I Si e i No di Jordan Love ai Packers

Qualche giorno fa ho scritto di come la pick di Jalen Hurts da parte di Howie Roseman non mi abbia convinto. Quella di Hurts non è stata l’unica scelta di questo Draft ad avermi lasciato perplesso, visto che, anche se vi anticipo che in questo caso la il mio disaccordo è meno forte, anche la scelta del GM dei Packers Brian Gutekunst ventisette pick più avanti mi ha fatto storcere il naso. E quindi eccoci qui per un nuovo «Perché sì, perché no» post- Draft 2020.

Prima, però, permettetemi, un disclaimer. Non voglio fare il bastian contrario a tutti i costi, quello che ne sa di più per questo o quest’altro motivo. Non voglio, insomma, fare il GM da tastiera. Il lavoro di Roseman, Gutekunst e dei loro 30 colleghi è tra i più difficili del panorama sportivo mondiale, e per questo raramente mi permetto di criticare la scelta del giocatore X, anche solo per rispetto di chi sul giocatore X ci ha passato centinaia di ore più di me, lo ha analizzato da tutte le angolazioni possibili e ha deciso di scommetterci il proprio posto di lavoro.

Quello che posso criticare con più cognizione di causa, però, è la filosofia dietro alla scelta del giocatore X, non solo perché sono laureato in Filosofia – insert McDonald’s joke here – ma perché dietro la scelta di un determinato profilo di giocatore possiamo leggere la direzione che dirigenza e coaching staff hanno deciso di imprimere alla loro franchigia, e la visione che traspare dalla scelta fatta dai Packers è probabilmente diversa rispetto a quella che avrei preso. O forse, più che diversa, è semplicemente fuori tempo.

Pubblicità

Il giocatore X in questione è Jordan Love, quarterback da Utah State, nuovo Mahomes o nuovo Trubisky a seconda di chi vogliate ascoltare. Non ascoltate me, che il college football lo seguo il giusto, ma ascoltate chi lo ha analizzato – a livello italiano penso a Salvatore Ioppolo di GPI – e fatevi una vostra idea sul valore tecnico del giocatore. Tanto, come vi dicevo, quest’analisi non è tanto sul Love-giocatore, ma su quello che ci hanno detto i Packers salendo dalla 30 alla 26 per portarlo in Wisconsin.

Come al solito però, partirò mettendomi nei panni di chi Jordan Love lo ha scelto per dire come io motiverei quella pick.

PERCHÉ SI

PERCHÉ “YOU GO GET YOUR GUY”

Se avete letto quanto ho scritto su Hurts, il discorso qui è molto simile. Evito di ripetermi, ma ribadisco che scegliere quarterback, al di là del round, del tipo di prospetto o del livello del proprio starter, è quasi sempre una buona idea. Si tratta spesso di pescare a strascico, perché valutare i QB è incredibilmente complicato, ma di solito appoggio chi continua a buttare esche finché si accorge di aver preso quello giusto, perché per un GM trovare quello giusto – o l’erede di quello giusto – rende il resto del lavoro infinitamente più semplice.
Nel caso dei Packers questo discorso è ancora più valido, visto che Rodgers sta per scollinare le 36 primavere e la successione al trono è troppo importante per ridursi a sperare che «your guy» arrivi alla tua posizione.

Se Gutekunst ha stabilito che Jordan Love è il nuovo Dalai Lama del Tibet di Lambeau Field, posso solo fargli i complimenti per il coraggio di esserselo andato a prendere, esponendosi al mare di polemiche che quella scelta avrebbe e ha generato.
Del resto a Green Bay I quarterback sono una cosa seria, e non biasimo la dirigenza per essere salita e aver preso il proprio uomo, quello che pensano possa riempire le scarpe di due dei più grandi di sempre. O meglio, non la biasimerei in una situazione normale, e come vedremo più giù quella di GB per me non lo è.

