Com’è stato il draft dei Washington Redskins

I riflettori che illuminavano il palco allestito di fronte al Philadelphia Museum of Art sono ormai spenti ed è giunto il momento di tracciare un primo bilancio del draft dei Redskins. Washington ha impiegato tutte le dieci scelte di cui disponeva quest’anno:

  • Round 1 – pick 17    Jonathan Allen, DL, Alabama
  • Round 2 – pick 49  Ryan Anderson, OLB, Alabama
  • Round 3 – pick 81   Fabian Moreau, CB, UCLA
  • Round 4 – pick 114 Samaje Perine, RB, Oklahoma
  • Round 4 – pick 123 Montae Nicholson, S, Michigan State
  • Round 5 – pick 154 Jeremy Sprinkle, TE, Arkansas
  • Round 6 – pick 189 Chase Roullier, C/G, Wyoming
  • Round 6 – pick 209 Robert Davis, WR, Georgia State
  • Round 7 – pick 230 Josh Harvey-Clemons, S, Louisville
  • Round 7 – pick 235 Joshua Holsey, CB, Auburn

In pochissimi si aspettavano che Allen potesse scendere fino alla pick 17. Essendo la linea difensiva di Washington uno dei reparti, se non il reparto, che necessitava maggiormente un’iniezione di talento puro, all’interno della war room dei Redskins saranno stati entusiasti di poter realizzare il perfetto connubio need più impellente/best player available. Il ragazzo è, inoltre, nativo della Virginia e ha frequentato l’istituto Stone Bridge, high school di Ashburn, stessa località dove è situato il Redskins Park. L’autore del celebre “Superman sack è un giocatore completo, capace di braccare il quarterback generando pressione dall’interno (28 i sack nei suoi quattro anni a Tuscaloosa), e solido contro le corse. I problemi alle spalle (si è dovuto sottoporre ad interventi chirurgici ad entrambe durante la sua carriera collegiale per sistemare la rottura dei labbri, da cui pare sia derivato un principio di artrite) e i numeri poco esaltanti della Combine potrebbero aver consentito ai Redskins di mettere a segno un colpaccio, sempre che le preoccupazioni relative al suo stato fisico si rivelino infondate.

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Il secondo giorno del draft si è inaugurato, per Washington, con la scelta di Ryan Anderson, edge rusher compagno di Allen ad Alabama. Di primo acchito, onestamente, non sono rimasto particolarmente soddisfatto della scelta: il ragazzo non è dotato di un fisico e di un atletismo debordante (6’2″ per 253 libbre) e non sembra possedere le eccezionali abilità nella corsa al QB del compagno Tim Williams, all’epoca ancora disponibile, draftato poi da Baltimore al terzo giro. A differenza di quest’ultimo, però, Anderson pare essere irreprensibile fuori dal campo; gli sono state riconosciute, da coach e compagni, leadership naturale e intensità trascinante. Dal punto di vista tecnico è roccioso contro le corse, aspetto in cui la difesa di Washington ha sofferto tremendamente la scorsa stagione (28a per yard concesse), ed è un playmaker: 19 sack e 6 fumble forzati nelle sue quattro stagioni collegiali. È sempre arduo valutare la reale efficacia di un singolo prospetto difensivo dei Tide considerata la mostruosità del front seven, tuttavia l’addizione di Anderson può costituire da subito un puntello provvidenziale per la solidità del reparto minato dalla sospensione di quattro partite di Trent Murphy e dalle incognite sulle condizioni di Junior Galette, al rientro dopo due anni di inattività.

Al terzo giro è arrivato Fabian Moreau, cornerback da UCLA, che, prima di strapparsi un pettorale durante le ripetizioni in panca piana al pro day, era indicato da molti analisti come un talento da tardo primo giro (un discorso simile riguardò anche Kendall Fuller, terza scelta dello scorso anno di Washington, CB da Virginia Tech). Stazza considerevole per il ruolo (6’1″ per 202 libbre), Moreau ha performato eccellentemente nei test atletici della Combine: quarto classificato nel 40 yard dash con un tempo di 4,35 secondi  (secondo fra i CB alle spalle di John Myrick e un centesimo di secondo più rapido di Marshon Lattimore). Come lui stesso ha dichiarato, ama giocare in press man coverage, in modo da poter sfruttare appieno la sua fisicità. L’ex Bruin ha un potenziale invidiabile, tuttavia è ancora da sgrezzare: ai tempi dell’high school era un RB, è di conseguenza relativamente inesperto nel ruolo di corner. Ciò lo si evince abbastanza chiaramente da qualche impaccio nel seguire compiutamente le tracce dei ricevitori. Lo aiuterà nello sviluppo il fatto di non dover essere immediatamente catapultato in campo, anche se, purtroppo, l’infortunio non dovrebbe permettergli di partecipare agli OTA e a buona parte del training camp.

