Uno sguardo al 2019: Minnesota Vikings

A stagione conclusa, vi proponiamo la review della stagione 2019 delle trentadue squadre NFL. Oggi è il turno dei Minnesota Vikings.

Sbam. I San Francisco 49ers hanno sbattuto la porta in faccia ai Vikings nei Divisional playoff. Come era stato al termine della stagione 2017, quando l’urto fu ancora più violento nel Championship NFC perso contro i Philadelphia Eagles. Ma vediamo cosa è successo.

COME DOVEVA ANDARE…

Dopo un 2018 ben al di sotto delle aspettative, prosieguo proprio di quel deludente Championship e figlio di un amore mai sbocciato tra l’offensive coordinator John DeFilippo e l’head coach Mike Zimmer, il 2019 doveva essere l’anno del “rimbalzo”. Il ritorno agli standard che ci si aspettava prima dell’annata 2018, quando Minnesota era nel novero delle candidate al Super Bowl, avendo aggiunto al pacchetto capace di sfiorarlo la stagione prima il miglior quarterback libero sul mercato dei free agent: Kirk Cousins.

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Un gruppo di giocatori che si è ripresentato al via sostanzialmente intatto anche la scorsa estate e garantiva ai gialloviola un nuovo tentativo, sebbene il passo falso in cui erano incappati non offrisse più ai Vikings i favori dei pronostici.

Le chiavi dell’attacco nelle mani del più conservativo, e dunque più vicino al pensiero di Zimmer, Kevin Stefanski; il ritorno del running back Dalvin Cook dopo l’infortunio che ne troncò la stagione 2018; il talento di Adam Thielen e Stefon Diggs; l’anno in più “al comando” di Kirk Cousins; l’inatteso rinnovo del linebacker Anthony Barr; la scelta al primo giro del draft di un centro, Garrett Bradbury, per puntellare la linea offensiva… La lista dei motivi che facevano ben sperare il popolo gialloviola era piuttosto fornita.

…E COME È ANDATA

E il rimbalzo c’è stato. Minnesota è tornata subito ai playoff chiudendo la stagione con un record di 10 vittorie e 6 sconfitte. Ma vanno messi i puntini che servono sulle “i” di “rilancio”. I Vikings non sono riusciti a vincere la division, finita nella bacheca dei Green Bay Packers. E, soprattutto, non hanno dato l’impressione, nelle partite contro le avversarie più temibili, di avere davvero le carte in regola per ripetere la cavalcata del 2017.

Delle sei sconfitte due sono arrivate proprio contro i Packers, una contro i Kansas City Chiefs e una contro i Seattle Seahawks. Due, infine, contro i Chicago Bears, l’ultima delle quali alla diciassettesima giornata, di poco valore, considerando il turno di riposo offerto ai titolari, ma pur sempre negli annali per chiudere il bilancio intradivisionale con un poco onorevole 2-4. Ben peggiore quella rimediata sempre dai Bears alla quarta settimana.

Le prove incoraggianti ci sono state, ricordiamo il successo all’esordio contro gli Atlanta Falcons, il 34-14 sugli Oakland Raiders, la rimonta contro i Denver Broncos dopo un orrendo primo tempo, la trasferta dominata a Los Angeles contro i Chargers e quella combattuta a Dallas contro i Cowboys.

Ma quante vittorie sono state infilate contro squadre che si sono qualificate ai playoff? Una: contro i Philadelphia Eagles. Quante altre squadre con record positivo sono state battute? Nessuna, sebbene i Chiefs abbiano dovuto sudare fino agli ultimi secondi e con i Seahawks la truppa di Zimmer abbia tentato una rimonta simile alla settimana prima contro Denver. Segno che la squadra sì c’era, ma le ambizioni non avrebbero potuto essere troppo mirabolanti una volta arrivati a giocare in gennaio. E così, in effetti, è stato. La wild card ha regalato un altro fine settimana di gioia ai tifosi dei Vikings, con un nuovo trionfo contro i New Orleans Saints, dopo il Minneapolis Miracle di due anni prima. Trionfo scolorito dalla scoppola rimediata la settimana successiva sulla baia di San Francisco.

COSA HA FUNZIONATO…

A trascinare i Vikings ai playoff sono stati la difesa e il gioco di corsa, su cui Stefanski e Zimmer hanno puntato pesantemente. Cook, affiancato dal rookie Alexander Mattison, ha dimostrato tutto il suo valore, confermando quanto di buono lasciato intravedere nel 2018 prima dell’infortunio. Si è issato nell’elite della lega. E la linea offensiva, non eccelsa, ha dimostrato grazie anche all’innesto di Bradbury di esprimersi meglio quando si tratta di creare spazi per i running back. Ecco dall’altro lato se si analizza la protezione offerta a Kirk Cousins le cose non vanno altrettanto bene. La offensive line ha chiuso la stagione regolare al 27esimo posto per pass protection. Non bene. L’attacco aereo ha risentito di quello e degli schemi, portando alla frattura con Diggs, che è sfociata nella trade di inizio 2020.

