[NFL] Week 8: New England Patriots vs Miami Dolphins 27-17

STOMP! Il rumore del pallone che colpisce il palo di destra dopo 46 yards di volo e rimbalza fuori segna il momento preciso in cui la partita fra Dolphins e Patriots cambia per sempre. Fino a quel momento, 4 minuti e 42 secondi dopo l’intervallo, Miami aveva dominato contro dei padroni di casa inesistenti; da quel momento in poi sarà l’esatto contrario. 17-3 per i Dolphins fino a lì, 24-0 per i Patriots da lì in poi.

Dont'a Hightower, Jamie Collins, Daniel Thomas
Daniel Thomas

Quando una partita ha due facce così nettamente diverse fra loro può essere vista in modi anche opposti, a seconda della parte da cui la si guarda. Anche in questo caso meriti e demeriti delle due squadre si intrecciano ma una chiave di lettura univoca è, in fondo, semplice: i New England Patriots sono una squadra che, pur con tutti i problemi ed i limiti del loro roster attuale, può anche permettersi di non giocare tutta una partita e vincerla lo stesso, specialmente contro un avversario di calibro inferiore; i Miami Dolphins sono una squadra che, pur con tutte le promesse ed il potenziale del loro roster attuale, non può permettersi di non giocare al massimo tutti i 60 minuti di una partita se vuole poterla vincere, specialmente contro un avversario di calibro superiore.

I Patriots temevano questa gara: perchè i Dolphins erano comunque una rivale che sta crescendo, perchè si presentavano con tanti e pesanti infortuni soprattutto in difesa e con un Tom Brady non proprio in un momento brillantissimo e, anche se Bill Belichick è troppo intelligente per sottovalutare chiunque, perchè gli scontri divisionali sono sempre insidiosi. E, all’inizio, sembrava che tutti gli incubi peggiori dei Patriots si fossero materializzati.

Pubblicità

Nel primo quarto la squadra di casa ha avuto la palla in mano solo per tre minuti e mezzo: il tempo per vedere Brady subito intercettato dal cornerback Dimitri Patterson al suo primo lancio, per un rapidissimo 3&out dopo il primo touchdown dei Dolphins (segnato da Brandon Gibson al termine di un drive da poco meno di 6 minuti, 11 giochi e 40 yards) e per altri 5 giochi con – finalmente – un primo down conquistato solo a 45 secondi dalla fine del quarto. Totale: 24 yards.

Duron Harmon
Duron Harmon all’intercetto

E il secondo non sarà poi così migliore: subito un sack su Brady e palla di nuovo a Miami che la tiene per altri 4 minuti e mezzo e va a segnare con Daniel Thomas il touchdown dello 0-14, ancora su passaggio di un Ryan Tannehill fin lì impeccabile. A quel punto i Patriots riescono ad imbastire qualcosa ma è un drive non esaltante, ancorchè abbastanza lungo, che comunque porta i primi punti sul tabellone grazie ad un calcio di Stephen Gostkowski. I Dolphins però riprendono il controllo e pareggiano il calcio subito prima dell’intervallo, andando al riposo avanti 17-3. Un primo tempo sbilanciatissimo quindi, con Miami a forza 100: 103 le yards raccolte di corsa (per una squadra che ha nel running game uno dei suoi problemi più grossi) e 106.7 il rating di Tannehill (11/18, 72 yards e 2 touchdown), contro l’agghiacciante 38 di un Tom Brady ancora sofferente alla mano (6/8, 25 yards e un intercetto) ed in evidente crisi di fiducia verso i suoi ricevitori, specie quelli esterni.