Dopo tre pick difensive, la quarta è stata investita nel primo giocatore d’attacco: il RB Samaje Perine da Oklahoma. L’ex Sooner è detentore del record di yard corse della sua università (4122, di cui 427 in una singola partita nel 2014 contro Kansas [record FBS],  in tre anni, con ben 49 Td), dato ancora più impressionante considerando che ha dovuto dividere le portate con un talento del calibro di Joe Mixon (approdato a Cincinnati con la pick 48 del secondo giro, una scelta prima di quella di Washington). Poderoso nella sua compattezza (233 libbre distribuite in 5’10”) Perine ha dato prova della propria potenza alla Combine, classificandosi primo fra i pari ruolo con 30 ripetizioni in panca piana, ottavo assoluto. Non è dotato di una velocità superlativa, anche se il tempo di 4,65 secondi sulle 40 fatto registrare ad Indianapolis pare ingeneroso rispetto a quanto si percepisce osservandolo in campo. Compensa comunque con un numero notevole di placcaggi spezzati, grazie anche al baricentro basso, che lo agevola pure in fase di bloccaggio. Non è stato impiegato frequentemente in ricezione fuori dal backfield, ma ha mani discrete all’occorrenza (40 ricezioni per 321 yard e 2 Td). Dovrebbe essere in grado di competere sin dalla week 1 per il ruolo di starter con Fat Rob Kelley: pare segnato, infatti, il destino di Matt Jones, che è stato posto nel trading block.

Il secondo giocatore selezionato al quarto giro è stato Montae Nicholson, safety da Michigan State. Scelta che, generalmente, ha destato più di qualche perplessità: non perché non servisse un DB, tutt’altro. Ciò che preoccupa è la scarsa propensione alla copertura: lui stesso, come hanno riportato vari scout, si è definito poco sicuro in questa fase di gioco. A Washington avrebbe fatto comodo un center fielder, possibilmente con spiccate ball skills: Nicholson non pare nulla di tutto ciò. Dalla sua ha doti fisiche prototipiche (6’2″ per 212 libbre), ha corso le 40 in 4,42 ed è un discreto colpitore: potrebbe iniziare col dare un contributo consistente nello special team, ma il lavoro di sviluppo che dovrà compiere sotto le direttive del nuovo coach dei DB Torrian Gray (che pare, come dichiarato da Nicholson, avesse tentato di reclutarlo per Virginia Tech) si prospetta lungo ed impegnativo.

Al quinto giro è giunta la seconda chiamata di un giocatore offensivo di questo draft per i Redskins: il tight end da Arkansas Jeremy Sprinkle. Bloccatore molto efficiente, schierato talvolta anche come full back, non è particolarmente appariscente in ricezione, ma possiede mani tutt’altro che ruvide (71-921-11 nelle quattro stagioni della sua carriera collegiale): unite alla stazza imponente (6’5″ per 252 libbre) lo rendono un bersaglio molto appetibile per dare un impulso all’asfittico attacco di Washington nella red zone. Probabilmente, l’eccezionale profondità della classe di TE di quest’anno lo ha fatto calare più di quanto avrebbe meritato. I Redskins si ritrovano, infatti, un giocatore completo, in grado di fornire sin da subito un ottimo contributo allo special team e nei 2 TE set. È vero che il reparto è affollato con Jordan Reed, Vernon Davis, Niles Paul e Derek Carrier. Il primo, però, deve costantemente fare i conti con le concussion e qualche acciacco fisico, il secondo non è più di primo pelo, mentre gli ultimi due sono entrambi reduci da stagioni conclusesi prematuramente per infortunio.