PERCHÉ LA STORIA INSEGNA

Questa è facile. Proprio perché non si sono adagiati sugli allori di Brett Favre i Packers hanno messo a segno la più grande chiamata della loro storia, garantendosi altre 15 stagioni di quarterback play celestiale dal 2005 ad oggi (qui il video con la storia di quella giornata)

Quello che abbiamo visto giovedì notte, quindi, sembra il ciclo della vita NFL che si ripete ad intervalli regolari come in un documentario di National Geographic: il veterano di successo che invecchia, il giovane rampante che aspetta alle sue spalle per qualche anno e poi prende il testimone. Oggi questa dinamica sembra scontata e quasi inevitabile, ma non dobbiamo dimenticarci che per Rodgers dodici anni fa non lo fu per niente. Sembra incredibile col senno di poi, ma dopo il ritiro di Favre, Aaron era stato accolto a suon d’insulti e persino minacce di morte.

Pubblicità

Dodici anni, un Super Bowl e 2 MVP più tardi, Jordan Love invece avrà il grandissimo vantaggio di non dover subire abusi da parte di una tifoseria che ha imparato dalla propria miopia a non prendersela con chi è chiamato a sostituire una leggenda vivente. Difficile quindi che a qualcuno venga in mente di mandare un sicario per Lombardi Avenue a far fuori il nuovo arrivato. Anzi, il prodotto di Utah State godrà di un minimo di beneficio del dubbio e della possibilità di annusare un campo NFL senza dover fare i conti con l’ostilità dei propri tifosi e questo, per un prospetto ancora da svezzare, è fondamentale.

PERCHÉ MATT LA FLEUR

Dopo il primo anno da Head Coach non ci sono dubbi che Matt LaFleur sia un ottimo playcaller. LaFleur ha portato a Green Bay il sistema di Sean McVay, adattandolo al personale a disposizione con una creatività che ad inizio 2019 non tutti – me compreso – gli riconoscevano. I sistemi di Rams e Packers non sono identici, ma hanno in comune due aspetti che dovrebbero aiutare un quarterback giovane a non essere vittima di sé stesso: la centralità dell’outside zone e le letture semplificate che da questa possono scaturire nel passing game. Entrambi gli aspetti sono perfetti per un QB che probabilmente faticherà ad impattare tra i Pro. Basta vedere quanto è migliorato Jared Goff nei primi due anni sotto la guida di McVay. Di tutti i sistemi e i coaching staff in cui potesse finire, quello di GB per Jordan Love mi sembra uno dei migliori.
A maggior ragione visto che a quanto si dice ultimamente sarebbe stato proprio Matt LaFleur a spingere per Love.

Nel 2019 le cose tra Rodgers e LaFleur sono andate bene, ma qualcosa mi dice che il coach di Green Bay preferisse avere al più presto un quarterback giovane, malleabile e pilotabile come dalla panchina come Goff è stato per McVay: un direttore d’orchestra fedele allo spartito scritto dall’Head Coach, non un jazzista imprevedibile come Rodgers, che lo spartito spesso lo cestina per improvvisare al ritmo del suo talento.
Se le cose stanno così, oltre ad avere la protezione di un ambiente ovattato, Love potrà contare sulla fiducia incondizionata del proprio Head Coach. Non male come punto di partenza.

Quelle che ho elencato sono tutte motivazioni valide, che in condizioni normali non mi darebbero alcun problema. Ma come vi avevo anticipato quelle di Green Bay non sono situazioni e soprattutto tempistiche normali, e da qui vengono tanti dei “Perché no” che state per leggere.

Pubblicità

PERCHÉ NO

PERCHÉ C’È IL RISCHIO DELLA SINDROME DI PAT MAHOMES

Lo sappiamo, la NFL è una copycat league. Appena un coach solleva il Lombardi Trophy, tra gli altri 31 parte la caccia a cercare di copiare il segreto del suo successo. Se Henry Ruggs III e il suo accappatoio sono stati così veloci a venire scelti, è (anche) perché Ruggs era il receiver più veloce, e la velocità di Tyreek Hill è quella che ha deciso il Super Bowl per i Kansa City Chiefs.

