Up and Coming: Cleveland Browns

Up and Coming è una nuova rubrica di Huddle Magazine che vuole descrivere le squadre che sono in crescita nella NFL. Vi accompagneremo per otto settimane, scegliendo una squadra per division e raccontandovi quali caratteristiche ci possiamo aspettare da essa in questo 2017. L’obiettivo è avere un’anteprima di ciò che vedremo in questa lunga offseason per le franchigie che riteniamo possano cambiare di più in questo periodo. Nella speranza di riuscire a trovare delle nuove contender!

La speranza dei numeri

Solo due anni fa la situazione ai Cleveland Browns era disastrosa.
Il front office e la dirigenza calpestavano lo staff tecnico, mentre lo stesso cercava qualsiasi modo per lasciare l’Ohio. Emblematica fu la battaglia legale con Kyle Shanahan, fresco partecipante al Super Bowl LI, che cercò con successo di annullare il suo contratto da coordinatore con i Browns.
Nel 2015 la stagione finì 3-13, il GM Ray Farmer e l’allenatore Mike Pettine vennero allontanati. Il piano di Jimmy Haslam fu rivoluzionario: venne assunto Paul DePodesta, ex dipendente di Indians e Athletics di MLB, uno dei principali attori dietro il miracolo “moneyball” nel mondo del baseball. Il front office divenne particolare, con DePodesta in ruolo di Strategy Officer e Sashi Brown, un giovane avvocato ex-Jags, come GM.

La rivoluzione statistica che DePodesta portò nel baseball ha dato notevoli risultati sul campo, ma c’è tuttora molta difficoltà nel pensare a come un approccio di tal foggia possa ribaltare specificamente le sorti di una franchigia di football.
L’anno zero è andato male: 1-15, uno dei record peggiori della storia della NFL. L’head coach è Hue Jackson, stimato coordinatore offensivo che chiama anche i giochi in attacco. I risultati di Jackson nelle piazze in cui ha lavorato (Cincinnati, Oakland, Baltimore) sono evidenti, soprattutto nello sviluppare il talento dei giocatori.
Questo ci porta alla vera e propria rivoluzione dei Browns: massimizzare il talento in modo da mantenere il cap vuoto e avere spazio di manovra al momento in cui si arriva alla competitività.

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Emblematico, in questo senso, il primo anno dell’era DePodesta: degli undici rookie scelti al draft 2016, dieci hanno giocato. Cinque di essi (Emmanuel Ogbah, Carl Nassib, Derrick Kindred, Spencer Drango, Corey Coleman) hanno giocato il 50% degli snap nel loro ruolo, nonostante Kindred e Coleman fossero spesso infortunati.
Alex Mack è andato ad Atlanta a sfiorare il titolo, Karlos Dansby, Dwayne Bowe, Travis Benjamin e Tashaun Gipson sono emigrati anche loro. Questo si chiama rebuilding estremo, concetto che ci porta a questo 2017 e al prossimo draft.

2017: i nuovi Browns

Dal 27 al 29 aprile, a Philadelphia, ci sarà il draft. Cleveland si presenterà con 9 scelte, di cui tre nelle prime 33, quattro nelle prime 51. La curiosità attorno a ciò che faranno i Browns sale mentre si avvicinano queste date.
Un anno fa Cleveland scelse al terzo giro Cody Kessler, che finirà per giocare circa un terzo della stagione regolare. Il quarterback da USC attira DePodesta perché ha numeri notevolmente migliori dei suoi coetanei sul corto: 70% di completi nel range 0-10 yard dalla linea di scrimmage. Per intenderci, Dak Prescott era a circa il 50%; Cleveland ha visto in lui un giocatore affidabile da sviluppare a livello NFL, ma l’infortunio di RGIII, il titolare, ha costretto Kessler a entrare in campo prima del previsto. Lento nel rilascio e indeciso dietro la linea di scrimmage, il rookie non ha dimostrato di poter essere da subito un vincente come Prescott oppure Carson Wentz. Detto questo, non ci stupiremmo Cleveland stesse alla larga da un QB nelle prime sue due scelte al draft (1 e 12 assolute) semplicemente perché quelle caratteristiche di precisione sono destinate a rimanere, e i forati mesi da titolare per Kessler sarebbero un vero spreco a quel punto.

