Detroit Lions, tra presente e futuro

Il grande SuperBowl, il ProBowl, i Playoff, l’MVP, le prestazioni dei migliori giocatori.Una tonnellata di protagonisti in bene, come tutti gli anni, ma una squadra sola ha saputo attirare su di sè le attenzioni dei media facendo pena, i Detroit Lions. Ciò che è sembrato impossibile anche per i Dolphins dell’anno passato è avvenuto in Michigan, con la famosa stagione senza vittorie, la prima da quando si giocano 16 partite di stagione regolare.

Alla base di questo disastro, di quest’onta abbattutasi sui Lions, ci sono una serie di fattori. Innanzitutto la posizione di Quarterback, mai così scoperta. Ha iniziato Jon Kitna ,”Vinciamo minimo 10 partite” tuonò l’anno passato, che inanella prestazioni pessime prima di farsi male alla schiena e venire sostituito e schernito da tutta la NFL.
Il suo accantonamento, che ha sì a che fare con l’infortunio, è anche stato fiancheggiato dal bene placido di coach e dirigenza. Arriva Dan Orlovsky. Non può fare moltissimo, ma mette in mostra ben poco talento e molti errori, come quando esce dal fondo della End Zone senza essere nemmeno pressato, contro Minnesota.
Cosa fare allora per sbloccare il numero di vittorie dallo zero? Viene dato un contratto al smanioso Daunte Culpepper, ritiratosi per modo di dire qualche mese prima. Ma non ha i 60 minuti nelle gambe, per così dire.
Gli viene quindi affiancato Drew Stanton, Spartan reduce da un infortunio al ginocchio datato 2007. 4 QB, più il mai impiegato Drew Henson, che non hanno potuto (nel caso di Danny-O “saputo”) dare un’identità ad un attacco inesistente sulle corse ma che può contare su un top-5 receiver come Calvin Johnson.
Nella difesa, ricordiamo i 517 punti subiti, circa 32 a partita, ed una serie di individualità in grado di subire in qualsiasi matchup. Abbiamo visto molte delle partite di Detroit quest’anno, solo per notare che qualsiasi ricevitore avversario era meglio del defensive back dei Lions incaricato di marcarlo. Soprattutto per quanto riguarda le “tackling skills”, la difesa dei leoni è forse la peggiore che abbiamo mai visto in NFL.
Parliamo del futuro della rosa, prima di parlare di passato e presente del rivoluzionato staff tattico.
La prima posizione nel draft del 2009 garantisce una prima scelta assoluta che non avrebbe senso scambiare scendendo nell’ordine. Quindi, qualora la dirigenza ci dia ragione e scelga di puntare
Staffordtutto su un rookie (ricordiamo che i Lions hanno anche la scelta 20) costui dovrebbe essere Matthew Stafford, che esce da Georgia quest’anno.
QB dal buon braccio, sembra la soluzione migliore per rifondare. Rifondare potrebbe però non essere la parola giusta da utilizzare.
Seguendo il buon esempio di Miami, che scelse con la 1 l’ottimo Jake Long per poi accaparrarsi un QB con esperienza ed archiviare a dicembre una stagione dalle mille soddisfazioni, Detroit potrebbe pensare a Laurence Monroe da Virginia o Andre Smith da Alabama. Entrambi presumibilmente non raggiungeranno la ventesima posizione.
Purtroppo in Free Agency non c’è molto da scegliere. Jeff Garcia è l’unico possibile investimento paragonabile a Pennington dell’anno passato, mentre Boller e Grossman non danno la benchè minima garanzia e Matt Cassel dovrebbe rimanere dov’è, dopo la firma su un nuovo contratto made in Patriots.
Quindi Stafford rimane la probabile scelta, anche perchè c’è una registrazione radiofonica in cui il padrone dei Lions dice a tutti i tifosi di “iniziare a prenotare la maglia”.
Per tappare le falle nelle secondarie potrebbero intervenire alcuni free agent: Jermain Phillips, Kalvin Hayden che è però in odore di tag, Atogwe o Asomugha, ma in totale sono una decina i DB con pedigree che si liberano dal contratto con la loro attuale compagine.
Il nuovo head coach ed il resto dei nuovi subalterni avranno il loro da fare quindi.
Schwartz
Infatti la rifondazione, che vedremo essere molto meno evidente del pensato, parte da un nuovo capo allenatore, un nuovo defensive coordinator ed anche un nuovo offensive coordinator.
Jim Schwartz, defensive coordinator dei fantastici Tennessee Titans, ha preso la cattedra di allenatore, e sarà la sua prima panchina in NFL. Ha passato gli ultimi 13 anni nella costruzione di due delle migliori difese del Mondo, quella dei Titans e di Baltimore, e si spera che le scarse individualità di Detroit non possano essere d’ostacolo al suo lavoro.
Nella crew arriva anche Gunther Cunningham, defensive coordinator da Kansas City dal passato illustre ma reduce da una brutta stagione. Ha lavorato con Schwartz a Tennessee e probabilmente in due riusciranno a dare una identità alla retroguardia dei Lions. In attacco il coordinatore sarà Scott Linehan, ex head coach dei Rams e mago del gioco su passaggio, dopo essere stato allenatore dei quarterback e dei receiver in diversi college e squadre NFL. La sua carriera non è molto luminosa finora, dopo essere stato cacciato in corso d’opera da Saint Louis, ma sembra il classico rinforzo adatto a dare valore a Johnson, risorsa più importante della squadra che ha un contratto fino al 2012.
Più che i singoli, per quanto possano sembrare mal assortiti o slegati, la tematica importante di questo cambio totale è da ricercare nelle modalità: i Lions sono stata la prima compagine a disfarsi del vecchio e ad assumere il nuovo.
Questa fretta può essere figlia di due atteggiamenti, quello frettoloso per l’appunto, o quello in cui tale cambio era già nelle intenzioni da tempo. Quest’ultima scelta è la migliore qualora ci sia l’intenzione vera di rifondare, prendendo un Head Coach ed un Offensive Coordinator relativamente giovani. Se invece c’è stata della fretta, sarebbe innegabile affermare che il management confida soprattutto nella sferzata di novità portata da un così grosso cambiamento, piuttosto che su un progetto ben studiato.
L’opinione comune degli addetti ai lavori d’oltreoceano, per quanto possa essere interessante o meno, cita i Lions come squadra “senza speranza”. La verità è che hanno poche sicurezze, come d’altronde non le ha chi vi scrive. Come ogni volta che si parte da zero, i dubbi sono molti più delle certezze.
La piazza è poco invitante, la squadra a pezzi, per non sbagliare è sempre meglio dare contro ad una realtà così misera.
L’obiettivo dei Lions non può essere una stagione vincente, e nemmeno evitare umiliazioni. Semplicemente, trovare un’identità di gioco. Auguri!

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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