Con la prima pick del sesto giro (Chase Roullier, centro da Wyoming) si è cercato di dare profondità alla linea offensiva. Oltre a diventare l’unico back up di ruolo al centro titolare Spencer Long, il ragazzo, avendo anche ricoperto il ruolo di guardia, potrebbe tentare di competere, in un futuro non troppo remoto, anche per lo spot di LG, unico anello debole della solida catena di Washington. Roullier a Wyoming ha certamente contribuito alle fortune di giocatori come Brian Hill (RB selezionato al quinto giro dai Falcons) e Josh Allen, uno dei prospetti QB più interessanti in ottica draft 2018.

Sempre al sesto giro è stato preso Robert Davis, ricevitore da Georgia State. Si tratta essenzialmente di un “progettone”: intrigante per il potenziale atletico (ha corso le 40 in 4,44 pur essendo alto 6’3″), ma molto grezzo tecnicamente. Da quel poco che ho potuto vedere non pare dotato di mani solidissime; quando riceve, però, è capace di creare scompiglio grazie alla sua accelerazione in campo aperto.

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Le ultime due scelte, al settimo giro, sono state due DB. Con la pick 230 è stato chiamato Josh Harvey-Clemons, safety da Louisville. Il ragazzo ha dei trascorsi piuttosto turbolenti: è risultato positivo alla marijuana in due test antidroga, cosa che ha indotto Georgia ad espellerlo. Si è successivamente accasato a Louisville, dove è stato sospeso una partita per aver violato delle non meglio precisate regole dell’ateneo. Al di là delle intemperanze extra campo il talento del giocatore è piuttosto interessante: ex five star recruit in uscita dall’high school, ha una struttura formidabile (6’4″ per 217 libbre) con braccia lunghissime che gli consentono di effettuare placcaggi insperati. È stato schierato maggiormente come safety nel box e pare che verrà impiegato dai Redskins come dime LB; confesso che non mi dispiacerebbe affatto vederlo anche come high safety.

L’ultimo giocatore scelto dai Redskins al draft del 2017 è stato il CB Joshua Holsey da Auburn. Il ragazzo ha giocato anche safety e nickel, posizione che pare ricoprirà anche a Washington, almeno inizialmente. Purtroppo ha già subito due volte la rottura del crociato nel 2013 e nel 2015. Molto convincente il tape contro Ole Miss in cui mostra una presenza costante nel gioco, vari passaggi deviati, un intercetto e l’asfissia con cui perseguita costantemente il ricevitore in coverage. Potrebbe rivelarsi molto utile per la profondità delle secondarie.

http://www.youtube.com/watch?v=mDRPnsT0CB4&t=330s

Tendenzialmente i giudizi formulati dai media americani in merito al draft dei Redskins sono molto positivi: fioccano le A, A- e pochi B+. Personalmente sono leggermente più tiepido: lo reputo un draft solido, impreziosito dalla gemma Allen alla 17. Non si può tralasciare il fatto che parecchi giocatori selezionati siano reduci da infortuni, o comunque si trascinino dietro delle incognite preoccupanti dal punto di vista fisico. Ritengo non sia stata affrontata adeguatamente la questione Free Safety; ci manca ancora un Nose tackle di ruolo; e avrei preferito a Perine, che pure considero un giocatore interessante, un RB più rapido, con caratteristiche complementari a quelle dei giocatori che abbiamo già a roster. Nonostante ciò la difesa pare già più competitiva dello scorso anno, sulla carta, e di questo va dato atto al front office che ha deciso di investire le prime tre pick, sei sulle dieci totali, in difensori. Sono molto intrigato dal potenziale di Harvey-Clemons, che potrebbe rivelarsi una perla nascosta pescata all’ultimo giro, sempre che mantenga un atteggiamento professionale. Il voto che mi sento di assegnare al draft dei Redskins è dunque B, tenendo sempre presente che valutare i giocatori ancora prima di averli visti scendere in campo tra i professionisti lascia un po’ il tempo che trova. Si tratta comunque di un giochino divertente che può essere fonte di dibattiti interessanti.

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Lorenzo Contini

Ho una passione sconfinata per il football. Tifo Redskins e Hurricanes grazie al leggendario Sean Taylor, il mio idolo sportivo: gone but never forgotten.

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