Make-or-Break: chi deve dimostrare il proprio valore nel 2020

Nella NFL, si sa, c’è chi gode di più fiducia rispetto ad altri. Questi possono essere giocatori scelti nei primi giri del draft a differenza di pick negli ultimi giri, i quali spesso dopo una prima infarinata in NFL spariscono completamente dai radar, altri magari allenatori che finiscono in franchigie pazienti a differenza di altre che silurano il proprio coach dopo appena una stagione. Ma chi nella prossima season sarà chiamato a dimostrare il suo valore per non rischiare di terminare anzitempo la propria carriera con quel team?

Baker Mayfield – QB, Cleveland Browns

Mayfield Browns

Dopo una prima stagione più che interessante, l’anno scorso in dei Browns precipitosamente dati come certi ai playoff ha deluso. Normale per un rookie al secondo anno di carriera, ma quello che ha destato più preoccupazione sono stati i passi indietro sul livello del gioco fatti registrare dall’ex Oklahoma. Quest’anno dovrà ancora una volta cambiare registro a livello offensivo lavorando con il nuovo head coach Kevin Stefanski e sotto la supervisione del QB coach Alex Van Pelt, il quale negli ultimi anni ha avuto a che fare anche con Aaron Rodgers ai Packers. Sicuramente vi saranno delle difficoltà, soprattutto nelle prime partite stagioni dove il nuovo stile di gioco sarà in fase di rodaggio, ma quello che importerà di più al management sarà rivedere quei passi avanti fatti e visti nella prima stagione e poi persi nella seconda. Non è un caso che il GM dei Browns abbia riferito di voler vedere questa stagione prima di decidere di utilizzare l’opzione per il quinto anno.

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Todd Gurley – Atlanta Falcons

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L’ex runningback dei Rams è probabilmente chiamato a rispondere della sua carriera in questa occasione che Atlanta gli offre. L’attacco della squadra guidata da Quinn sembra essere perfetta per l’ex Bulldogs che potrebbe combinarsi magnificamente con Ryan, Jones ed una linea offensiva sembra ben rinforzata ogni anno. I dubbi tuttavia rimangono tanti. I Rams si sono privati, tagliandolo, di un giocatore che negli anni è stato un trascinatore della squadra soprattutto nell’anno della cavalcata al Super Bowl, ma che proprio da quell’anno ha iniziato a mostrare i primi sintomi di cedimento con i tanti problemi di salute che già dai playoff di quella anno lo hanno costretto alla sideline in favore di C.J. Anderson. I problemi alle gambe sono stati costantemente riportati anche in quest’ultima stagione tant’è che Gurley esce proprio dalla peggior annata della sua carriera. La firma da $ 5,5 milioni lo carica di eccessiva importanza all’interno del team, ma prima dovrà trovare una quadra fisica altrimenti sarà un fallimento ad appena 25 anni.

Gardner Minshew – Jacksonville Jaguars

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Si lo so, pare una forzatura questa ma in realtà non lo è nemmeno troppo. Il prodotto da Washington State è arrivato in NFL lo scorso anno e da rookie ha spodestato l’ex QB degli Eagles Nick Foles, ad onor di cronaca per un infortunio di questo, facendo anche piuttosto bene. Il suo stile molto retrò ha fatto innamorare la platea media del football americano e questo ben presto è diventato un personaggio a tutti gli effetti. Quest’anno, a sorpresa tocca dirlo, i Jaguars hanno deciso di rimanere con lui come starter nonostante vi fosse in procinto di partire una girandola di QB niente male nella lega. In molti però hanno visto questa scelta, me compreso, come la volontà di utilizzare Minshew come “carne da macello”: se andrà bene tutto fantastico, qualora invece le cose dovessero andare drasticamente male, ed i presupposti ci sono tutti, ecco che la pick numero 1 al prossimo draft 2021 sarebbe in mano e con queste l’arrivo dell’astro nascente Trevor Lawrence, o Justin Fields, con tanti saluti per il baffuto quarterback.