Dicevamo però della difesa. I Vikings pur con delle obiettive difficoltà tra i cornerback (quindicesimi per yard concesse sui passaggi a partita) e un argine alle corse solo discreto (tredicesimi per yard concesse a partita, ma solo tre touchdown), hanno terminato la stagione al quinto posto per punti concessi: 18,9 a partita. La pass rush e le safety sono state il valore aggiunto. Danielle Hunter è tra i migliori defensive end in circolazione e con 14,5 sack ha guidato il gruppo seguito da Everson Griffen (8) e Ifeadi Odenigbo (7): in totale Minnesota ha prodotto 48 placcaggi sui quarterback avversari, una minaccia costante. Il frutto sono stati anche i 17 intercetti, terzi nella lega. Più della metà sono arrivati dalle safety: 3 di Harrison Smith e 6 di Anthony Harris, alla miglior annata della carriera, nonostante non sia immune da errori. Da evidenziare tra le note positive, infine, la stagione di Dan Bailey. Avere un kicker affidabile in casa vichinga è stato per troppi anni un sogno.

cook vikings packers

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…COSA NON HA FUNZIONATO

Delle mancanze della linea offensiva abbiamo già detto. Il QB rating di Cousins è comunque migliorato (da 99,7 a 107,4 – sì avete letto bene – il top in carriera e quarto della Nfl). Sono lievemente diminuiti i touchdown e le yard lanciate per cui incidono la gara in meno giocata e gli schemi. È calata la percentuale di completi. Però sono scesi anche gli intercetti, solo 6. È un pocket passer e ha bisogno di essere protetto. Dopo due anni la dirigenza Vikings dovrebbe averlo capito. Abbiamo già segnalato anche come non abbia funzionato il rapporto tra Diggs e la squadra. Un peccato, perché il 14 era una gemma scovata al quinto giro. Lui e Thielen rientrano sicuramente tra le mosse azzeccate del general manager Rick Spielman. Restano dubbi invece sul rinnovo di Anthony Barr: per certe cifre (67,5 milioni per 5 anni, di cui 33 milioni garantiti) ci si aspetta di più. Come ci si aspetta di più dal cornerback Mike Hughes. Dei CB il migliore è stato Mackenzie Alexander, che ha giocato slot. E anche l’interno della linea offensiva è un reparto su cui ci sarà bisogno di passi avanti.

E ADESSO?

Tuffiamoci allora nel futuro. Un domani con parecchie incognite a Minneapolis. L’impressione che con l’ultimo anno di contratto per Cousins, Zimmer e Spielman fosse in arrivo un all-in per il Super Bowl è stata spazzata via dal rinnovo del quarterback, che sarà il volto vichingo almeno fino al 2023. E soprattutto dalle molte partenze. Gli addii di Diggs, ceduto ai Buffalo Bills ottenendo in cambio un ottimo pacchetto di scelte, e di molti difensori lasciati partire (da Everson Griffen a Xavier Rhodes e Trae Waynes, da Mackenzie Alexander a Linval Joseph) sembra aver lasciato aperto solo uno spiraglio di quella finestra che si era aperta all’inizio del 2017: quando il sogno di giocare il Super Bowl in casa è stato accarezzato fino all’ultimo. Minnesota ha cambiato ancora offensive coordinator affidandosi all’esperienza di Gary Kubiak, il cui figlio Klint sarà QB coach. E ha rinnovato anche i defensive coordinator, promuovendo il figlio di Zimmer, Adam, affiancato dal co-defensive coordinator Andre Patterson e dal “supervisor” Dom Capers. Parecchie teste da mettere d’accordo, con le famiglie Zimmer e Kubiak a tirare le fila.

Se l’all-in è saltato anche parlare di ricostruzione sembra azzardato, visto che il nucleo su cui impostare la stagione è sempre formato da Cousins, Thielen, Cook, Hunter, Kendricks, Barr, Smith. Le moltissime scelte accumulate al draft (dodici di cui due al primo giro) e il risicato spazio salariale (che ha permesso almeno di aggiungere Michael Pierce dei Ravens per rinforzare il centro della linea difensiva sguarnito dalla perdita di Joseph, un innesto che ricorda proprio l’arrivo di quest’ultimo dai Giants) lascerebbero immaginare una ricostruzione graduale, per tornare competitivi in zona Super Bowl nel giro di due-tre anni al massimo. Ma sarà davvero possibile nel caso di un’annata no? Per Zimmer quella del 2020 sarà la settima stagione in gialloviola. Immaginare la costruzione di un altro ciclo di sei anni con lui alla guida è complesso se non ci saranno risultati di prestigio. Più facile prevedere un altro triennio con Zimmer e Spielman che andrebbe eventualmente a concludersi proprio con il contratto di Cousins.

Per far sì che la ricostruzione soft riesca, però, occorrerà non sbagliare le mosse 2020. Bisogna rinforzare assolutamente la linea d’attacco, ricostruire da zero il reparto cornerback e aggiungere profondità a wide receiver, interno della linea difensiva ed edge. Al primo giro del prossimo draft quasi sicuramente si investirà proprio su un cornerback, mentre per sostituire Diggs non è escluso si punti su un ricevitore da pescare nel secondo giorno (la classe è molto profonda) e sull’impiego più massiccio del talentuoso tight end pescato lo scorso anno, Irv Smith. Più difficile immaginare di trovare tra i rookie quel che serve per migliorare subito il muro davanti a Cousins. Ecco allora che l’opzione di cedere Harris (su cui è stato posto il franchise tag) è tutto fuorché campata per aria.

L’impressione è che il 2020 possa essere una stagione di transizione, in cui arrivare comunque ai playoff appena estesi a 14 squadre, verso un nuovo assalto al Super Bowl da tentare con armi più affilate nel 2021.

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