NCAA: Central Florida campione nazionale (o no?)

La rivendicazione del titolo di campione nazionale 2017 da parte di Central Florida (UCF abbreviato) è ufficialmente nel libro dei record. Con la NCAA che ha pubblicato la sua lista annuale di record sia individuali che di squadra, per la stagione 2018, che trovate QUI, la sezione sui campioni nazionali riconosce la scelta di UCF di Colley Matrix come vincitore del titolo della stagione.

central florida

Il segno più (+) si riferisce a questa sezione:

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“A partire dal 2014, il College Football Playoff è stato utilizzato per determinare i campioni nazionali in FBS. Tutti i “principali selettori” (major selector) non elencati in questa lista hanno a loro volta scelto il campione CFP come la squadra più votata nelle rispettive stagioni. Negli anni in cui un “selettore principale” ha avuto una squadra diversa dal campione CFP come squadra con il punteggio più alto nel suo poll finale, quella squadra è elencata sotto il campione CFP.”

In questo caso, Colley Matrix è considerato un principale selettore, non a torto essendo stato uno dei ranker ufficiali del Bowl Championship Series, il che ha conferito legittimità alle affermazioni di UCF quando il suo algoritmo ha scelto i Knights (13-0) piuttosto che Alabama come campione nazionale. Infatti, il direttore atletico della UCF Danny White ha fatto riferimento alla classifica di Colley, anche se non direttamente, quando ha spiegato perché il college di Orlando rivendica il titolo nazionale dopo la vittoria 34-27 su Auburn nel Chick-fil-A Peach Bowl:

“[…] Non so come si possa decidere un vero campione nazionale con quattro squadre selezionate da un comitato. Non ha alcun senso. È l’unico sport in America in cui non viene deciso sul campo o in un palazzetto. […] Sentiamo fortemente che i nostri ragazzi meritano – ci sono diversi sondaggi informatici che sono d’accordo con noi – di essere chiamati campioni nazionali. Dall’alba del college football, è sempre successo. In questa circostanza, certamente come ha giocato il Peach Bowl, [Auburn] ha una grande squadra. Auburn ha battuto Georgia e Alabama. C’è un caso convincente che la nostra squadra meriti di essere campione nazionale, stante l’assenza di un sistema, un playoff espanso, che lo decida veramente sul campo.

Se c’è un ex giocatore di football della XYZ University che ha rivendicato un campionato nazionale nel 1992, insieme a una o due altre scuole che hanno anch’esse rivendicato un campionato nazionale, questo è un aspetto importante di quello che è: un giocatore campione nazionale di football per la sua alma mater. Ci sono un sacco di esempi: squadre che non hanno realizzato quello che il nostro team ha fatto quest’anno. Quindi, se è stato sufficiente per quei ragazzi che ora sono cresciuti e rivendicano un campionato nazionale, allora perché non i nostri ragazzi? Sono andati 13-0 quando nessun altro nel paese lo ha fatto. E hanno fatto tutto quello che era in loro potere. Ciò che era fuori dal loro controllo era che nessun altro ha finito imbattuto. Questo è parte della vicenda. Mi sento come leader e direttore atletico, che è mio compito dare sempre la priorità ai nostri studenti-atleti. Lo farò sempre. E ho intenzione di combattere per loro quando appropriato e sento che è appropriato combattere per loro in questo momento”.

Central Florida 2017

Le parole di White, per quanto enfatiche, sottolineano un fatto sotto gli occhi di tutti, ovvero che il college football è uno sport strano, che fa della fumosità dei suoi atti conclusivi, una sorta di marchio di fabbrica.

Una breve digressione sulla NCAA è necessaria: il college football è l’unico sport tra i principali seguiti dagli americani, che non elegge un campione nazionale ufficiale. La NCAA nei suoi libri riporta scelte fatte da altri e risultati di gare organizzate senza l’imprimatur dell’ufficialità per il titolo. Questo ha ovviamente creato negli anni situazioni come più campioni nazionali in coabitazione, oltre a fiumi di polemiche sui periodi in cui i poll venivano rilasciati, o sulle meccaniche che vi stavano dietro.

Molti programmi rivendicano titoli nazionali basati sulla presenza al primo posto nel ranking di un selettore: il titolo che rivendica Alabama per il 1941 è letteralmente basato sull’opinione di un uomo, Carroll Everald Houlgate, Ohio State si definisce campione nel 1970, nonostante l’unico selezionatore ad avere i Buckeyes #1, la National Football Foundation, presentava anche Texas nella stessa posizione, quest’ultima scelta da altri quattro selettori. Texas A&M rivendica il titolo del 1927 basandosi su nient’altro che un rating computerizzato, il Sagarin, che è arrivato decenni dopo, Kentucky idem per il titolo del 1950. L’affermazione del 1939 di USC è basata almeno su una formula matematica che era in circolazione all’epoca, il Dickinson System, il primo ad ottenere un riconoscimento generale negli Stati Uniti prima dell’avvento dei poll umani con AP Poll nel 1936.

I passi in avanti per superare questo impasse sono arrivati dal periodo della BCS, che nel ranking composito comprendeva poll umani e poll elettronici, e spediva le due migliori squadre allo spareggio per il tiolo, e successivamente dal sistema dei College Football Playoff determinato da un poll umano formato da un fritto misto di addetti ai lavori. Questi sistemi, dato l’esiguo numero di squadre che accedevano alla lotta per il titolo, hanno sempre creato molte polemiche principalmente perché i poll umani vengono accusati di non essere univoci nelle scelte e di dare spazio a sensazioni non documentabili in vece di risultati di gare o, al massimo, più giuste formule matematiche, garanzia di equità.