Chiaramente, in futuro l’articolo più contraffatto della bottega di Andy Reid sarà Patrick Mahomes, e niente mi toglie dalla testa che Jordan Love sia stato spinto un po’ più in alto dalle comp – legittime o meno – con il 15 dei Chiefs: entrambi usciti dal College grezzi e incerti nelle letture ma super talentuosi e benedetti dagli Dei del football con un braccio destro clamoroso.

https://www.instagram.com/p/B_f_QgCJNZ3/?utm_source=ig_web_copy_link

Vi ricorda qualcosa?

Il problema è che non tutti i centometristi vincono i Super Bowl e non tutti i QB che spediscono palloni nella stratosfera diventano MVP. Quando si drafta questo tipo di giocatori, le possibilità d’incappare in John Ross e Deshone Kizer sono più alte di quelle d’imbattersi in un Tyreek Hill o in un Pat Mahomes.

Ricordiamoci quindi che il modo in cui i Chiefs sono riusciti a ripulire il gioco di Mahomes in una sola stagione è l’eccezione, non la norma. Con questo ovviamente non sto dicendo che Jordan Love sarà un fiasco e nulla impedisce che LaFleur nel giro di un paio d’anni riesca a renderlo un titolare pronto «right out the gate».

Infatti il problema per me non è se Love sia in grado di fare quello step tecnico e mentale, ma le aspettative che la retorica semplicistica del “nuovo Mahomes” potrebbe mettergli sulle spalle. Insomma, temo che se non dovesse lanciare 5 TD alla seconda da titolare a qualcuno – dentro o fuori il Wisconsin – possa venire la tentazione di appiccicargli addosso l’etichetta di bust.

Lo so, sto guardando troppo avanti, e per ora il futuro è dalla parte di Love e dei miglioramenti che potrà apportare al suo gioco avendo il vantaggio di partire dalla panchina. Del resto questo è il “perchè no” meno forte tra quelli che elencherò, quindi prendetelo come un «buyers beware».

PERCHÉ AARON RODGERS NON È YODA

In un intervista rilasciata prima del Draft, Aaron Rodgers aveva detto che avrebbe chiamato subito la prima scelta dei Packers per dargli il benvenuto. Evidentemente si aspettava che quella scelta sarebbe ricaduta su un giocatore a cui lanciare, non uno a cui far da chioccia. Il nome di Love gli è piovuto addosso come una doccia ghiacciata, anche se poi, a quanto si dice, lo ha comunque chiamato negli ultimi giorni.

Il rapporto tra i due è un tema importante. Interpellato sulla questione, Love ha dato l’unica risposta possibile:

«So già che potrò imparare molto da Aaron Rodgers. È uno dei GOAT del gioco, non vedo l’ora di partire dietro di lui ed imparare tutto quello posso»

Pubblicità

Le domande da porsi a questo punto sono due: come reagirà Aaron Rodgers a questa situazione? Sarà veramente disposto ad insegnare qualcosa a Love? Partiamo col dire che Aaron ha quasi sempre avuto un bel rapporto con i suoi backup, come dimostrano foto come quella pubblicata lo scorso anno.

rodgers backup

Qui Aaron è il resto della QB Room in versione cosplayer del film Happy Gilmore.

È anche vero però che fino a giovedì scorso a nessuno era venuto nemmeno in mente di portargli in squadra un competitor, tantomeno un erede, quindi stiamo navigando in acque inesplorate.
Mentre si è detto e scritto tantissimo sull’Aaron Rodgers giocatore, la sua personalità è spesso rimasta in secondo piano. Bisognerebbe conoscerlo di persona per averne la certezza, ma l’impressione che mi sono fatto in questi anni a seguirlo e venerarlo – non nascondo il mio bias – è che il lato più spigoloso del suo carattere sia quello di reagire alle ostilità in modo passivo-aggressivo. Alcuni esempi in questo senso sono contenuti nel chilometrico ma interessantissimo articolo di Tyler Dunne uscito su Bleacher Report l’anno scorso.

