Chicago Bears, vittoria per futuro e morale

Si chiude a Minneapolis e l’amarezza è il sentimento più marcato tra le file degli orsi.

Amarezza, sì, perchè con o senza meriti quel paio di occasioni sprecate in stagione avrebbero potuto trascinare per i capelli i Chicago Bears ai playoffs 2019 quantomeno riconfermando gli sforzi della stagione 2018; i Vikings sono stati battuti con uno sweep, stesso identico risultato dell’anno scorso che allunga la serie positiva contro i rivali di division sul 4-0, e di fatto, senza l’errore di Pineiro contro i Chargers, o senza una prestazione vergognosa dell’attacco contro i Packers in week 1, o senza la stupida flag contro i Raiders a Londra sul punt finale, i Bears avrebbero avuto lo stesso record dei Vikings col vantaggio negli scontri diretti.

Poco conta perchè la stagione sarebbe stata un fallimento in ogni caso, i Saints avrebbero spazzato via Chicago alla Wild Card senza il beneficio del dubbio perchè il sistema di Sean Payton è superiore, e perchè Brees è superiore.

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Recriminare non serve, come non serve approfondire chi o come abbia giocato in questa ultima giornata di stagione regolare perchè se a Minnesota i titolari sono stati risparmiati in via precauzionale, a Chicago, specie in difesa, molti dei titolari sono fuori da un pezzo (vedi Hicks, Trevathan o Roquan Smith). Tutti uomini che sul campo fanno la differenza e nonostante tutto si continua a combattere.

E persino all’andata il QB di Chicago era dovuto uscire per l’infortunio alla spalla lasciando spazio ad un Chase Daniel che, senza timore, ha controllato la sfida contro i Vikings nella sua totalità vincendola.

Questi elementi sono abbastanza per permettermi di affermare che, titolari o non titolari, per i Vikings sarebbe cambiato poco: in ogni caso Chicago avrebbe vinto la sfida senza problemi.

Sulla cronaca della partita mi va di soffermarmi su questo curioso personaggio che ha il potere di passare da eroe a sciagura in tempo zero, inciampare nuovamente e poi tornare ad essere l’eroe poco più avanti: Mike Boone.

Nato a Macclenny, Florida, undrafted free agent 2018, stagione nascosto nell’ombra di Delvin Cook nella sideline di Minnesota senza prendere freddo più di tanto da quando si gioca al coperto, mentre George Halas e Curly Lambeau si rigirano nelle tombe!

Il runningback sfonda le linee al primo colpo, Ha Ha Clinton-Dix buca il tackle clamorosamente e Boone prende 59 yard alla sua prima corsa; segue un nuovo snap e Boone, probabilmente troppo galvanizzato dalla giocata esplosiva individuale, droppa il pallone e perde il possesso. Il defensive tackle Bears Bilal Nichols recupera il fumble e ringrazia. Ma per Boon non è tutto, il ragazzo rimette giù la testa e continua a spingere ininterrottamente, perchè un errore capita a tutti.

Così arriva il suo touchdown nell’ultima frazione che fa suonare il corno vichingo per la carica che proietta Minnesota alla rimonta. Solo che poi, arriva David Montgomery dall’altra parte, e la sua di spinta (113 yard e 1 TD) ricorda all’orso come si ruggisce. E pensare che per usare quello che tecnicamente si chiama shot-clock management, Monty deve fermarsi mentre i difensori dei Vikings gli spalancano la strada per quello che sarebbe stato il suo secondo TD di giornata. Meglio far correre l’orologio senza lasciare replica a Sean Mannion (che sostituisce Cousins). Pinerio calcia e ciao 2019.

In tutto questo il buon Boone porta a casa una prestazione da 148 yard, 1 TD su corsa, e 12 yard di mancia in ricezione. Bravo!

Sponda Bears la difesa alza la voce, 2 takeaway nel primo quarto e un Nick Kwiatkoski da sogno: per il linebacker una prova monumentale che corona i suoi sforzi in stagione con una safety indovinate su chi? Proprio sul condottiero vichingo Mike Boone.

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Abbiamo visto un Chuck Pagano più elettrico del solito, più coinvolto, e probabilmente per lui, il 2019 è l’anno del rodaggio. Non semplice salire sul trono di Fangio e comandare le linee come lo stregone sapeva fare (tra l’altro dopo averle costruite di persona in 4 anni). Qui c’è del margine di miglioramento molto evidente in prospettiva.

Dove il miglioramento sembra non poterci essere è in attacco. O meglio, più in basso di così non si può cadere, quindi in realtà sì, anche qui si può migliorare: mandando via 3/5 della linea offensiva (Leno-Long-Massie), cambiando offensive coordinator, firmando un TE in salute e magari modificando l’approccio di Nagy (oltre al suo ego) che solo a week 17 si ricorda che il running game è un aspetto fondamentale del gioco, allora sì. Così si può migliorare.

Poi bisogna parlare di Trubisky, al quale un paio di sberle in faccia ed una strigliata di mezz’ora in stile tenente Hartman sembrano essere gli unici rimedi per il suo problema. Non esiste altra cura per risvegliare un potenziale così assopito, a mali estremi mali rimedi diceva un tizio una volta. E per quanto mi riguarda aveva ragione!

Trubisky è costato troppo caro a Chicago per poter essere gettato al vento, e la società concederà a Mitchell un ultimo ballo nel 2020 perchè le alternative alla Teddy Bridgewater sono fuori budget, oppure quelle “ricondizionate” alla Newton/Dalton non finiscono di convincere vertici e tifosi nel cambiare direzione. Nemmeno il draft può aiutare perchè mancano i pick e quei pochi che ci sono andrebbero spesi per uomini di linea che difenderanno il QB negli anni a venire. Meglio quindi tenersi quello che si ha nella speranza di potersi ritrovare tra un anno a parlare di resurrezioni a Natale invece che a Pasqua.

#BearDown amici e buon anno a tutti da Chicago Bears Italia!

Alex-Cavatton

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