[NFL] Week 6: Fantasmi del passato (Miami Dolphins vs Atlanta Falcons 20-17)

Ad inizio stagione c’erano molte curiosità da scoprire: una delle maggiori era capire se e come gli Atlanta Falcons avrebbero superato il trauma di un Super Bowl condotto magistralmente fino al 28-3 e poi buttato letteralmente nello scarico tirando l’acqua. La squadra sulla carta sembrava più o meno intatta con la sola partenza di Kyle Shanahan e l’avvento di Steve Sarkisian nel ruolo di OC come unica variazione di rilievo. Sono forti, sapranno rialzarsi, si diceva. Poi si è iniziato a giocare.

Alla prima giornata i Bears si sono trovati a distanza di un drop sulla linea delle 2 yard dal rimontare 10 punti di scarto. Alla terza giornata è stata la volta dei Lions a trovarsi sotto 17-6 e a riuscire a rimontare prima di arrendersi. Alla quarta giornata i Falcons erano nuovamente in vantaggio all’intervallo in casa contro Buffalo prima di farsi rimontare e, stavolta, perdere. E domenica pomeriggio è stato il turno dei Miami Dolphins, ultimi in quasi tutte le categorie statistiche d’attacco (vedi foto), rimontare dallo 0-17 di metà gara e sbancare un Mercedes Benz Stadium tanto nuovo quanto ammutolito dalla seconda sconfitta casalinga in due gare subita in rimonta. Fa un totale di 72-40 per gli avversari nel secondo tempo, quest’anno. E già lo scorso anno i Falcons si erano fatti rimontare altre quattro volte, prima del tragico Super Bowl di Houston: davvero, i fantasmi del passato ad Atlanta si devono trovare proprio bene…

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Tutto il primo tempo della partita è riassumibile in un semplice pensiero: i Falcons sono la squadra più forte, e si vede. Adam Gase, probabilmente, era consapevole di ciò fin dall’inizio. Reduce da un avvio di stagione per il quale l’aggettivo ‘tormentato’ è parecchio riduttivo, il coach dei Miami Dolphins ha cercato di insistere il più possibile su quelli che, ad ora, sono i due punti di forza più evidenti della sua squadra: la difesa e Jay Ajayi.

La difesa ha iniziato subito aggressiva, sull’onda di una ritrovata front seven, cercando (per quanto possibile) di forzare la mano all’attacco dei Falcons. Nel primo drive riescono a soffocare il gioco di corsa e a contenere i Falcons ad un solo field goal dalle 50 yard. Nel successivo drive entra in scena l’attacco di Miami e si capisce subito che il piano è “più Jay, meno Jay”, dove il primo è Ajayi e il secondo è Cutler. La difesa di casa però non è lì per guardare e per gli ospiti arriva il primo punt.

I Falcons riprendono palla e cambiano passo. Anche se Julio Jones è un matchup inaffrontabile per chiunque il passaggio da 50 yard che Ryan spara in end zone non è per lui ma per Marvin Hall, ricevitore firmato pochi giorni prima dalla practice squad e del quale gli scout dicono una cosa: veloce. 10-0. Miami ci sta provando ma in attacco fra le due squadre c’è una differenza abissale; Matt Ryan (alla sua 59esima gara di fila con almeno 200 yard passate) comanda con precisione una macchina rodata, Jay Cutler (che col suo attacco aveva finora segnato solo tre touchdown offensivi in quattro partite), continua a lanciare troppo corto, troppo lungo, troppo a destra o troppo a sinistra con una frequenza preoccupante.

In quel momento Gase rompe gli indugi, e scatena Jay Ajayi. Il ragazzo londinese corre quattro volte consecutive, guadagnando 15, 5, 9 e 6 yard ben supportato dalla sua linea offensiva e senza che la difesa dei Falcons riesca a farci granchè. Poi però deve rifiatare, torna in panca e il drive si impalla. I Dolphins escono dal campo avendo forse capito di avere una possibilità.

