Carpe Diem: una partita vista dal Black Hole dei Raiders

Ci sono coincidenze e segnali che bisogna saper cogliere, oltre alla fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto. Carpe Diem, appunto.

Quando mi hanno detto “già che vai a Sydney, passeresti a Los Angeles (!) per visitare dei clienti?”, mi sono solo immaginato le 50 interminabili ore sospeso in aria che mi aspettavano, ma poi ho anche pensato che sarei stato in USA in una domenica di football e quindi ho setacciato il calendario di Week 14, quando lo sguardo è calato sul Sunday Night, Steelers at Raiders.

“Sì, ma i Raiders giocano ad Oakland, tu sei a Los Angeles.”
“E’ vero cavolo, in macchina sono almeno 12 ore tra andata e ritorno, e lunedì hai un appuntamento”
“Ma in aereo è un’ora”
“Vabbè, ma l’aereo mica è gratis, e nemmeno la macchina, fra l’altro”
“Aspetta, ma hai 128 trilioni di miglia aeree, usale no?”
“Porca miseria hai ragione! Vediamo…volo LA-San Francisco…11$ più 25.000 miglia, vai, lo compro, fa niente se tra domenica e lunedì ho due sveglie alle 3 del mattino”

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Questo, tra me e me, è stato il veloce scambio di battute.

Ok, a Oakland ci arriviamo, adesso il biglietto della partita. Mi sono ricordato che seguivo una mailing list dei tifosi Raiders, mi sono re-iscritto e ho chiesto aiuto e info su tutti gli aspetti che riguardavano la giornata, i trasporti, i posti, l’arrivo, l’uscita, in modo da non arrivare come l’ultimo degli sprovveduti. Sono stati molto di aiuto, poi ho deciso di farmi il regalo di Natale, c’era un posto nel Black Hole su StubHub, a circa 150$, al diavolo, Carpe Diem.

Domenica mattina, aereo ore 7, arrivo a San Francisco ore 8,30, posiamo le quisquilie in albergo, chiamata a Uber (sempre sia lodato) e si va al Coliseum. Cerco il lotto del parcheggio dove un mio “amico” organizza il tailgate da 8 anni
Il tailgate è un’invenzione bellissima, tutto il parcheggio intorno allo stadio è invaso di tendoni sotto i quali i tifosi si ammazzano sì, ma di carne, birra e superalcolici. Ci sono dei Van con dei subwoofer al posto delle porte posteriori, TV da 60″ che trasmettono le altre partite in corso, tifosi mascherati, complessini messicani con basso tuba, trombe e batteria e gente intorno che balla.

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Ci sono tanti, tantissimi tifosi degli Steelers e l’atmosfera è allegra, tanti bambini, c’è anche parecchia polizia e diversi agenti accettano le cibarie degli “standisti”, delle vedette rialzate stile Baywatch controllano che tutto si svolga nel migliore dei modi, maialini allo spiedo, costate alte 6 centimetri e, in qualche angolo speciale e nascosto, anche qualche lattina di coca cola (su Facebook trovate i video).

Manca un’ora e mezza all’inizio della partita ed è il momento di entrare allo stadio, non mi voglio perdere niente, va bene la carne, ma la porta del santuario va finalmente varcata. Entrando, salgo in alto per vedere l’estensione dei vari tailgate e fa impressione, considerando che quello che osservo è solo una parte di quello che c’è intorno al Coliseum.
Finalmente mi affaccio al campo per vedere la strada da fare per arrivare al mio posto: la visione è splendida, finora vista solo in TV centinaia di volte.
La mia poltroncina è solamente agli antipodi, meglio, così mi faccio tutto il giro dell’impianto che, ovviamente è la casa anche degli A’s (mannaggia a loro e all’infield di terra) e le gigantografie degli eroi gialloverdi (quelli seri) campeggiano dappertutto.

Arrivo finalmente nella sezione 104: fila 11, posto 6 sono le coordinate; visto che non c’è ancora nessuno (lo stadio non sarà pieno fino a metà del primo quarto almeno) mi fiondo sul parapetto che dà sul campo, sono a pochi metri dalla endzone e dall’erba colorata di neroargento e non nascondo che l’emozione c’è.

Si stanno scaldando i kicking team di entrambe le squadre, poi arriva la difesa Steelers, il loro #25 Burns si avvicina e parlotta con dei ragazzini a fianco a me, poi giocano un po’ a lanciarsi lo sferoide prolato prima che lui torni ai suoi drill. Anche Jalen Richard, il RB di casa, viene a salutare, qualche foto, un autografo e via.

