Shaquem Griffin: Non ditemi quello che non posso fare!
“I limiti, come le paure, sono spesso solo un’illusione”.
Il titolare di questo mantra, nell’estate del 1995 si trova in California dove sta recitando la parte da protagonista nel film “Space Jam”, allo stesso tempo si sta sottoponendo ad una preparazione atletica che solo pochi eletti dello sport potrebbero sopportare perchè da un paio di mesi ha annunciato: “I’m back!”. Eh già, Michael Jordan tornerà a giocare nella NBA, o meglio, a dominare la NBA perchè per i successivi 3 anni il titolo andrà sempre ed inesorabilmente a Chicago; ma la storia che voglio raccontarvi si svolge dalla parte opposta della west coast, precisamente a St. Petersburg (Florida) quando proprio in un giorno di quell’estate del è95, giornata di sicuro soleggiata perchè la città vanta la media di 361 giorni di sole all’anno, i coniugi Terry e Tangie Griffin danno al mondo i gemelli Shaquill e Shaquem.
I ragazzi crescono nella “San Pietroburgo” d’oltreoceano, coccolati da loro padre, primo vero maestro di vita, che gli sprona di continuo a fare di meglio e a non arrendersi mai; Shaquill, maggiore di qualche minuto, promette davvero bene come cornerback già negli Spartans, la squadra del liceo locale, e successivamente nei Knights della University of Central Florida guadagnando l’invito al combine del 2017, dove si metterà in mostra come uno dei top performer nei defensive back: sarà scelto dai Seahawks come 90esimo assoluto durante il terzo giro e chiuderà la sua stagione da rookie con 59 tackle combinati, 15 passaggi deflettati, un intercetto e un sack in 15 partite di cui 11 da titolare.
Adesso il discorso deve indubbiamente spostarsi sul fratello “minore” Shaquem. Non si può dire che abbia avuto la stessa adolescenza spensierata di Shaquill; ci deve essere stata qualche complicazione nella pancia di mamma Tangie perchè quando Shaquem esce i medici si rendono subito conto che la mano sinistra non si è sviluppata correttamente: soffre della sindrome da banda amniotica che si verifica quando il nascituro si ritrova bloccato con dei movimenti limitati e che può causare difetti diversi a seconda della parte interessata.Purtroppo la mano sarà destinata a rimanere cosi per tutta la vita ed oltre al fatto che non potrà avere le stesse mobilità della destra, ci sono buone possibilità che il bambino provi un dolore molto intenso soprattutto durante il periodo della crescita. Sembrava un giorno come un altro quando 4 anni dopo mamma Tangie entra in cucina e scopre il piccolo Shaquem con un coltello in mano: la sofferenza del bambino fu tale che lo spinse a provare tagliare via da solo quella maledetta mano; i genitori non ebbero più dubbi e qualche giorno dopo si recarono in ospedale per l’amputazione.
Questa è la frase che Shaquem deve aver scritto in ogni angolo della sua cameretta, ma prima di tutto nella sua testa, perchè d’ora in poi decide che tutto avrebbe meritato almeno un tentativo, ma sopra ad ogni cosa gli interessava essere giudicato per quello che aveva e non però quello che non aveva; e perchè no anche nel football.
Il suo percorso sportivo è lo stesso del fratello tranne che per la posizione in campo perchè essendo leggermente più alto ma sopratutto più pesante, nonostante la mancanza di un arto, giocherà da linebacker: qui però è necessario tornare per un attimo a parlare di suo fratello Shaquill e di quanto 2 fratelli possano essere legati: negli ultimi anni della high school sono molte le università ad interessarsi del cornerback ma lui accetterà solo quella che sarà disposta a prendere anche il fratello minore.
Evidentemente stiamo parlando di una famiglia i cui ideali dovrebbero essere presi da esempio, perchè a volte un fatto tragico tende ad indebolire la fiamma attorno alla quale si uniscono e crescono genitori e figli, non in questo caso però perchè i Griffin ne sono usciti ancora più forti. Papà Terry decide di seguire al 100% il pensiero del figlio minore, al punto da costruirgli una sbarra per i pesi modificata affinchè possa allenarsi come tutti gli altri; gli sforzi ci sono tutti ma nei primi 2 anni alla UCF sotto coach O’Leary fa molta fatica e non riesce mai a farsi dare quell’opportunità che sogna da tempo.
In questi casi nei quali a volte la voglia e la determinazione non sono sufficienti allora serve l’aiuto di qualcun altro che non sia il padre o il fratello: mi riferisco a Scott Frost, con passato da panchinaro come quarterback e safety nella NFL, decide di ritirarsi nel 2003 per intraprendere la carriera da allenatore ed è proprio sotto questa veste che nel 2016 arriva in Florida.L’arrivo ai Knights di Frost come head coach sarà decisivo sia per risollevare le sorti della squadra, che nel 2015 aveva chiuso con 0 vittorie e 12 sconfitte, ma soprattutto per riportare Shaquem sul giusto cammino.
