Ritorno alla vittoria (Chicago Bears vs Los Angeles Rams 7-17)

Per il Sunday Night di week 11 abbiamo pensato ad un formato speciale della nostra review. Nel primo tab potrete leggere cronaca della partita e analisi dei Los Angeles Rams a cura di Massimo Foglio, mentre nel secondo tab l’analisi dal lato Bears a cura di Chicago Bears Italia.

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Alla pubblicazione del calendario della stagione 2019, la partita con i Chicago Bears era di quelle da circolettare in rosso. Erano stati proprio i Bears, lo scorso anno, a mettere a nudo le debolezze dell’attacco dei Los Angeles Rams, ed avevano indicato la via da seguire per fermarlo. Logico, quindi, che a Los Angeles aspettassero questa partita con ansia, per potersi prendere la rivincita e dimostrare che quello dello scorso anno fu solo un passo falso.

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Da allora, però, molto è cambiato sia nei Rams che nei Bears, due squadre che, almeno fino ad oggi, hanno avuto una stagione deludente rispetto alle premesse, e sembrano lontane parenti di quelle che si affrontarono al Soldiers Field lo scorso anno.

Sunday night e palcoscenico nazionale, quindi, per una partita che sembra aver perso il fascino di inizio stagione. Reduci dalla sconfitta di Pittsburgh, i Rams tornano a casa dopo un mese di trasferte (inclusa quella di Londra) e ritrovano un Coliseum diviso a metà tra tifosi di casa ed ospiti.

I primi due drive offensivi danno l’idea della partita che sarà: i Bears arrivano con fatica sulle 30 offensive da dove Pineiro sbaglia un field goal, e sul primo possesso dei padroni di casa Todd Gurley perde palla facendo rientrare subito l’attacco dei Bears, che però si arena nuovamente sulle 31 yard avversarie giocandosi un quarto e nove, forse per non mandare nuovamente in campo Pineiro dalla stessa distanza.

I Rams rientrano in attacco e si inizia ad intravvedere quale sarà il game plan di McVay: palla a Gurley e pedalare. Il drive dura poco, però, perché un altro turnover (intercetto di Goff su un lancio forzato in doppia copertura) restituisce la palla ai Bears.

La difesa dei Rams ferma subito Trubinsky, ma un offside sul punt regala il primo down ai Bears, che però si arenano di nuovo intorno alle trenta yard. Entra Pineiro e… sbaglia nuovamente il field goal.

Lo score si muove finalmente nel drive successivo dei Rams, quando Zuerlein piazza la palla proprio a fil di palo per il 3-0 che accende (forse) la partita.

Un three-and-out per parte ci prepara per i fuochi d’artificio (beh… insomma… un paio di petardi e nulla più) della fine del primo tempo. Prima Troy Hill intercetta Trubinsky, poi Goff lascia finalmente partire un siluro in profondità per Cooper Kupp, il quale commette però un sanguinoso fumble sulla una yard. Fortunatamente la palla esce lateralmente e non dalla end zone (cosa che avrebbe regalato il touchback ai Bears), e nell’azione successiva Gurley torna a varcare la goal line dopo tempo immemore, ed i Rams vanno sul 10-0, che è anche il punteggio con cui si conclude il primo tempo.

All’inizio del secondo tempo, dopo aver costretto i Rams al punt, i Bears vanno finalmente fino in fondo andando a segno con un bel passaggio di Trubinsky per Tarik Cohen, ben coperto (ma non abbastanza) da Corey Littleton.

Per un attimo sembra che la partita possa accendersi, perché l’attacco dei Rams si ingolfa di nuovo e non riesce a chiudere un down nemmeno a pagare, ma più o meno lo stesso accade all’attacco dei Bears, per cui assistiamo alla sagra del three-and-out con punt annesso, pratica che viene momentaneamente interrotta da un defensive holding di Hill che nega un sack a Donald su un terzo e quattro.

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A metà del quarto periodo Goff si risveglia improvvisamente, si ricorda che ha il braccio per andare profondo e trova Josh Reynlods tutto solo in una post da 51 yard. Touchdown annullato per una penalità di formazione illegale da parte di Cooper Kupp, che si allinea male e lascia Withworth scoperto all’estremo della linea.
Tutto da rifare, quindi, ma qualche gioco più tardi è Malcolm Brown a varcare di potenza la goal line avversaria per il 17-7 che sarà anche lo score finale, nonostante Chicago tenti la carta Chase Daniel al posto di un (presunto) infortunato Trubinsky.

I Rams “vendicano” quindi la sconfitta del 2018 e tornano alla vittoria, pur lasciando comunque qualche dubbio di troppo.

