[NFL] Un pomeriggio con gli Indianapolis Colts

Anderson è una città appena a nord est di Indianapolis che ha un estensione piuttosto grande (oltre 100 kmq) e una popolazione di circa 55000 abitanti, anche se a girarci sembra una città fantasma e ci si aspetta di vedere i classici cespugli rotolanti a ogni incrocio.

Negli anni settanta gli abitanti erano oltre 70000, grazie soprattutto alla presenza della General Motors, ma quando la grande casa automobilistica cessò le operazioni nell’area, la città subì un durissimo colpo economico, dal quale fatica ancora a rialzarsi. Insieme a Gary è considerata la città più pericolosa dell’Indiana, il livello della criminalità è piuttosto alto per i canoni del midwest e quindi diciamo che non è il posto migliore dove vivere.
Le attrazioni principali sono un ippodromo con annesso casinò (classica mossa attira introiti) e un mini circuito ovale da un quarto di miglio, dove tutti i sabati sera ci sono corse tra i più disparati veicoli, anche molto artigianali e pittoreschi, ma che è anche divertente andare a vedere.

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Tutto questo preambolo nozionistico per affermare che non si capisce perché gli Indianapolis Colts abbiano stabilito lì la sede del loro “ritiro precampionato”, probabilmente il cachet è piuttosto altino. Sicuramente anche il complesso sportivo immerso nel verde della Anderson University contribuisce, lo stadio è carino ed il terreno di gioco molto molto bello e quindi adatto all’utilizzo intenso di una squadra pro con 90 giocatori.
I Colts sono un’istituzione a Indianapolis, il legame tra team e tifosi è fortissimo, grazie anche alle numerosissime iniziative che la franchigia organizza per avvicinare tutti, uomini, donne e bambini, alla squadra; in città ed anche negli uffici non è raro vedere persone con almeno un capo d’abbigliamento con il ferro di cavallo blu in evidenza.

Mercoledì 5 agosto è il primo allenamento pomeridiano-serale della stagione, tutte le sessioni sono aperte gratuitamente al pubblico, ma normalmente sono tra l’una e le quattro del pomeriggio.
Un’ora prima dell’inizio i parcheggi nel campus sono già belli pieni, si lascia la macchina e ci si avvia allo stadio, l’organizzazione è ottima e i volontari di tutte le età numerosissimi.
Nello spiazzo antistante il terreno di giuoco c’è la vera festa, con spazi riservati a giochi per bambini e adulti, ovviamente tutti orientati al football, c’è il negozio ufficiale che personalizza in diretta le maglie da gioco, non mancano cibarie di tutti i tipi e il complesso country sul palco.
C’è anche una tenda riservata agli autografi delle cheerleaders, e qui bisogna fare una postilla: mi è capitato di vederle da vicino in diverse occasioni e di diverse squadre e solitamente la delusione di guardare ste ragazzette truccatissime e alte un metro e un football è stata abbastanza grande.
Devo dire che diverse esponenti viste qui mi hanno fatto riprendere fiducia nel genere umano e fatto affrontare il caldo del tardo pomeriggio con un altro spirito.

È ora di avviarsi al campo, grazie a uno sponsor abbiamo dei posti sulla sideline opposta alla tribuna principale e lo spettacolo del pubblico è notevole. La capienza è di 4300 persone, ma tra tutti saremo più di 6000; in campo ce ne sono almeno 200 tra giocatori, allenatori, assistenti, fotografi, cineoperatori, giornalisti, imboscati, addetti al recupero delle attrezzature e dei palloni che scheggiano impazziti come se dovessero subire punizioni corporali in caso di negligenza.
I giocatori seguono una liturgia precisa, si dividono in ruoli o in situazioni di gioco, i cronometri a bordo campo e le sirene scandiscono i tempi dei vari esercizi.

