Khalil Mack e il futuro dei Raiders

Denver, 13 Dicembre 2015: I Raiders sbarcano al Mile High per sfidare i Broncos alla cui guida, da qualche settimana c’è Brock Osweiler.  Siamo ancora lontani dal più improbabile dei last rodeo e dal volere degli Dei del Football che permetteranno a Peyton Manning di chiudere la propria carriera come nella più classica delle favole.

HAPPY ENDING

Quella sera però a dare spettacolo è Khalil Mack, prototipo del giocatore moderno e quindi difficile da incasellare in un solo ruolo (DL o LB), tanto da diventare il primo nella storia ad essere selezionato al Pro Bowl per due posizioni, che chiude la partita con 5 sack, consentendo ai Raiders di interrompere un infinita serie di sconfitte con i Broncos che durava dal 12 settembre 2011 in una delle rivalry più sentite e “longeve” della lega (since 1960)

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‘JESUS, WHAT DO I NEED TO DO TO GET YOU ON THE FOOTBALL TEAM?’

YOU GOTTA TALK TO MY DAD”

Da ragazzino Khalil Mack era un basketball lover con il sogno di ottenere una borsa di studio per andare a giocare in qualche università e prendersi una laurea. Cresciuto con una famiglia, in senso tradizionale, e con una etica del lavoro piuttosto spiccata non deve quindi stupire come, quando per la prima volta gli si avvicinò il nuovo coach di football della Weestwood HS, alla domanda su cosa dovesse fare per averlo in squadra (Mack faceva parte del team di basket ma in quel momento era infortunato e pensava di andare a studiare medicina sportiva), il ragazzo se ne usci con uno spontaneo quanto genuino “deve chiederlo a mio padre”

Il suo approdo nel mondo del college football è seguito dal silenzio più assoluto vista la sola stagione giocata a livello di HS ed una considerazione quindi, da parte degli scout, prossima allo zero (due stellette su Rivals.com). La chance di giocare in DIV I si materializza nel freddo di Buffalo, in una città ed una situazione quanto più distanti dalle sue origini, fuori dal giro delle grandi conference e con poche possibilità di potersi mettere in luce.

Mack scegli il numero 46 in “onore” del raiting di NCAA FOOTBALL ’11, si chiude in palestra e dal momento in cui mette piede in campo domina. L’impennata d’interesse nei suoi confronti arriva dopo una sfida di inizio stagione (2014) con Ohio State dove il giovane LB fa letteralmente quello che vuole contro i futuri campioni nazionali (2,5 sack, 1 pick-6 etc). Finisce sotto la lente d’ingrandimento, la domanda è se possa mantenere il livello d’intensità mostrato con i Buckeyes lungo tutta la stagione.

NCAA Football: Connecticut at Buffalo

Il ragazzo è un carro-armato, continua a dominare, work-ethic a prescindere dal contesto e così, nell’anno dei tromboni e le fanfare per Jadeveon Clowney, che pochi mesi dopo sarà la prima scelta assoluta, il nome di Mack circola insistentemente sui taccuini di molti scout.

Il prodotto da Southern Carolina finisce prevedibilmente ai Texans che lo chiamano convinti di avere per le mani la combo di end più inarrestabile della lega; gli Oakland Raiders scelgono Mack alla 4 e qualche giro più tardi un altro ex sconosciuto da Fresno State, cambiando il destino della franchigia

Se l’anno da rookie dell’ex Buffalo non è stato totalmente in linea con le aspettative, soprattutto in virtù dei soli 4 sack, i numeri postati nel 2015 hanno sgombrato il campo da ogni dubbio.

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Arrivato alla sua terza season, Mack, nel frattempo convertito in DE a tempo pieno, è considerato uno dei primi tre edge defender dell NFL (primo per Pro Football Focus, davanti a Miller e Bosa) e uno dei pochi giocatori potenzialmente in grado di distruggere, da solo, il game plan di una squadra.