Considerando anche che i Packers non lo hanno notificato della scelta, è difficile aspettarsi che Rodgers accolga Jordan Love a braccia aperte. Nella migliore delle ipotesi si sforzerà di non boicottarlo apertamente, nella peggiore lo mortificherà quotidianamente ignorandolo. In ogni caso, aspettarsi che gli faccia da mentore mi sembra ottimistico come sperare che uno squalo accudisca un cucciolo di foca, a maggior ragione visto che, mentre Favre nel 2005 aveva già alluso più volte al ritiro, Rodgers ha dichiarato a più riprese di voler giocare almeno fino alla scadenza del suo attuale contratto, valido fino al 2023.

So che non è prassi, ma per sperare in una collaborazione da parte di Rodgers Gutekunst avrebbero dovuto per lo meno renderlo partecipe della scelta di un QB. È presto per dirlo, ma il rischio di qualche frizione c’è, come c’era stato anche tra Rodgers e Favre. In quel caso alla fine andò alla grande per i Packers, resta da vedere se andrà altrettanto bene questa volta.

PERCHÉ HA PREGIUDICATO IL RESTO DEL DRAFT

Come ha dichiarato a Rob Demovsky, Gutekunst per tutto il primo round ha semplicemente seguito l’andamento della draft board. Quando è diventato chiaro che Love sarebbe arrivato a tiro, il GM dei Packers ha premuto il grilletto sullo scambio di scelte con i Dolphins.

Per assicurarsi il prodotto di Utah State i Packers hanno dovuto fare trade up, passando dalla 30 alla 26. La mossa di sicuro non ha prosciugato il draft capital della squadra, visto che quel balzo è costato “solo” un quarto giro, ma è andata comunque ad occupare la scelta più alta di Green Bay, scelta che tutti o quasi si aspettavano finisse su un Wide Receiver, visto che era da 15 anni che i Packers non sceglievano uno skill position player nel primo giro.

Passato lo stupore, si pensava che le falle del receiving corps sarebbero state colmate nel Day 2. Invece la seconda scelta dei Packers è stata altrettanto sorprendente e controversa, ed è ricaduta  su AJ Dillon, running back da Boston College. Le prime due pick quindi sono andate su QB e RB, due dei ruoli attualmente meglio coperti del roster dai due Aaron, Rodgers e Jones.

Avere investito sul futuro con le prime due scelte ha fatto inevitabilmente scalare in basso quelle di cui i Packers avevano bisogno nell’immediato, come un linebacker per cancellare il ricordo di Blake Martinez e un OT più alto nella board, visto che ci sarà un Brian Bulaga (Iowa) in meno a proteggere Rodgers.

Resta il fatto che i Packers sono usciti dalla classe di ricevitori più profonda a memoria d’uomo senza uno straccio di WR, e ciò è almeno in parte una diretta conseguenza della scelta di Jordan Love, che renderà i Packers 2020 meno competitivi di quanto avrebbero potuto essere. E qui passiamo all’ultimo punto.

PERCHÉ NEL FOOTBALL IL TEMPISMO È TUTTO

«So che molte persone vedranno questa scelta come non orientata verso l’immediato, ma l’equilibrio tra l’immediato e il lungo termine è qualcosa che va considerato, ed è quello che abbiamo fatto»

Io credo nella dichiarazione di Gut sul seguire la propria board, credo molto meno in quella sul bilanciare immediato e lungo termine, perché il draft ci racconta che dal momento in cui hanno fatto la scelta numero 26, è come se si fosse attivato un piano B – chiamiamolo piano L – già preparato da tempo, e quel piano L ha spostato l’equilibrio verso il futuro molto più che verso l’immediato, vedi la scelta di AJ Dillon.