A metà del quarto Devonta Freeman esplode in una corsa da 44 yard seminando difensori come birilli. Questa azione sarà il punto di partenza del secondo touchdown dei Falcons, che segnano con Tevin Coleman e scappano avanti 17-0 a cinque minuti e mezzo dall’intervallo. La partita sembra segnata. Miami riprende in attacco, guadagna qualcosina, due penalità consecutive dei Falcons (entrambe parecchio evitabili) la tengono in gioco finchè su un 2&15 un ottimo Deion Jones non anticipa secco Cutler sull’unico ricevitore “libero”, intercetta il pallone e chiude virtualmente la prima metà di gioco visto che i Falcons avranno solo tempo per un improbabile tentativo di calcio da 59 yard, mancato. A questo punto, curiosamente, le squadre hanno praticamente lo stesso tempo di possesso: 14:03 per Miami, 14:02 per Atlanta. Però i padroni di casa hanno segnato 17 punti e gli ospiti nemmeno uno. Di nuovo, l’impressione netta: i Falcons sono la squadra più forte, e si vede.

Dal kickoff che apre il terzo quarto, però, non si vede più. Non è che “dagli spogliatoi esce un’altra squadra”, come si dice di solito. In realtà non c’è un cambio palpabile né nei Dolphins né nei Falcons ma, da subito, l’attacco di Miami inizia a girare come non aveva mai fatto finora. In 15 giochi i Dolphins segnano il loro primo touchdown della partita, percorrendo 75 yard più 5 di penalità. Jay Ajayi corre 5 volte, senza grossi risultati ma abbastanza per continuare a tenere alta l’attenzione della difesa. Jay Cutler completa 7 passaggi su 9, su 3 ricevitori diversi, compreso quello finale, da 11 yard, per Kenny Stills. E, soprattutto, Miami mangia quasi nove minuti sul cronometro, che peseranno poi sulla tenuta fisica della difesa dei Falcons.

Julio Jones Falcons Dolphins

Non è dato sapere se Atlanta accusa subito il colpo. Il colpo che arriva però a Matt Ryan sul primo gioco successivo è il sack firmato Ndamukong Suh che fa perdere 5 yard ai Falcons compromettendo il drive e costringendoli a un rapido 3&out. I Dolphins ritornano in attacco e sul 3°&9 Gase chiama un aggressivo gioco sul profondo. Il lancio di Cutler non è impeccabile ma l’interferenza di Robert Alford su Jakeem Grant è tutto quello che serve per dare a Miami altre 26 yard. Passano due giochi e l’ennesima sciocca penalità dei Falcons annulla il successivo intercetto di Cutler e grazia nuovamente Miami; e, dopo altri due giochi, un passaggio per Jarvis Landry porta gli ospiti a -3, capovolge completamente la partita e inizia ad agitare di fronte ai Falcons i soliti fantasmi.

Atlanta ha ancora la forza per far male. Tevin Coleman corre 20 yard e Julio Jones si fa di nuovo vedere. Ma, a ultimo quarto già iniziato (attenzione alla tenuta della difesa: nel terzo quarto ben 11 minuti di possesso palla per i Dolphins), un’altra penalità affossa il drive e sul punt un cattivo snap per poco non fa un disastro. I Falcons lo evitano ma i Dolphns ripartono da metà campo e riescono ad avanzare quel tanto che basta per permettere a Cody Parkey di pareggiare la partita a 8 minuti dalla fine.

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L’ennesima rimonta subita si è materializzata e, forse, a questo punto per i Falcons è troppo. Il 3&out con cui lasciano rapidamente il campo è quasi disarmante ma ormai la difesa dei Dolphins si comporta quasi da padrona, bloccando la corsa di Coleman molto indietro nel backfield di casa. Miami riparte e Ajayi piazza due corse consecutive identiche, da 18 yard ciascuna. La difesa di Atlanta ormai fa fatica, Cutler deve solo stare attento a non far danni e un altro passaggino per Landry è quanto basta per arrivare a distanza di calcio. Parkey lo mette e i Dolphins a 2 minuti e mezzo dalla fine sono avanti nel punteggio per la prima volta nella partita.

C’è spazio per l’ultimo tentativo, e “Matty Ice” è uno che si è trovato molte volte in una situazione simile. I Falcons partono dalle proprie 13 e rapidamente riescono ad arrivare nella metà campo avversaria. Ma a 47 secondi dalla fine Ryan cerca il tight end Austin Hooper, il cornerback rookie Cordrea Tankersley fa schizzare via il pallone e Reshad Jones lo intercetta e si inginocchia. Fine della storia.