In settimana la preoccupazione maggiore riguardava la linea d’attacco che, a causa degli infortuni, era completamente rivoluzionata. Austin Blythe passava da guardia a centro (ruolo per il quale era stato originariamente draftato, comunque), al suo posto come guardia sinistra entrava il nuovo acquisto Corbett ed a destra, guardia e tackle, faceva la sua apparizione il combo di rookie Edwards/Evans, con il solo Andre Whitworth a mantenere il suo posto di Left Tackle.
Nonostante lo spauracchio Khalil Mack e grazie ad alcuni accorgimenti in fase di disegno degli schemi, la linea d’attacco ha offerto una prestazione maiuscola, proteggendo ottimamente Goff in tasca (nessun sack ed una sola pressione) e aprendo ottimi varchi per Gurley e Brown. Certo, la semplificazione dal zone blocking al man blocking e l’aiuto costante di almeno uno dei due tight end in campo per bloccare ha avuto il suo peso, ma la prestazione positiva c’è comunque stata.

Chi, invece, ha deluso un po’, nonostante la prestazione ottima della linea d’attacco, è stato Jared Goff. Molti lanci imprecisi e forzati, un intercetto evitabile, un altro (che sarebbe stato un pick six sicuro) evitato grazie al drop di Fuller, che ha sprecato un’occasione d’oro sono i punti peggiori della prestazione di un quarterback che sembra piuttosto regredito rispetto alla scorsa stagione.

Con Cooks fuori e Woods inattivo a sorpresa per motivi personali e due dei tre tight end a disposizione un po’ acciaccati, il parco ricevitori dei Rams era piuttosto ristretto, questa domenica, ma un game plan molto orientato sulle corse ha ridotto al minimo le possibilità che le assenze potessero impattare troppo sul gioco aereo.

Difesa superba, a partire dalla linea, con il solito Donald incontenibile, per passare ai linebacker, con Littleton ubiquo e determinante e finire con la secondaria, che ha avuto in Troy Hill e Jalen Ramsey due baluardi insuperabili sul gioco aereo.

Leggera flessione per quanto riguarda gli special teams, con Hekker che per la prima volta in carriera ottiene 3 touchback, non riuscendo a fermare la palla dentro le 20 come suo solito.

La prossima settimana arriva un avversario molto più impegnativo, nupovamente sulla ribalta televisiva nazionale. Il Monday Night sarà infatti un affare tra i Rams ed i Ravens, ed il problema principale sarà contenere e fermare Lamar Jackson, attualmente candidato principale, assieme a Russel Wilson, al titolo di MVP della lega. Inutile dire che i Rams sono obbligati a vincere per mantenere vive le speranze di playoff.

Il tormento di Chicago non trova pace, un team che da 12 vittorie in una stagione si trova a metà novembre fuori dai giochi. Una offseason che non ha prodotto niente in termini di crescita, di sviluppo e di voglia di tornare in campo più forti di prima.

Il kicker resta un punto debole per i Bears, che dopo il doppio palo di Parkey si ritrovano un Eddie Pineiro che forse è pure peggio a questo punto visti gli errori che fioccano ogni partita. I sei incontri che restano al team dell’Illinois devono essere sfruttati come palestra per tentare diverse opzioni in vista del 2020.

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I calci però sono un problema marginale che può si costare caro ma che allo stesso tempo non sono rilevanti come il gioco sul gridiron, specie quando un capo allenatore si ostina a voler lanciare sul 3° e corto; Matt Nagy sbaglia, errare è umano, perseverare è diabolico.

Il coach di Chicago è passato dall’essere il migliore della NFL, al peggiore nel giro di una sola estate.

Pensare di non sviluppare il running game in un luogo come quello dela città del vento va contro natura, e la figuraccia del 2019 servirà da lezione. Nagy farebbe bene a riguardare qualche vecchia cassetta con le immagini di Red Grange, di Gale Sayers o di Walter Payton. Senza dubbio imparerà qualcosa. Non basta indossare il cappello alla George Halas, serve molto altro per vincere.

Il concetto di football è diventato statico e prevedibile con la complicità di un QB che, vista la sostituzione che lo vede fuori per scelta tecnica a favore di Chase Daniel negli ultimi minuti di gara con la vana speranza di tentare la rimonta, può considerarsi fuori dal progetto futuro dei Bears. Se anche Nagy alza bandiera bianca con Trubisky significa che il progetto di Ryan Pace ha fallito.  La stagione 2018 rimane un’illusione amplificata dalla voglia e dal talento di Khalil Mack che però da oltre un mese passeggia in campo ed è l’ombra di se stesso. Nessun giudizio negativo per il campione perché le colpe stanno in attacco e non in difesa, ma da un campione non ci si aspetta un lavoro da minimo sindacale.

Il lunedì mattina è l’ennesimo amaro di una stagione che ha tradito le aspettative, ma col senno di poi, anche una vittoria sarebbe stata inutile nelle economie vista la grande rimonta dei rivali di Minnesota; impensabile con questa incapacità di giocare di poter rimontare 3 partite in 6 turni al team di Mike Zimmer.

I Bears hanno deciso di chiudere la metà delle partite giocate a zero punti durante tutta l’annata in corso e di conseguenza non si scappa. La stagione del centenario si trasforma in quella del “3 and out season”.

Peccato, ora si attenderanno gli sviluppi e le decisioni della società che dovrà considerare se concedere a Nagy, Trubisky e Pace un’ultima chance (anche perché non ci sono pick al draft e non c’è salary cap nel 2020).

Occhi puntati al 2020.

Alex-Cavatton

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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