La linea offensiva, inoltre, sta lentamente migliorando. Il veterano Joe Thomas rimane uno dei migliori nella lega, e a lui si sono aggiunti i rookie Shon Coleman e Spencer Drango. Questi due giovani donano profondità, trasformando il ruolo di John Greco e Cameron Erving, zoppicanti in questa stagione, e dando loro tempo per tornare ai livelli del 2015, quando questa OL era considerata una delle migliori in NFL.

La situazione di gioventù diffusa si ha anche in difesa. Agli Ogbah e Nassib si aggiungono però alcuni veterani di alto livello, come Joe Haden e Jamie Collins, recentemente rinnovato. In pass rush manca più di qualcosa, così come nelle secondarie (28esime della nazione per QB rating concesso). C’è però abbondanza nel front seven, e c’è la possibilità che entrambe le prime scelte del primo giro vadano in difesa, con Myles Garrett alla 1 e un cornerback alla 12. In questo scenario Cleveland si troverebbe con una delle più giovani difese della NFL, i cui giocatori hanno anche un buon livello di esperienza.

Ben pochi i free agent per i Browns. Il più importante è Terrelle Pryor, ex quarterback reduce dalla prima stagione da 1000 yard come ricevitore. Le intenzioni di entrambe le parti coincidono: Pryor rimarrà, a meno di strani ribaltoni.

Marcus Gilchrist,Terrelle Pryor, browns jets

Tre dei primi cinque ricevitori sono comunque matricole 2016. Un ingrediente che spiega facilmente il 31esimo posto per questo attacco tutt’altro che talentuoso. Un quarterback arriverà, tramite trade, free agency o draft; l’obiettivo è quello di trovare un giocatore che si liberi presto del pallone, cosa che Kessler non ha fatto quest’anno. Una scelta alta al draft (secondo o terzo giro) sembra la strada da seguire qualora la strategia di DePodesta sia rispettata in tutto e per tutto.

Nel caso arrivi un QB veterano (come Jimmy Garoppolo o Tyrod Taylor) questo ci darebbe un indizio: DePodesta crede di poter vincere più di qualche partita. Se così non fosse, non avrebbe senso firmare un veterano a un prezzo alto solo per vederlo soccombere. Sia chiaro: ai nuovi Browns non interessa nulla del record, o perlomeno non nell’immediato. Interessa solamente creare una situazione economica stabile che garantisca statisticamente un buon rendimento. Si tratta di un’architettura poco rischiosa e, come tale, non può avere obiettivi di classifica altisonanti nel breve.

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Previsioni impossibili

Il cambio di alcune pedine nel coaching staff (Gregg Williams come DC e il sesantenne David Lee come allenatore dei quarterback) iniettano altra incertezza sui Browns. Ci sarà un cambio anche di schema base in difesa – ammesso conti ancora qualcosa nella NFL moderna – e quindi pensare a quali Browns vedremo quando si tornerà in campo a settembre sembra più che prematuro.

Stabilito questo, la strada intrapresa da DePodesta ci sembra, finalmente, un grosso cambio di rotta rispetto al passato recente di questa franchigia. I Browns sono quelli che draftarono Johnny Manziel e Justin Gilbert, oltre a Trent Richardson in precedenza. Tra quella Cleveland e questa, che quantomeno ha una direzione stabilita, sceglieremmo sempre quest’ultima, fossimo tifosi della Dawg Pound.

Quando finalmente Hue Jackson sceglierà il suo quarterback potremo allargarci, analizzare la schedule, e capire se i Browns possano arrivare a un record decoroso (.500 o giù di lì). Per ora possiamo unicamente prendere nota di quanto il roster, giovane, sia potenzialmente uno dei più in crescita in NFL.
Sviluppare il talento dei molti inesperti giocatori dei Browns è l’assoluta priorità, e l’aspetto sul quale si incrocia la strategia di DePodesta e il rendimento di una generica squadra di football.
Questa la vera strada per arrivare ad avere una franchigia competitiva su un campo da football, l’unico che, dopo le affermazioni di Cavaliers e Indians, ne ha vitale bisogno in una città affamata di riscatto.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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