Washington Asteriscs

Vedete, è tutta questione di opportunità. Che poi vuol dire che è tutta una questione di denaro.

Qualcuno di voi si è indignato per il Real Madrid? La squadra più ricca del pianeta, un golem che ricava più di 750 milioni di euro all’anno, è il club calcistico più vincente e blasonato del mondo, eppure ha cambiato il proprio logo togliendo la croce in cima alla corona reale che capeggia sul logo su tutti i prodotti che venderà nell’area del Golfo persico, in particolare in Arabia Saudita.

Dio ok, ma ma spostati un po’ che prima vengono i quattrini.

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Prima anche di voi, identitaristi, suprematisti, tradizionalisti, ultras cattolici, nostalgici e pignoli vari, perchè, sebbene pensiate il contrario, siete una minoranza nell’oceano dei potenziali tifosi del Real Madrid.

Così come siete una goccia nell’oceano dei potenziali tifosi dei Washington Asteriscs, li chiamerò così, per ora.

E questo perchè, parliamone pure quanto volete, la questione che tiene banco in questi giorni anche tra i documentatissimi tifosi italiani ha dei lati oggettivi: Redskins ha poco appeal internazionale, non è una parola di facile pronuncia, non fa subito venire in mente nulla, a differenza di qualcosa come Cowboys, o al limite anche Patriots. Tralasciando la primigenia valenza su cui si potrebbero scrivere libri interi, la sua traduzione rende un termine obsoleto come “Pellerossa”, che va bene per i film che guardava mio babbo, e che dai nostri sussidiari è sparito da almeno trent’anni, se mi trovate un bambino di nove anni che oggi usa correntemente la parola pellerossa vi pago una piadina con la Nutella. I bambini non giocano a cowboy e pellerossa, giocano a Lyon nell’universo Minecraft.

Lo sa chiunque che ci vogliono nomi più neutri quando si vuole rilanciare una franchigia: ci si chiama con il nome di feroci micioni, di cataclismi, di dinosauri al massimo, non roba da western anni ’50, dai su.

Il logo, non ne parliamo, è brutto, mi dispiace, ma Carlo Conti con una penna di gabbiano in testa non è la mia idea di logo fascinoso, vendibile. E non è nemmeno il logo che disegnerebbe la totalità degli studi grafici presenti sul pianeta terra. Ce lo vedete un logo del genere da vendere bene nell’odierno streetwear per le strade di Seul, Shanghai o Mosca? Su, non diciamo stupidate, il logo dei Redskins è graficamente osceno, difficilmente riproducibile: la notorietà passa anche dalla facilità di memorizzazione, da un tratto che stuzzichi la voglia di darne una decodifica personale, che accarezzi la fantasia. Passa da cose essenziali, addirittura monocromatiche come quello dei Nets o della Juventus.

Fossi stato l’owner dei Washington Asteriscs, facendo pure finta che non me ne fregasse nulla dei nativi, che potessero morire tutti di cirrosi epatica, io il renaming ed il rebranding l’avrei fatto dieci anni fa, per rilanciare una franchigia quasi invendibile, che nonostante sia una delle più antiche con giocatori iconici, naviga ben dentro la metà bassa per numero di fan, in compagnia di gente come Bengals, Lions e Titans.

E quindi, di che stiamo parlando? Ve lo dico di nuovo: di soldi.

La Nike fa la moralista ma fa cucire i palloni ai bambini vietnamiti? E chi se ne frega, stiamo parlando di altre cose, non di palloni vietnamiti, imparate a non perdere il focus, imparate a non dire mai “Ehmaiproblemisonobenaltri” che è come dire “nonhoargomenti”. Ora parliamo dei Washington Asterisics, e quando avremo finito, parleremo quanto vorrete di Nike, e del fatto che anche voi avete in casa cose della Nike, o le abbia vostro figlio, o vostro marito, o il/la vostra amante. Check this out.

Rinominare la squadra di Washington in Asteriscs e rifargli l’identità, alla luce sia delle vicende dei mesi scorsi, sia della completa mancanza di appeal commerciale, e sia (soprattutto) dei possibili eventi economici nefasti, è la cosa migliore che si possa fare, ed è la cosa migliore che abbiano fatto da quando draftarono il buon Griffin III, per poi mandarlo al macello, ma questa è un’altra storia.

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E sinceramente, fatela finita con la difesa delle tradizioni a intermittenza: cercate di capire che non stiamo parlando della NFL di trent’anni fa, voi magari siete rimasti al 1988 ma il mondo intanto è andato avanti, che vi volevo vedere a commentare su facebook da un telefono in bakelite.

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7 Commenti

  1. Mi dispiace ma il vero problema è che non cominciano a vincere qualchecosa possono cambiare nome ogni anno ma non cambierà nulla.Non è un caso se il Real Madrid ha molti tifosi

    1. Che i Redskins non abbiano più vinto da quasi un trentennio, non c’entra niente. I nomi segnano indelebilmente una storia sportiva, lastricata di passioni, sentimenti e memorie che si tramandano nel tempo. Allora aboliamo anche nomi e loghi dei Raiders, dei Dolphins e dei Bears perché non vincono da secoli. Tutti d’accordo? Non credo…

  2. E’ vero: senza i piccioli non si canta la Messa. Quando FedEx, Nike e Pepsi minacciano di non darti più un soldo, che altro si può fare? Che il logo sia osceno, invece, è una opinione personale dell’articolista. De gustibus non est disputandum. Molti appassionati e tifosi, nel mondo, non la pensano come lui. La questione razziale è una questione tutta americana che i diretti interessati presumono di risolvere con la più ridicola delle ipocrisie. Per una volta sono d’accordo con Trump: la scelta di Snyder e soci è una resa definitiva al “politically correct”.

  3. Totalmente d’accordo con Giulio su tutto quanto. L’articolo è di una banalità e superficialità tali da pensare che sia stato scritto così proprio per favorire volutamente l’interazione, le critiche e quindi la visibilità dell’articolo stesso. Il paragone con la versione “localizzata” del marchio del Real c’entra poco, se non niente: qui si parla di cambiare il nome della franchigia, non del re-design del “logo”. La questione su cui si è tanto discusso riguarda una squadra costretta dagli sponsor a buttare letteralmente nel cesso un brand storico a causa di una political correctness ormai fuori controllo. Renaming, rebranding, “logo” e altri concetti che l’autore dimostra di padroneggiare molto poco, a mio parere non hanno nessuna attinenza con questa triste storia di uno degli sport più amati al mondo.

  4. Io nella vita non ho mai messo i soldi al primo posto…..si vede che l’articolista invece pensa come le multinazionali,che stanno riducendo i cervelli dei giovani come spazzatura

  5. Ah ok pensavo di essere l unico ad averlo letto un po stranito
    Sì sta andando fuori di testa comunque

  6. al ragazzotto che scrive mancano molte informazioni e conoscenze per potersi occupare di questo tema.
    Da un magazine specializzato mi aspetto un analisi ed una visione più meditata e più concertata che non una sottospecie di post da “sub social”.
    La storia ed il ricordo sono elementi importanti. L’attraversamento di una fase di cambiamento sono percorsi faticosi ed a volte dolorosi.
    Le battute e l’ironia ci possono pure stare, ma a corollorario o per dare leggerezza al testo, ma un minimo di analisi reale e concreta della situazione me li aspetterei.
    Comunque auguri ai Redskin!!

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