Dopo un inizio di stagione non brillantissimo le partite con Bucs e Broncos hanno restituito ai Raiders, ed ai suoi tifosi, il game changer ammirato nel 2015. Alle sole 26 pressure su QB avversari delle prime sette week ne sono seguite 21 in due partite che hanno permesso all’ex Buffalo di rilanciarsi nella classifica di specialità che ora, dopo la week 11, lo vede leader con un totale di 60, davanti al solito Miller e Aaron Donald, ed ai suoi Raiders di vincere due sfide complicate.

Nell’ultima vittoria con Carolina, la nona stagionale valida per il primato nella iper competitiva AFC WEST, Mack è diventato il primo giocatore dal 2009 (Charles Woodsoon; GB) a chiudere una partita con almeno un sack, un intercetto, un fumble forzato, uno ricoperto ed un TD.

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II modo in cui è arrivato il pick-6 è il riflesso dell’intelligenza di un ragazzo che pur dotato di skill fisiche paranormali, e scrupolosamente coltivate, sta imparando sempre più a leggere e comprendere il gioco perché, citando l’ex compagno e futuro Hall of Famer Charles Woodson: “ experience is the biggest thing in this league”

Oggi i Raiders, al secondo anno sotto la guida di Coach del Rio, sembrano aver definitivamente imboccato la strada per una rinnovata gloria, figlia di una serie di scelte accurate, che hanno portato questa organizzazione dal 3-13 dell’ultima stagione targata Dennis Allen, la prima del duo Mack-Carr, all’attuale 9-2, che rappresenta la miglior partenza dal 2002, anno conclusosi con la sconfitta al Super Bowl contro Tampa.

A rovinare la festa, quella dei 53000 che invadono ogni domenica pomeriggio il Coliseum, potrebbe essere la richiesta, presentata formalmente da Mark Davis al board dei proprietari, di poter muovere la franchigia da Oakland a Las Vegas, riproponendo ai fans della baia il dramma vissuto  ad inizio degli anni ’80 con il trasferimento nella città degli Angeli.

Il problema dello stadio ad Oakland è vecchio quanto la franchigia stessa se è vero che dopo i primi due anni passati tra il Kezar Stadium ed Candlestick Park di San Fransico, in attesa che venisse costruito l’attuale Coliseum, i Raiders furono “costretti” a giocare al Frank Youell Filed: costato 400.000 dollari ed eretto su un ex cantiere navale della seconda guerra mondiale, era talmente “essenziali” da indurre un reporter del San Francisco Examiner a scrivere: “Reason of economy dictated the omission of all frills”.

Se ve lo state chiedendo Frank Youell era un becchino…

La possibilità di spostarsi nella Sin City significherebbe rinunciare al sesto mercato televisivo degli Stati Uniti ma Vegas, ed i suoi eccessi, insieme alla costruzione di uno stadio da 750 milioni di dollari, potrebbero essere una ragione più che sufficiente per decidere di abbandonare nuovamente la Baia.

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Non dipenderà solo dalla volontà della proprietà, che comunque non sembra si stia dannando per trovare la soluzione che tutta Oakland vorrebbe, perchè senza il sì di 24 dei 32 proprietari, che si troveranno a gennaio per discutere dell’eventuale trasferimento, Davis non potrà spostare la franchigia.

Indipendentemente da quello che succederà Dr Death, uno dei tanti fan che affollano la sezione 105 del Coliseum, il leggendario “The Hole”, ha le idee piuttosto chiare a riguardo:

We’re not the Las Vegas Raiders or the Los Angeles Raiders, We are called the Oakland Raiders! This is 60 years of culture and tradition you can’t transplant it! “

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Se sul gridiron le cose, dopo oltre un decennio, sembrano aver finalmente preso la direzione desiderata una nuova battaglia tra i Davis, prima Al, oggi Mark, e Oakland sembra pronta ad inchiostrare pagine bianche per un nuovo capitolo di una saga lunga 56 anni.

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Andrea Ghezzi

Padre di Mattia e Lorenzo, Marito di Silvia, Fratello di Zoe (Franci ti voglio bene). Scrivo (poco) e parlo (tantissimo) di Football, anche italiano. Direttore di The Cutting Edge credo solo a tre cose: #mattanza #badaun e #bomboloni.

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