Nel secondo tempo i Dolphins partono bene, costringendo subito gli avversari ad un 3&out; poi, però, nel giro di 40 secondi, in quattro giochi cambia tutto. Il primo: 10’50” sul cronometro, Miami gioca un 2°/2 sulle 19 yards avversarie, Tannehill lancia un pallone – migliorabile – a Mike Wallace che libero sulle 3 yards non riesce a ricevere quello che poteva probabilmente valere il 24-3. Il secondo: 10’45” sul cronometro, 3°/2; i Patriots lanciano il blitz e dalla destra Dont’a Hightower piomba addosso a Ryan Tannehill per il primo sack della partita: 9 yards perse e Miami costretta al field goal dopo aver sfiorato il touchdown. Il terzo: Caleb Sturgis pianta sul palo il calcio da 46 yards, sbagliando il terzo dei suoi ultimi 4 tentativi; nulla di fatto e i Patriots ripartono dalle proprie 36 yards. Il quarto: 10’13” sul cronometro; al primo gioco del drive, dopo aver guadagnato fin lì un totale di 52 yards in attacco, Stevan Ridley trova un buco al centro e corre per 23 yards venendo placcato solo da dietro. E’ il gioco più lungo della partita di New England e da solo vale quasi metà di tutto quello che erano riusciti a fare fin lì. A quel punto è chiaro a tutti che, anche se i padroni di casa sono ancora sotto di 14 punti, la partita è girata: lo sente il pubblico, che inizia ad agitarsi; lo sentono i Patriots, che iniziano a macinare il loro gioco; lo sente Tom Brady, che forse avverte anche meno dolore alla sua mano malandata; e, quel che è peggio, lo sentono anche i Dolphins, che iniziano lentamente a sciogliersi.

Ryan Tannehill, Dont'a Hightower
Dont’a Hightower al sack

Da quel punto in poi la partita non avrà storia: i Patriots prenderanno il controllo psicologico della gara e non lo molleranno più, mentre i Dolphins non riusciranno più ad esprimersi come nel primo tempo e ricadranno più e più volte in errori impossibile da rimontare. Ryan Tannehill verrà sackato altre 5 volte (totale annuale: 34) e lancerà due intercetti evitabili, anche se il secondo è arrivato nell’ultimo minuto cercando la rimonta disperata; il kicker Caleb Sturgis si vedrà bloccare un calcio nel finale; il DE Olivier Vernon commetterà una penalità tanto ingenua quanto controversa che consentirà a Stevan Ridley di segnare, due giochi dopo, il touchdown del 27-17: anche a più di 7 minuti dalla fine, il virtuale game over.

Per i Patriots la vittoria è un segnale importante, perchè ottenuta con tante assenze e, come detto, con Tom Brady in condizioni precarie. New England si issa ad un confortante 6-2 in classifica e, grazie alla disfatta dei Jets contro Cincinnati (9-49), riesce a guadagnare un vantaggio di due partite proprio sugli acerrimi rivali biancoverdi.

Per i Dolphins la sconfitta è un colpo durissimo: dopo l’ottimo inizio con tre vittorie di fila sono arrivate quattro sconfitte consecutive, di cui le ultime due contro rivali diretti della AFC East. Tutte sarebbero potute andare diversamente, tranne forse quella contro i Saints, ma tutte sono ormai a bilancio e tutte indicano chiaramente che coach Joe Philbin ha ancora molti problemi da risolvere. Tra i problemi, l’infortunio che rischia di aver concluso la stagione del WR Brandon Gibson, l’inserimento negli schemi del nuovo LT Bryant McKinnie ma, soprattutto, quello che già giovedì notte arriveranno a Miami proprio i Cincinnati Bengals reduci dalla passeggiata sopra i Jets. Per evitare la quinta sconfitta di fila, urgono contromisure.

[jwplayer mediaid=”8654″]
Merchandising Merchandising

Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

Articoli collegati

2 Commenti

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Huddle Magazine si sostiene con gli annunci pubblicitari visualizzati sul sito. Disabilita Ad Block (o suo equivalente) per aiutarci :-)

Ovviamente non sei obbligato a farlo, chiudi pure questo messaggio e continua la lettura.