Bill O’Brien – Houston Texans

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La franchigia del Texas si è trovata con le spalle al muro quando nel 2017 il proprio dg di lungo corso Rick Smith ha abbandonato la carica per stare vicino alla moglie ammalata di cancro. Il management, quando ha capito che non sarebbe rientrato presto, ha affidato il ruolo a Brian Gaine ma dopo appena un anno le strade con questo si sono separate e di fatto è stato deciso di potenziare il ruolo di Bill O’Brien all’interno del team dandogli in mano il ruolo di general manager oltre che quello, ovvio, di capo allenatore. L’ex Penn State non ha mai raccolto grande stima dai tifosi soprattutto per le pessime prestazioni che il team ha sempre messo in mostra nella post-season, ma è indubbio come i Texans dal momento del suo insediamento siano più competitivi essendo arrivati quattro volte ai play-off negli ultimi cinque anni. E’ il ruolo di General Manager che tuttavia potrebbe far vacillare le sue quotazioni: in poco più di anno ha ceduto Jadeveon Clowney, ha preso Laremy Tunsil in cambio di due prime scelte e poi successivamente ricoperto d’oro con un rinnovo, e ceduto DeAndre Hopkins ai Cardinals. Scelte più che coraggiose che per ovvi motivi dovranno a breve pagare i dividendi oppure dargli la definitiva zappa sui piedi.

Derek Carr – Las Vega Raiders

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L’ex secondo round da Fresno State del 2014 è chiamato alla sua ultimissima chance nonostante a detta di molti non sia lui il vero problema dei Raiders. Il QB paga un team che non è mai stato realmente competitivo, nonostante lui i suoi numeri li abbia sembra mostrati, ed un rapporto con l’head coach Jon Gruden non idilliaco. Vi è da dire che, dal primo anno di Gruden, Carr è stato privato di un top receiver come Amari Cooper e che nel tempo, nonostante i tentativi, questa lacuna non è mai stata colmata. Quest’anno dal draft è arrivato un giocatore di livello come Henry Ruggs III ed ora Carr è chiamato a dimostrare appieno le proprie capacità. Rimangono tuttavia due belle spade di damocle pendenti sulla sua testa: l’arrivo di Marcus Mariota come backup QB, il quale ha tutte le qualità per potergli fare le scarpe in un ambiente diverso dai Titans, ed il dead money previsto dal suo contratto che dal 2021 rasenterà quasi lo zero con un suo eventuale taglio che non peserebbe sulle economie del team.

Matt Nagy – Chicago Bears

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L’ex OC dei Chiefs entra nel suo terzo anno come head coach dei Bears con la sua “panchina” che sembra essere davvero calda. Il primo anno di Nagy aveva illuso un po’ tutti i tifosi della franchigia dell’Illinois con la qualificazione ai play-off e l’eliminazione solo a causa di un kicker poco affidabile, mentre il secondo ha vissuto di un periodo di alti e bassi con la colpa che è ricaduta quasi completamente sul QB Mitchell Trubinski e le sue scarse prestazioni. Il problema di Nagy tuttavia, visto che quasi nessuno lo incolpa dei problemi del 2019, sembra essere l’eccessiva aspettativa in termini di risultati che sembra fuoriuscire dal management dei Bears nel tornare a vincere il più presto possibile. La scelta di questi di mettere pressione a Trubinski mettendolo in competizione con Foles, cosi come la sensazione che la squadra al netto del QB sia estremamente competitiva, potrebbe giocare un brutto scherzo all’ex Chiefs qualora le cose non andassero bene.

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Eugenio Casadei

Appassionato di calcio (Bologna) e trekking, segue il football assiduamente dal momento in cui vide giocare Peyton Manning con la maglia orange di Denver, divenire tifoso Broncos una naturale conseguenza. Scrive la rubrica settimanale "Indiscrezioni di mercato NFL" in offseason e la "Top Ten" in regular season con grande divertimento e passione.

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Un Commento

  1. Io ci aggiungerei Solomon Thomas, terza scelta assoluta dei 49ers (grazie Bears) presa prima di un certo Adams… Quest’anno il ragazzo deve fare la differenza

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