I momenti più assurdi nella storia del Draft

Doveva avvenire a Las Vegas per celebrare l’arrivo dei Raiders in città, doveva essere il primo draft anfibio della storia, con i prospetti traghettati sul palco per l’abbraccio di rito a Roger Goodell. Doveva essere un draft storico, quello di giovedì. E lo sarà, anche se per motivi totalmente opposti a quelli che potevamo aspettarci. Sarà il primo draft telematico della storia, e se i motivi dietro questo cambio di programma sono tragici e conosciuti a tutti, le conseguenze potrebbero essere che la lista che state per leggere si arricchirà di almeno una decina di momenti indimenticabilmente assurdi. Sarà Jerry Jones che non riesce a schiacciare il tasto muto? Sarà un esercito di hacker pronto ad infiltrarsi nelle chat Zoom?

Probabilmente i nostri 32 GM troveranno modi di stupirci che non possiamo nemmeno immaginare. Detto questo, anche in condizioni  normali il Draft è sempre stato una miniera di aneddoti assurdi. Li abbiamo raccolti in questa classifica dei momenti più incredibili della storia del Draft.

1 – I VIKINGS SI PERDONO LA PICK!

Quota che si possa riproporre: 1.10

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Vikings draft

Se n’è parlato tanto in questi giorni, e questa prima scelta è un po’ scontata. Ma è impossibile non partire dal disastro combinato dai Vikings nel primo giro del Draft 2003. La franchigia del Minnesota aveva la settima scelta assoluta ed era in trattativa con i Ravens per fare Trade Down, ma nel turbinio delle trattative i dirigenti smisero di tenere d’occhio il cronometro. Risultato: i Vikings scelgono alla 9 anziché alla 7, superati dal tempismo di Jaguars e i Panthers, ma senza ottenere niente in cambio. Poco male, visto che con la nona scelta si portano a casa Kevin Williams, che diventerà uno dei migliori Defensive Tackle della lega.

L’anno prima i Vikings avrebbero potuto anticipare i Chiefs, ma non riuscirono ad annunciare la pick in tempo. Incredibile.

2 – IL MIO REGNO PER UN RB: DITKA VA ALL IN PER RICKY WILLIAMS

Quota che si possa ripetere: 1000 (visto il valore attuale dei RB forse è addirittura bassina)

ricky williams saints

Ricky Williams è un ragazzo timido, con le spalle larghe e una cascata di dread in testa. È l’Heisman in carica, uno dei migliori prospetti di running back mai visti, addirittura Eric Dickerson lo paragona a un «Earl Campbell, but faster». All’alba del draft 1999 tutti vogliono Ricky Williams, a partire dai tifosi degli Eagles, al punto che il sindaco di Philadelphia si espone in un endorsement ufficiale del prodotto di Texas. Quando Philly con la numero 2 sceglie invece Donovan McNabb, i tifosi Eagles ricoprono di fischi il loro futuro franchise quarterback.

Da qualche parte in Louisiana, Mike Ditka sta sogghignando. Il Coach dei Saints (che sceglierebbero alla 12) sbuffa un tiro di cubano e digita il numero dei Cincinnati Bengals, detentori della terza assoluta. Ditka gli offre tutto, ma proprio tutto, quello che può offrire, ma i Bengals incredibilmente rifiutano. Ditka allora non demorde e chiama a Washington D.C. I Redskins  accettano e cedono la loro cinque in cambio di tutte le scelte dei Saints, più una prima e un terza dell’anno successivo.

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Senza dubbio la trade più assurda della storia del Draft, e ha dato l’inizio alla carriera irripetibile di Ricky Williams, che vi consiglio caldamente di recuperare. 