I Miami Dolphins escono da Atlanta con una vittoria decisamente poco pronosticata e decisamente non prevista, almeno per il modo con cui si è sviluppata. I Falcons ci hanno sicuramente messo del loro, ma va dato ampio merito agli ospiti per la resilienza, per la cattiveria messa in campo e per aver cercato di giocarsela a viso aperto, con un game plan a tratti anche abbastanza aggressivo (come testimoniano le tre conversioni di quarto down tentate, due delle quali riuscite). Adam Gase ha molto merito in tutto ciò e, come è giusto attribuirgli le colpe, anche questo stavolta gli va riconosciuto.

I Dolphins sono riusciti, in attacco, a produrre la prestazione migliore dell’anno proprio in una gara che li vedeva sfavoriti, vuoi per la forza dell’avversario, vuoi per la sequenza non esaltante di prestazioni da cui arrivavano, vuoi per l’assenza di Devante Parker, pezzo molto importante dell’attacco acqua-arancio. Il trascinatore, come si è capito, è stato Jay Ajayi (26 portate, 130 yard, 5.0 di media) autore di una partita magistrale e spina costante nel fianco della difesa in rosso. Ma senza la buona prestazione della linea offensiva tutto probabilmente sarebbe stato vano: Mike Pouncey è stato superlativo fino a che non ha dovuto uscire dal campo per una concussion. Jake Brendel, il suo sostituto, si è ben disimpegnato e la cosa è un buon auspicio nel caso in cui Pouncey dovesse rimanere a riposo per un po’. Dell’ottima prestazione della difesa abbiamo detto ampiamente, quindi… chi resta?………

Risposta ovvia del pubblico: Jay Cutler. La cosa positiva della partita di Cutler non sono state le sue statistiche finali (19/33, 151 yard, 2 TD, 1 int, 76.7 di rating), né lo è stato il modo in cui ha giocato, specialmente nel primo tempo, sbagliando come detto un numero troppo alto di lanci. La cosa positiva, e inedita, è stato l’atteggiamento di Cutler specialmente nel secondo tempo. Si è visto non più il quarterback svogliato e quasi indolente ma un quarterback presente e sul pezzo, pronto ad incitare la squadra, sicuro nelle situazioni di gioco (come nell’azione dell’intercetto subito e poi annullato in cui è stato rapidissimo ad individuare la penalità contro gli avversari, rassicurando sideline e compagni). Non è e forse non sarà mai ai livelli di coinvolgimento di Tannehill, ma il Cutler del secondo tempo in maglia Dolphins non si era ancora mai visto. E a questo punto, dopo un inizio di stagione così, con un record comunque vincente (3-2) e in una division che è un autentica matassa tutta da districare, va anche bene così.

E Atlanta? C’è un che di strano su questi Falcons. Presi a livello statistico sono una squadra ottima, con un attacco che è indiscutibilmente in grado di fare faville e che spesso e volentieri le fa: se ad esempio prendiamo le cifre di Ryan troviamo che ha chiuso a 24/35, 248 yard, 1 TD, 1 int, 86.4 di rating (che non è il 107.4 del primo tempo ma in giro si vede molto di peggio). E una difesa che può contare su molte individualità di spicco (citazione doverosa per il linebacker Deion Jones, che ha chiuso con 11 tackle, 1 intercetto e 1 passaggio deviato e che ha le potenzialità per diventare una superstar) in grado di produrre in ogni momento dei giochi spacca-partita. Però c’è evidentemente un tarlo nascosto, qualcosa che fa sì che a un certo punto la squadra si senta troppo sicura e non riesca più a giocare come ha fatto fino a qualche minuto prima. E che fa sì che, prendendo a prestito una bella similitudine, il tutto non sia più uguale alla somma delle sue parti.

Di solito in queste situazioni lo sguardo si posa sul coaching staff, sulle persone chiamate a far rendere la massimo i giocatori. È difficile non farlo, ma è difficile anche capire quali siano le leve che Dan Quinn possa azionare per scacciare i fantasmi; potrebbe anche darsi che non ci sia nulla da fare, che l’unica sia attendere un evento propizio che capovolga gli stati d’animo e torni a far rendere una squadra potenzialmente fortissima sui livelli che le competono. Siamo ancora ad inizio stagione, ci sono ancora tante partite e la classifica è cortissima ma, qualunque sia la cura, è il caso di trovarla presto. Oppure, di chiamare i Ghostbusters…

Gli highlight della partita

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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