi blocca quale difensore, cambiano a seconda della situazione di gioco e da come si allinea la difesa. Ad esempio, se la difesa schiera la maggior parte degli uomini sul lato destro della linea offensiva, la pass protection va aggiustata in modo da indirizzarsi verso il lato più minacciato. Quando sentite il quarterback o il centro gridare parole in codice come «Rita» o «Linda» significa che l’attacco sta aggiustando la pass protection (a destra in caso di “Rita”, a sinistra in caso di “Linda”) in base a dove crede che possa arrivare la pressione. Il blitz di Martindale parte dal conoscere questi aggiustamenti e ritorcerli contro l’attacco. Martindale sa che schierando le sue pedine in un certo modo, forzerà la linea a chiamare un certo schema di protezione piuttosto che un altro, per questo chiama i suoi blitz in modo da attaccare le zone che invece resteranno più sguarnite. Il “free rusher” arriva al quarterback proprio perché Martindale lo ha mandato a colpire esattamente la zona lasciata scoperta dalla pass protection. Il defensive coordinator dei Ravens si è dimostrato il migliore nel disegnare i blitz e nel chiamarli al momento giusto, centrando l’obiettivo di mandare un free rusher contro il quarterback nel 45% dei blitz chiamati.

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Difendersi dai blitz di Martindale è un incubo, perché i Ravens sono incredibilmente creativi nel disegnare i loro pacchetti di pressione. I più temibili sono quelli che arrivano quando i Ravens si dispongono nei loro psycho fronts, il loro fronte più aggressivo: sette giocatori disposti in piedi lungo la linea di scrimmage, tutti potenzialmente pronti ad attaccare il quarterback. Per il quarterback la vista di questo front è terrificante: i Ravens possono blitzare tutti e sette gli uomini, oppure blitzarne sei e arretrarne uno, o ancora possono arretrarne tre e quindi non blitzare del tutto. In queste situazioni per il quarterback e per la linea è quasi impossibile capire da dove arriva la pressione e dove ci sarà spazio per lanciare. Non è un caso che i più vulnerabili alla pressione di Baltimore siano i quarterback giovani, che non sono ancora pronti a decifrare dei look difensivi così misteriosi, resi ancora più complicati dal fatto che i Ravens usano tantissimo i defensive backs in pressione. Un altro aspetto interessantissimo della difesa dei Ravens, infatti, è la frequenza con cui cornerback e safety, giocatori che normalmente si occupano di difendere i passaggi, vengono scagliati contro il quarterback. Nella top 20 dei defensive backs con più tentativi di pass rush nel 2019 ci sono ben 4 giocatori di Baltimore; includere con costanza questi giocatori nella pass rush aggiunge un livello di complessità aggiuntivo ai blitz di Martindale. Per provare a capire le difficoltà degli attacchi che hanno incrociato la difesa dei Ravens proviamo a ripercorrere uno snap.

La strategia è sempre quella di “stressare” la pass protection avversaria. I Ravens si dispongono con due inside linebacker ai lati del centro che minacciano di blitzare centralmente. Visto che le regole di pass protection stabiliscono che la linea non deve mai farsi battere al centro, i 5 olinemen stringeranno la loro posizione. La prima parte del piano ha già funzionato: Martindale è riuscito a forzare lo schema di pass protection scelto dell’attacco. Dopo lo snap arriva la fase due del piano. I due linebacker fingono di attaccare i lati del centro e poi, anziché blitzare, arretrano in coverage, rendendo inutile questo accentramento della pass protection. A quel punto, arriva la terza e ultima parte del piano. Con la linea inutilmente “schiacciata” al centro, si apre spazio all’esterno dei tackle. I Ravens fiondano uno o due cornerback dall’esterno, che sfruttando la loro velocità arrivano al quarterback senza che nessuno li sfiori. Potete trovare decine di esempi di questo tipo di pressione guardando i Ravens 2019. Uno degli esempi più indicativi viene dalla vittoria contro i Rams. Ancora i Ravens stringono la linea offensiva minacciando un blitz centrale e invece portano un cornerback su ciascun lato in blitz (double cat blitz). Todd Gurley che dovrebbe ma non può bloccarli entrambi, lancia una monetina e blocca quello che arriva da destra, in questo modo quello che arriva da sinistra, Jimmy Smith, è completamente libero e arriva a sdraiare Goff.