3 – AARON RODGERS FA LA MUFFA NELLA GREEN ROOM

aaron rodgers

Quota che si possa riproporre: 5000 (non ci sarà la Green room)

Il draft 2005 ci regala uno dei momenti di sadismo collettivo più crudeli della storia della live TV. Milioni di persone incollate allo schermo mentre un ragazzo di vent’anni vede il suo sogno d’infanzia sbriciolarsi in mondovisione. Aaron Rodgers era sicuro di finire ai suoi 49ers, che avevano la prima scelta, e invece rimane ore ed ore ad aspettare mentre mezza NFL gli preferisce gente del calibro di Cedric Benson, Cadillac Williams, Erasmus James.

Per descrivere quei momenti Aaron Rodgers ha usato due parole: delusione e imbarazzo. A toglierlo da entrambi sono i Green Bay Packers, che lo scelgono con la numero 24 nonostante avessero già un quarterback bravino.

Il resto è storia del football.

4 – SEI PROPRIO TU JOHN WAYNE?

Quota che si possa riproporre: 1000 (La speranza è l’ultima a morire)

John wayne

Immaginate questa scena. Roger Goodell che dal palco – pardon, dallo scantinato di casa sua – annuncia: «Con la 228 scelta del Draft 2020, gli Atlanta Falcons scelgono Sylvester Stallone – QB, University of Miami».

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Assurdo, vero? E se vi dicessi che non sarebbe la prima volta in cui i Falcons scelgono un attore di successo? Nel 1972 i neonati Falcons partecipavano al loro sesto Draft. Allora i giri erano 17 (!), e dal quattordicesimo in poi i GM si trovano a raschiare il fondo del barile. Non sapendo che pesci prendere, il GM dei Falcons Norm Van Brocklin ha un’idea: si gira verso il resto della dirigenza assiepata nella War Room e chiede: «Volete il più duro figlio di puttana in questo draft?». Risposta ovviamente plebiscitaria: «YES». Van Brocklin alza la cornetta e chiama gli uffici NFL: «Scegliamo John Wayne da Fort Apache State».

So che sembra assurdo, ma è tutto vero.

Purtroppo l’allora Commissioner Pete Rozelle si rifiuterà di annunciare la scelta, costringendo i Falcons a scegliere un vero giocatore di college football. Al che i Falcons avrebbero potuto ribattere che nonostante le 64 primavere «The Duke» era un giocatore di college, visto che aveva giocato a USC come offensive tackle.

5 – NON AVRAI ALTRO DIO AL DI FUORI DI AL (DAVIS)

al davis draft

Quota che si possa riproporre: 200

Nel 1944 i Philadelphia Eagles scelsero un fullback da Syracuse, tale Norm Michael. Tutto ok, se non fosse che Michael aveva risposto ad un altro draft, quello dell’esercito americano, e avrebbe scoperto solo nel 1999 di esser stato la scelta al diciottesimo giro degli Eagles. Peggio è andata ai Raiders, da sempre la mina vagante del draft. Nel 1995 i Raiders avevano messo gli occhi su un Eli Herring, Olineman da BYU. Piccolo problema: Herring aveva già avvisato personalmente ogni squadra di non aver intenzione di diventare professionista. Il motivo? «Sunday is Church Day», e per il devoto Eli le domeniche si passano in Chiesa, non nel Black Hole. Al Davis, essendo Al Davis, se infischia beatamente e sceglie Herring al sesto round, spingendosi fino a mandare un assistente a casa del giovane con un assegno firmato e un milione e mezzo di motivi per scegliere la NFL. Niente da fare, con buona pace di Al Davis, per Herring la domenica resterà “Church Day”.

