Frank Kush, il predicatore nel deserto

New York, 26 aprile 1983, Primo giorno del draft NFL

Alla prima scelta assoluta i Baltimore Colts scelgono John Elway da Stanford University ma il QB, sotto consiglio del padre, non vuole giocare per la franchigia del Maryland a causa dell’head coach della squadra, un certo Frank Kush, conosciuto nel mondo del football per la durezza dei suoi allenamenti. John Elway vincerà il braccio di ferro con la dirigenza e finirà ai Broncos, dove si toglierà parecchie soddisfazioni. Ma chi è Frank Kush?

Frank Joseph Kush nasce il 20 gennaio 1929 nella città mineraria di Windber, Pennsylvania. A soli 14 anni perde il padre e deve provvedere alla madre e ai suoi 14 fratelli lavorando in un’autorimessa prima e dopo la scuola, giocando nei pochi momenti liberi a football nella squadra della sua high school, dove, nonostante un fisico tutt’altro che statuario, è il perno difensivo della squadra. Kush gioca poi a Michigan State tra il 1950 e il 1952 come defensive lineman e, sebbene non pesi neanche 80 chili, è finalista tra gli All-American, vincendo anche il titolo nazionale all’ultimo anno in Michigan.

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Finita la carriera al college si arruola nell’esercito, arrivando al grado di luogotenente a Fort Benning, in Georgia, dove nel frattempo allena la squadra di football della base. Lascia la carriera militare nel 1955, a 26 anni, per diventare assistente di Dan Devine ad Arizona State. Quando, 3 anni dopo, Dan lascia l’Arizona, Frank Kush viene nominato head coach dei Sun Devils, ruolo che manterrà fino al 1979. Nelle sue 21 stagioni nel deserto collezionerà 176 vittorie in 231 partite, oltre a 6 bowl e 9 titoli di conference. Nel 1955 aveva trovato un piccolo college, 24 anni dopo la lascerà come uno dei migliori programmi universitari del tempo.

Dei suoi anni a Tempe rimane ancora oggi la leggenda dei suoi temibili allenamenti nel vicino Deserto di Sonora, dove il sole (ab)batteva i giocatori e il termometro segnava stabilmente più di 35°. A Kush si devono anche le invenzioni di allenamenti a dir poco duri come il Bull in the Ring, una “lotta” stile sumo con i giocatori che spesso ne uscivano con commozioni celebrali, e un esercizio ancora più particolare, che prevedeva una running play giocata dal centro, il QB e due running back contro l’intera difesa schierata. Durante il training camp un altro esercizio temibile era la scalata del Mount Kush, una ripida collina piena di grandi sassi e cactus che doveva essere percorsa correndo da chi, secondo Kush, avesse bisogno di disciplina.

Ma non è oro tutto ciò che luccica e nel settembre del 1979 Kevin Rutledge, ex punter dei Sun Devils, accusa Frank Kush e il suo staff di avergli procurato danni fisici e mentali. In particolare l’head coach è accusato di averlo malmenato dopo che aveva sbagliato un punt contro i Washington Huskies. Il 13 ottobre viene licenziato, ma deve allenare anche nella successiva partita contro, per scherzo del destino, gli stessi Huskies. La partita si concluderà con la rimonta dei suoi ragazzi che, a fine partita, lo portano in spalla nello spogliatoio.

Sapendo che la sua carriera all’interno del college football è ormai finita, Frank Kush giunge in Canada dove, nel 1981, allena gli Hamilton Tiger-Cats. Nonostante un record di 11 vittorie, 4 sconfitte e 1 pareggio, viene licenziato a fine stagione, a causa, ovviamente, di alcuni litigi con i giocatori. Arriva poi in NFL, agli allora Baltimore Colts, dove, nella stagione 1982 stravolta dal lockout, colleziona 0 vittorie in 10 partite, e causando di fatto il mancato arrivo di John Elway nel Maryland. Il 13 dicembre del 1984, due anni e mezzo dopo il suo arrivo, lascia la franchigia che nel frattempo si era trasferita ad Indianapolis. Per stare più vicino alla sua famiglia accetterà poi un contratto di 3 anni negli Arizona Outlaws della USFL.

Frank Kush se ne è andato il 22 giugno del 2017, all’età di 88 anni, ma ad Arizona State, nonostante gli scandali, se lo ricordano ancora e gli hanno dedicato il campo sul quale giocano i Sun Devils, oltre ad una statua in bronzo fuori dallo stadio.

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Carlo Giustozzi

Nato nelle Marche nel 2003, nel tempo libero cerco di unire la passione per lo sport e quella per la scrittura, con la speranza di farlo per vivere, un giorno. Parlo di parecchie cose, soprattutto pallacanestro, football americano e ciclismo.

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