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Lo spartiacque della vittoria sul campo è stato quindi si, inserito, ma riguardando per ora solo quattro squadre, viene ancora reputato come grossolano, ingiusto, soprattutto in virtù del fatto che in FBS sono presenti dieci conference e che ogni anno di dieci campioni di conference, sei rimangono fuori da questo esclusivissimo gran ballo finale.

Ma come molti sanno, ci sono Conference e Conference, e i campioni della Sun Belt, per dirne una, prenderebbero solo delle legnate dai campioni della SEC, in caso di gara secca, questo è quasi sempre dimostrato nel periodo dei Bowl quando tutte le squadre di record positivo (più vittorie che sconfitte o, al massimo, stesso numero di vittorie e sconfitte, con qualche ripescaggio se necessario) si scontrano in gara secca per chiudere la stagione con un match di prestigio. In questi Bowl, è molto raro vedere squadre che fanno parte delle cinque principali Conference (Big Ten, Big XII, SEC, Pac-12, ACC) che vengono sconfitte da altre al di fuori di questo giro, fossero anche le campionesse in carica. La cronistoria dei Bowl e del perdurante dominio delle Power 5 è sotto gli occhi di tutti, ben documentato dagli albi d’oro di queste gare. Questa considerazione è a monte di molti comportamenti in NCAA: dalla necessità di college indipendenti e di conference non Power 5 di costruirsi schedule “complicate” per legittimare il proprio valore, alla scelta delle reclute di andare in college prestigiosi pur dovendo emergere in un contesto molto più competitivo, dagli spostamenti da Conference a Conference di certi programmi alla ricerca di visibilità, ai balzi enormi di certi college storici nei ranking a fronte di una sola vittoria seppur di prestigio.

Ma quando alla fine dell’anno, l’unica squadra imbattuta della NCAA, è Central Florida campionessa della American Athletic Conference (AAC, che non fa parte delle Power 5), e questa non viene selezionata per i playoff, poi al Bowl batte Auburn (SEC), l’unica squadra che ha battuto la futura campionessa nazionale Alabama, a quel punto il sistema, se lo si guarda in maniera oggettiva, cortocircuita.

E cortocircuita in maniera particolare perché fino a che le polemiche su chi meritava di essere tra le prime rimanevano nel limbo delle chiacchiere da bar, era pur sempre aria fritta, ma quando su un documento ufficiale risulta che il selettore Colley Matrix (un poll computerizzato) vota per Central Florida come campione nazionale, la cosa è ben diversa.

Questo non significa che Colley Matrix possegga la verità, anzi i sistemi computerizzati, che hanno algoritmi praticamente segreti, spesso non tengono conto di fattori oggettivamente fondamentali come il margine di vittoria, anzi in epoca di BCS il margine di vittoria era espressamente vietato come elemento di elaborazione del ranking.

Shaquem Griffin: Non ditemi quello che non posso fare!

Colley Matrix, che è una derivazione del vecchissimo sistema del winning percentage, per alcuni sembra escludere un elemento come la strength of schedule, come su un vecchio pezzo di ThePowerRank.com, tuttavia per bocca dello stesso Wes Colley questo elemento è presente nei calcoli come indicato in questo pezzo di Inverse.com. Proprio la strength of schedule rappresenta l’elemento più difficile e controverso da calcolare con precisione, per un ranking computerizzato, nel caso di Colley sembra abbia inciso l’avversario FCS di Alabama ed un livello maggiore di qualità in AAC rispetto agli scorsi anni, Memphis in testa. Ma Colley ha anche tenuto a precisare che

“È così difficile per gli umani tenere traccia andando a fondo nell’analisi e dire quanto vale una Nevada rispetto a una Michigan State. Penso che sia semplicemente la natura umana a gravitare verso ciò che sappiamo e ciò che possiamo spremere dal nostro cervello. Le classifiche dei computer ti danno quella visione olistica che è molto difficile per una mente umana da ottenere. Per me, praticamente ogni settimana sarò sorpreso da qualcosa nella mia classifica e poi vabbè, okay, Nevada ha battuto BYU e questo si rivela essere una vittoria importante. Se non avessi un computer, mi mancherebbe, come tutti gli altri.”

C’è però qualche tifoso un po’ troppo fanatico che, per una classifica generata da un software, crede che un elemento non indifferente venga dal fatto che Colley lavori per la University of Alabama-Huntsville, e che tra lei e Alabama-Tuscaloosa ci sia quella “antipatia” che abbia governato questo risultato sorprendente che nega ai Crimson Tide l’unanime ed universale crisma del campione nazionale, dimenticando che la formula del ranking è pubblica e quindi il ranking ricalcolabile a piacere da chi è in grado.

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E se un uso disinvolto dei selettori è stato fatto negli anni da diverse squadre delle Power 5, come biasimare la piccola UCF se ora porta avanti lo stesso metodo per autodefinirsi campione nazionale?  Sarebbe forse più conveniente cercare di lavorare affinchè questi episodi non si ripresentino e allargare i playoff, pur sapendo che la NCAA si presenterà sempre refrattaria a porsi come traino per queste decisioni e che la storia del football collegiale ha sempre remato per tutt’altro.

Diciamo che una March Madness è ancora molto lontana dal materializzarsi sui campi universitari.

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Un Commento

  1. Prima del Bowl contro Auburn hanno battuto solo squadre fuori ranking. Senza nulla togliere al lavoro di Frost, avrei voluto vederli contro una delle 4 arrivate alle finals per il titolo

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