6 – «WHO THE HELL IS MEL KIPER ANIWAY?» KIPER VS TOBIN

mel kiper draft

Quota che si possa riproporre: 8,70

Qui si parla di storia della televisione. Dal 1983 Mel Kiper pubblica la sua guida al draft, nel 1994 è uno dei draft analist più affermati – e spocchiosi – in circolazione. I Colts hanno una scelta nella top 10 – e il GM Bill Tobin la usa per Marshall Faulk. Fin qui nessun problema per Kiper, che come ogni anno pontifica dal suo scranno nello studio di ESPN. Ma quando Tobin fa trade up per tornare nel primo giro e scegliere un linebacker, Kiper perde la brocca. Secondo lui era folle non usare quel trade up per portarsi a casa un talento generazionale come il QB Trent Dilfer (!!), ed è questo il motivo per cui i Colts «sono una barzelletta e scelgono nella top 2 ogni anno». A quel punto a dare di matto è Bill Tobin, e quello che ne segue è uno dei momenti più incredibili del Draft.

Enjoy

7 – «TAMPA, WE’VE GOT A PROBLEM»

booker reese draft

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Quota che si possa riproporre: 5,40

Prima di Tony Dungy, Jon Gruden e recentemente Tom Brady, i Tamba Bay “Suckaneers” erano la barzelletta della lega, al punto che Warren Sapp, figlio della Florida e poi leggenda della squadra, descrisse il giorno in cui i Bucs lo scelsero come il peggiore della sua vita. Tampa era il regno dell’assurdo, un posto in cui le cose andavano male anche quando non c’erano responsabilità dirette, come durante l’incredibile draft 1982. Quell’anno la dirigenza di Tampa si era fissata sul defensive end Booker Reese, talento indiscusso ma problematico. Al momento di comunicare la scelta, un disturbo alle linee fa sì che l’impiegato della NFL capisca “Sean Ferrell” anziché “Booker Reese”, e così i Bucs si ritrovano con una guardia da Penn State anziché un DE da Bethune.

Il Karma sembra arridere ai Bucs quando al secondo giro Reese è ancora on the board. Ma essendo i Suckaneers i Suckaneers, le cose andranno male rapidamente: Reese ci metterà due stagioni a farsi cacciare per abuso di alcool e cocaina, rivelandosi un bust colossale.

8 – LAREMY TUNSIL, KING OF THE BONGO

tunsil bong

Quota che si possa riproporre: 4,80

 Prima del Draft 2016, Laremy Tunsil era il miglior Offensive Lineman sulla piazza. Nessun dubbio caratteriale, tecnico o fisico sembrava poter deragliare il draft stock del Left Tackle da Ole Miss. Poi, dieci minuti prima dell’inizio del Draft, sull’account twitter personale di Tunsil spunta un video in cui il prodotto dei Rebels fuma da un bong attaccato ad una maschera antigas. Chi sia stato non si sa, quello che è certo è che Tunsil rischia di finire fuori dal primo giro.

Il problema non è solo l’umiliazione pubblica, Tunsil perde un milione di signing bonus per ogni squadra che lo passa. In top 10 infatti Titans e Ravens scelgono altri tackle, ma per fortuna di Tunsil la catena del panico si interrompe dopo “sole” 2 ore e appena fuori della top 10, quando i Dolphins lo scelgono con la numero 13. Nemmeno il tempo di abbracciare Goodell, e Tunsil si trova a dover commentare il bong gate insieme a Deion Sanders. Laremy se la cava dicendo che si è trattato di un errore, ma la sua serata da incubo è appena iniziata.

Tempo cinque minuti da quando è sceso dal palco, e sull’account Instagram di Tunsil vengono pubblicati gli screen di una chat in cui il ragazzo ringrazia un suo vecchio coach per aver saldato alcune bollette della sua famiglia, in violazione delle norme NCAA.

In un reportage di SB Nation si riporta che Tunsil sa benissimo chi sia l’hacker, ma non ha mai voluto denunciarlo per evitare una vendetta da parte dell’uomo che gli ha rovinato il draft.

Fortunatamente Tunsil è riuscito a rimettere in piedi la sua carriera, ma la sua storia ha spalancato le contraddizioni del College Football, come mostra questa inchiesta.

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Alberto Cantù

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