Addirittura il capo arbitro, accompagnato dal ref donna (credo l’unica della NFL), scambia due parole col famoso tifoso Gorilla, non ci sono fischi o insulti, il tutto è molto festoso. Il rituale continua, evidentemente il Black Hole è luogo molto rispettato, con lo storico LB dei Raiders, Phil Villapiano, che accompagna dalle nostre parti Franco Harris, leggendario RB di Pittsburgh degli anni 70, quando la rivalità tra le due squadre era al top. Riesco a stringergli una mano e fare una foto, ma l’impressione che fa è abbastanza malinconica, fatica a camminare ed a parlare: evidentemente una carriera piena di botte, quando con gli infortuni si conviveva a furia di antidolorifici, quando le commozioni cerebrali non erano nemmeno tenute in considerazione, ha lasciato un grosso segno. Arriva la linea di difesa dei Raiders, sono enormi e ci se ne rende conto solo quando li hai a cinque metri di distanza.

santini harris coliseum

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Realizzo che da quella zona degli spalti, molto pittoresca e dalla lunga tradizione, della partita vedrò bene forse la metà, quando le squadre saranno nella metà campo dalla nostra parte, ma dall’altra mi dovrò affidare ai megaschermi. Ma credo di poter sopravvivere lo stesso. Inno nazionale con una fantastica tromba solista e tradizionale accensione della torcia dedicata ad Al Davis, questa volta l’onore tocca al famosissimo giocatore di baseball ex A’s ovviamente, Reggie Jackson.
Finalmente inizia la partita, che non starò a raccontarvi perchè su Huddle trovate di tutto di più, preferisco concentrarmi sulle emozioni e sugli attimi che ho vissuto.

Il Black Hole è molto più tranquillo di quello che pensavo, un po’ di delusione c’è, i tifosi sono caldi, molti pittoreschi, ma non è quella bolgia che mi aspettavo. Forse la stagione negativa pesa, forse ci sono molti più controlli e sorveglianza rispetto a una volta e anche se non mancano anime perse e ubriache che biascicano insulti e poi si addormentano, non ci sono episodi da guerra di gang; magari la prospettiva di essere cacciati al primo contatto fisico è un buon deterrente.

I tifosi sono parecchio rumorosi e partecipano, ogni 3rd down di Pittsburgh è caratterizzato da rumore assordante, ogni primo down dei Raiders salutato da un collettivo “YEAH!”
I tifosi Steelers si fanno sentire, ce ne sono parecchi anche intorno a me, ma è sempre tutto molto sotto controllo. Il primo TD è proprio dalla nostra parte e lo vedo perfettamente, l’unico vantaggio della postazione è che si sentono anche i rumori dal campo, i caschi e le armature che collidono, le voci dei protagonisti e lo snap count dei quarterback (su Facebook trovate i video).

All’inizio della partita ero abbastanza tranquillo, quasi distaccato, ma più si andava avanti e più mi lasciavo andare.
L’ultimo quarto è stato un’alternanza di gioie e delusioni: il penultimo TD figlio di un drive bellissimo condotto da Carr, il rientro di Roethlisberger che guida con facilità al TD del vantaggio Steelers a una manciata di minuti dalla fine, la risposta dei Raiders con il TD del 24-21 a -21 secondi, il gioco trucco per Smith-Schuster che a pochi istanti dal termine mette sui piedi di Boswell il FG del possibile OT e infine il calcio sbagliato che mi fa esultare come un bambino, abbracciando e dando high-five a sconosciuti compagni di tifo.

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Rimaniamo tutti un po’ inchiodati ai nostri posti a guardarci attorno estasiati, mentre le squadre si salutano a metà campo; il coro “Raaaaaaideeeerrs” cantato dallo stadio, l’Autumn Wind a tutto volume rimarranno nel mio ricordo e sarà sempre un brivido pensarci. Lo stesso coro ci sarà durante l’uscita dallo stadio, durante la camminata verso la stazione ferroviaria e durante l’attesa del treno.

E mentre sono seduto nel vagone penso che per quella gente, questa è probabilmente la penultima partita che vedranno in quello stadio dopo tantissimi anni, penso che la franchigia li ha lasciati una volta 36 anni fa per Los Angeles e lo farà ancora l’anno prossimo per Las Vegas (virtualmente, perchè non si sa dove giocheranno la stagione 2019), penso a quanto dev’essere duro vedere la propria squadra andare via, non potendo più fare i tailgate, non potendo più soffrire al Coliseum e non prendendo più quel treno per la città.

Penso che nonostante queste cose, nonostante il fatto che in fondo la partita non contasse praticamente niente per i Raiders e nonostante la stagione sia da buttare, i tifosi hanno dimostrato tutto il loro amore incondizionato a questi colori per tutti i 60 minuti, urlando, incitando i giocatori che hanno ricambiato giocando alla morte.
Nessun rancore, nessuna protesta, solo una grande rassegnazione molto composta e dignitosa, nella quale mi sono trovato coinvolto.
Per quanto mi riguarda, uno dei grandi desideri della mia vita sportiva si è avverato: vedere i Raiders, ad Oakland, nel Black Hole, il tutto condito da una vittoria insperata e impronosticabile, non posso davvero chiedere di più stasera.

Ero là, nel posto perfetto al momento perfetto.

Carpe Diem.

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