Colts camp - 6

Luck, Hasselbeck e il rookie Bennett si scaldano a 10 metri da me, Andrew è fisicamente imponente, ma proprio grosso, ma la palla che esce dalla sua mano è elegantissima.
Vederlo lanciare è uno spettacolo, la facilità di movimento e l’apparente facilità di rilascio del pallone da tutti gli angoli è qualcosa che meraviglia, inoltre è un pignolo, prova e riprova azioni e movimenti finché non escono come vuole lui e parla tantissimo con tutti, li vuole tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Insomma, un vero condottiero.
Li raggiunge il TE Fleener che sembra Thor, in generale quelli che fanno sempre impressione sono proprio i tight end, visto il mix tra fisico, velocità, agilità e forza fisica che devono avere (Dwayne Allen è un’altra bestia). Suona la sirena e i tre QB scattano dall’altra parte del campo per provare gli snap con i centri, shotgun e mano sotto le chiappe, 5 minuti e si torna ai propri esercizi.

I defensive backs provano situazioni di fumble o palle deviate, i running back si impegnano in handoff e ricezioni sul corto, gli uomini di linea si menano come fabbri e i linebacker simulano la caccia al QB.
Arriva anche coach Chuck Pagano, uomo che adoro, accolto da un’ovazione, risuona la sirena e finalmente parte l’11 contro 11, che di solito crea un misto di emozioni perché se l’attacco funziona sempre bene vuol dire che la difesa fatica, se il DB fa l’intercetto vuole anche dire che il QB l’ha lanciato, se il RB fa un gran movimento il difensore può aver mancato il placcaggio.

Luck alterna poesia pura con un paio di intercetti, Hasselbeck lancia un TD profondo sul rookie Dorsett, Frank Gore ha un paio di accelerazioni da paura, non consone alla sua età.
Impressionano il RB Zipton con una ricezione a una mano sulla sideline ed altre belle giocate e la velocità di Duron Cartier (figlio di Cris), che forse gli varrà un posto come ritornatore di calci.
Il pazzo punter Pat McAfee, vero idolo delle folle, spara cannonate, ma quello che sconvolge è la abnorme diversità della circonferenza cosciale tra la gamba che pianta (un tronco) e quella che calcia (un fuscello). Vinatieri è vestito con armatura, ma non tocca biglia perché tenuto a riposo, tutti i calci li prova McAfee e ci dicono che il giorno prima ha messo un FG dalle 70.

Colts camp - 3

Quello che realmente colpisce è il silenzio religioso con cui la gente segue l’allenamento, con il rispetto per la squadra che in fin dei conti sta lavorando e non deve essere disturbata. Gli unici applausi o apprezzamenti sono durante le azioni “in partita”, quando anche attaccanti e difensori arringano la folla a tifare per loro. Non per fare del facile anti-calcio italico, ma mi immagino una situazione del genere dalle nostre parti…

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Arriva un cart da golf e scende il proprietario da 1,7 miliardi di dollari Jim Irsay, che si muove a fatica ed è accompagnato da una sventola bionda che non mi hanno identificato. Chiacchiera con Pagano e Gore, saluta Andre Johnson e si guarda la sua squadra da bordo campo.
I ricevitori sono un ottimo gruppo: Johnson, Hilton, Moncrief, Dorsett, Carter e Whalen aggiunti ai già citati TE Allen e Fleener possono far sbavare qualsiasi QB.
Vado via prima della fine, a farmi fare gli autografi non ci penso nemmeno, la ressa che si sta preparando e la vecchiaia mi sconsigliano la messa in coda.

Una bella esperienza per vedere come lavora una squadra NFL, niente è lasciato al caso, tutto è organizzato nei minimi dettagli, l’ambiente è davvero molto professionale e i giocatori si comportano da professionisti. Gli Indianapolis Colts fanno tanto per la propria gente e in cambio ricevono un tifo e un amore incondizionati, non è una comunità grande, ma devo dire che è una grandissima comunità.

 

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