[quote font_size=”18″ font_style=”italic” color=”#ffffff” bgcolor=”#dd8500″ arrow=”yes”]“E’ arrivato e mi ha condotto verso la luce concedendomi l’opportunità che aspettavo da quando sono arrivato a UCF… e ne ho approfittato.”[/quote]Durante il primo anno con Frost, viene nominato miglior difensore dell’anno dell’American Athletic Conference; ma è la stagione seguente a consacrarlo definitivamente: la squadra termina il campionato da imbattuta con 13 vittorie, vince il Championship della AAC contro i Tigers di Memphis e il 1° gennaio di quest’anno trionfa al Peach Bowl contro ancora dei Tigers, questa volta però di Auburn, con Griffin premiato come MVP difensivo della partita.
Se questo non vi fosse bastato, prima dell’inizio del combine 2018, al quale viene ovviamente invitato, rilascia una dichiarazione davanti alla quale dovremmo metterci seduti con carta e penna a prendere appunti:
[quote font_size=”18″ font_style=”italic” color=”#ffffff” bgcolor=”#dd8500″ arrow=”yes”]“Non mi definisco e non mi piace che mi definiscano per le mie vittorie e i miei successi, ma preferisco definirmi per le avversità che ho attraversato e per la mia perseveranza.”[/quote]Ha ragione Shaquem, molte volte si tende a giudicare una persona o un atleta in base alle sue vittorie o alle sue sconfitte, ma il discorso da fare è molto più ampio e molto più profondo; però ci sono persone come lo stesso Griffin che ci insegnano ad affrontare questo tipo di discorso, a guardare oltre un semplice risultato, perchè non è l’esito di una singola partita a fare di un giocatore un vincente ma è il percorso che ha affrontato a dirci la verità e sotto questo punto di vista Shaquem è un vincente a tutti gli effetti.
Per non fare mancare nulla è riuscito a stupire tutti persino nella combine sopracitata: nel salto in lungo da fermo arriva a 2 metri e 97 cm, impiega 4,38 secondi a percorrere le 40 yard (record assoluto per i linebacker) ed effettua 20 ripetizioni alla panca (102 kg circa), attraverso una protesi usata per facilitargli la presa. Queste cifre non sono passate inosservate e sono stati molti i giocatori che inevitabilmente hanno “tifato” affinchè facesse delle buone prestazioni, ma nessuno si sarebbe aspettato quello di cui è stato capace; al termine dei 4 giorni i “tweet” non si sono sprecati: “Shaquem Griffin, ha chiuso i giochi” (J.J. Watt) – “Se non viene scelto nei primi 2 giorni vuol dire che c’è qualcosa che non va nel sistema!” (Richard Sherman) – “Griffin, The Truth” (Marshon Lattimore).
I pronostici al prossimo draft lo mettono al 5°/6° giro, è inevitabile il discorso che affronteranno i vari coach riguardo i “limiti” fisici del ragazzo e fino a che punto potranno penalizzarlo ma dovranno anche valutare l’istinto, la velocità di gioco e la tecnica che possiede; la mia speranza, ma credo sia un po’ quella di tutti, nel caso ci sia una squadra disposta a prenderlo è che sia anche disposta a dargli l’opportunità che merita, proprio come fece coach Frost, poi potranno tranquillamente dire che non sia abbastanza bravo ma avranno davanti un ragazzo che non è per niente abituato a mollare.
Ho iniziato con la frase di Jordan, che disse per la prima volta nel 2009 quando venne introdotto nella Hall Of Fame, perchè è senza dubbio la più appropriata per Griffin: fortunatamente abbiamo tanti esempi di ragazzi come Shaquem che sono riusciti a stravolgere le sorti del loro destino trovando la forza nelle debolezze; nella sua vita c’è un “limite” fisico di non poco conto, oltre a quello psicologico che ne può derivare, ma ha scelto di affrontarlo a muso duro in una delle discipline che fanno della componente fisica una delle più importanti.
La scelta di virgolettare sempre la parola “limite” non è affatto casuale perchè proprio come dice MJ “il limite spesso è solo un illusione” e adesso chi, meglio di Shaquem Griffin, ce lo può ricordare?
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La citazione da “Lost” è un tocco di classe.
Moreno Colombero Manuel Macrì
Minchia i brividi..
Sarà interessante vedere cosa combinerà
Marco GrassiOttoboni CesareDonalizio Francesco Dottori
Cc Davide Lecchi