Il discorso sul tempismo è quello fondamentale di tutto il draft dei Packers, il cui andamento  chiarisce la visione del management di Green Bay sul presente e sul futuro della franchigia.
Per capire la prospettiva dei Packers su entrambi gli orizzonti temporali, però, dobbiamo guardare al passato prossimo, e quindi a com’è andata l’ultima stagione. Lo scorso anno i Packers hanno finito 13-3, hanno ritrovato un’identità difensiva dopo dieci anni inconcludenti e hanno tolto la ruggine e le scorie che avevano limitato l’attacco, e in questo modo sono arrivati ad una partita dal Super Bowl. È anche vero che da quella partita i Packers sono usciti con le ossa rotte dai 49ers.

rodgers 49ers

Quella del Levi’s Stadium è stata una delusione feroce? Senza dubbio, ma l’analisi della scatola nera del NFC Championship Game non era univoca. La si poteva vedere come l’ultima fermata prima del Super Bowl oppure interpretarla come il capolinea di un viaggio iniziato dodici anni fa. I Packers hanno aspettato con un piede giù dal treno, e hanno poggiato l’altro a terra quando hanno avuto la certezza di poter scegliere Love.

Se i Packers credessero davvero nell’immediato, avrebbero fatto quello che i Broncos fecero nell’autunno della carriera di John Elway: tappare le falle del roster, armarsi fino ai denti di talento offensivo e provare a riportare a casa il Lombardi Trophy. Non dico che Gutekunst e LaFleur non si fidino delle possibilità di questo roster, ma di sicuro non ci hanno creduto abbastanza da rinunciare a Jordan Love o da consacrare un draft intero a concedere a Rodgers tutto l’aiuto possibile no matter what.

Ed è questo il punto su cui si può e si deve discutere: il roster pre draft più, facciamo, Patrick Queen, Denzel Mims e Devin Duvernay avrebbe potuto ripetersi e/o ed evitare una regressione rispetto al 2019? Per me sì, e sarebbe valsa la pena di scoprirlo. Si poteva almeno per quest’anno congelare il lungo termine e soffermarsi sul qui ed ora, perché per quanto Rodgers non sia il QB ideale di LaFleur sono convinto che i due avrebbero potuto portare i Packers 2020 a competere per un Super Bowl, nonostante le dissonanza stilistiche tra i due.

Mi rendo conto che la seconda persona più importante in questa storia la vede in modo diverso. Credo, e qui sono d’accordo con Greg Cosell, che l’anno scorso LaFleur abbia tollerato Rodgers, il suo stile aritmico e la sua tendenza a rifiutare i lanci “on schedule”. Credo che lo avrebbe fatto anche quest’anno, a meno che non fosse comparso all’orizzonte un possibile sostituto. Così è andata, e con questa scelta LaFleur e Gutekunst hanno deciso di legare a doppio filo il loro futuro al braccio di Jordan Love.

I miei no a questa scelta dei Packers non hanno nulla o quasi a che vedere con il ragazzo, perchè riguardano quello che il suo arrivo ha comportato nell’”immediato” dei Packers. Se questo stesso identico draft venisse traslato in là di uno o due anni, non avrei avuto problemi sulla scelta di Love e nemmeno granché da dire sulle altre pick. I Packers invece hanno scelto di anticipare il futuro bypassando il presente, ed è una scelta che sarà giustificata a posteriori solo se Jordan Love dovesse davvero dimostrarsi un prospetto generazionale.

Se questo fosse il draft del 2021 dei Packers sarei stato entusiasta della scelta di un heir apparent per Aaron Rodgers. Ma il football, in campo e dietro la scrivania, spesso è questione di tempismo. E secondo me i Packers si sono presentati un anno in anticipo all’appuntamento con il loro futuro.

Merchandising Merchandising

Alberto Cantù

Se vi è piaciuto questo articolo e in generale vi interessa l'analisi tattica della NFL, potete trovarmi su Twitter.

Articoli collegati

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Huddle Magazine si sostiene con gli annunci pubblicitari visualizzati sul sito. Disabilita Ad Block (o suo equivalente) per aiutarci :-)

Ovviamente non sei obbligato a farlo, chiudi pure questo messaggio e continua la lettura.