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Come abbiamo detto poco fa, blitzare così tanto è estremamente rischioso, perché le coperture difensive sono estremamente dilatate, e questo mette una pressione enorme sui 5-6 che devono coprire i buchi lasciati dai blitz dei compagni. Il sistema di Martindale chiede tantissimo ai defensive backs, che oltre ad attaccare il quarterback devono spesso difendere zone di campo enormi. Quello che separa la difesa dei Ravens da altri reparti aggressivi è che a Baltimore la pass defense è eccellente nonostante a difendere i passaggi ci sia un numero inferiore di difensori. Dalla rivoluzione di week 5 in poi, nonostante la quantità di blitz lanciati, i Ravens hanno concesso il quarto numero più basso di Explosive plays sui passaggi. Come ci sono riusciti? Un primo motivo è numerico: i Ravens schierano quasi sempre personali leggeri come nickle (5 DB in campo) e dime (6 DB), affidando così la pass defense a defensive back agili, piuttosto che a linebacker più fisici ma meno mobili, che sarebbero in imbarazzo a difendere porzioni di campo così ampie. L’altra ragione è tattica: se i blitz sono efficaci, il quarterback viene atterrato prima che possa approfittare dei ricevitori che sono liberi. Contro i Ravens capita spesso che i quarterback riescano ad identificare un target per il passaggi, ma non hanno proprio il tempo per rilasciare il pallone. Nel sack contro i Rams di cui abbiamo parlato poco fa, con un secondo di tempo in più nella tasca Goff avrebbe potuto pescare Brandin Cooks liberissimo al centro del campo, ma è stato atterrato ancora prima di poter pensare di lanciare il pallone. I Ravens difendono bene i passaggi perché la pressione che generano concedono solo passaggi “sporchi”, che finiscono in un incompleto o, ancora peggio, un intercetto. In più, i Ravens sono imprevedibili non solo nel disegnare i blitz, ma anche nelle coperture difensive giocate dietro ai blitz. Se il quarterback sopravvive alla prima ondata di pressione deve ancora processare contro quale tipo di pass coverage deve lanciare. I Ravens possono coprire a uomo (non è raro vederli difendere in Cover 1 man, un sistema che prevede marcatura a uomo su ogni ricevitore e una safety a coprire la zona profonda), o a zona. Nel secondo caso, i Ravens amano coprire i loro blitz con una 3-3, una sorta di Cover 3 in cui però c’è un difensore in meno sulle zone medio corte del campo. Altre volte, quella 3-3 si trasforma in una 2-4 o persino in una 4-2. Insomma, la pass defense è complicata quanto la pass rush, e per questo andare contro la difesa dei Ravens è spesso traumatico per i quarterback. La terza motivazione è tecnica: i Ravens hanno una delle secondarie più forti, intelligenti e versatili della lega. Questo permette a Martindale di tenere il piede sul gas per tutta la partita, sicuro che la sua secondaria può tenere botta anche difendendo i passaggi con soli cinque o sei uomini. Se la secondaria non riuscisse a chiudere i buchi lasciati dal blitz, l’intero sistema crollerebbe. Per questo Martindale continua a tessere le lodi dei suoi cornerback, soprattutto Marlon Humphrey e Marcus Peters, i due all pro difensivi della squadra.
In particolare l’arrivo di Peters, preso via trade dai Rams a stagione in corso, ha elevato la difesa di Baltimore a livelli assoluti. Peters è l’unico cornerback dei Ravens a venire esentato dai blitz. Il suo compito è quello di tallonare il migliore ricevitore avversario, cosa che l’ex Ram e Chief sa fare divinamente, come certificano gli 8 intercetti del suo 2019. Nel sistema di Martindale ha trovato la sua dimensione. Peters è sempre stato criticato per essere un cornerback troppo aggressivo, che gioca sempre per la big play prendendosi dei rischi enormi. La sua ossessione per l’intercetto lo porta a seguire l’istinto per il pallone, anche a costo di concedere completi quando il suo istinto gli suggerisce la scelta sbagliata. In sistemi normali, la sua aggressività è un problema, ma in quello dei Ravens è diventata un pregio. Il blitz porta spesso a passaggi corti, imprecisi e affrettati, che Peters può intercettare seguendo il suo istinto da playmaker, senza preoccuparsi di essere battuto da double move che non hanno il tempo di svilupparsi. Andate a recuperare la pick 6 di Peters contro i Bengals in week 10. La pressione forza il quarterback Ryan Finley a liberarsi del pallone. L’unico passaggio aperto sembra quello per Alex Erickson, marcato proprio da Peters. Erickson sta correndo una quick out (5 yard in verticale e poi taglio a novanta gradi verso la sideline), una traccia che sarebbe aperta contro cornerback più conservativi, non contro Marcus Peters. Il numero 24 dei Ravens ha letto tutto dall’inizio, ha lasciato aperta la finestra di lancio giusto il tempo di convincere Finley a tentarlo e poi è piombato sul pallone, intercettandolo e riportandolo nella endzone dei Bengals.

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Il lavoro impressionante di Martindale ha inevitabilmente finito per attirare gli interessi di franchigie in cerca di un nuovo capo allenatore. Wink è stato molto tentato dai New York Giants, ma alla fine ha declinato l’offerta e ha preferito restare a Baltimore. Martindale sa che i suoi Ravens possono fare qualcosa di speciale: Il gruppo di giocatori a sua disposizione è semplicemente perfetto per la sua idea di football, ed è addirittura migliorato dopo le mosse fatte dal front office in questa offseason.

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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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