[NFL] Week 5: Baltimore Ravens vs Miami Dolphins 26-23

E’ stata una sfida a viso aperto fra due squadre entrambe in cerca di risposte. Hanno vinto i Ravens per due semplici motivi: hanno più esperienza e meno problemi da risolvere. Il che, semplicemente, li rende in questo momento più forti.

L’esperienza dei campioni in carica si è vista tutta nelle fasi finali della partita, nel convulso ultimo quarto in cui dopo tre minuti gli ospiti erano in vantaggio di 10 punti e davano l’idea di aver chiuso i conti. In due drives e soli quattro minuti Miami è riuscita a ribaltare il risultato e a pareggiare, e soprattutto a farlo nel modo peggiore per gli avversari: ritornando in touchdown un lancio di Joe Flacco deviato dal rookie DE Dion Jordan e finito come la più classica “anatra zoppa” nelle mani della safety Reshad Jones.

Joe Flacco, Ray Rice
Joe Flacco e Ray Rice

Ad otto minuti dalla fine e con l’inerzia della partita completamente cambiata ce n’era a sufficienza per deprimersi. E lì invece si è vista la calma di una squadra che, anche se non è più quella dello scorso anno in tanti aspetti, è comunque consapevole di avere ancora l’anello al dito. Un primo drive di assestamento, il successivo drive di Miami stroncato senza pietà in tre giochi (e due sack) e, quando a meno di 4 minuti Flacco prende la palla in mano sulle proprie 40 yards, sapendo che sarebbe bastato un field goal, si ha già la sensazione di un finale segnato.
E così, in effetti, è stato. Dopo il field goal segnato dalle 44 yards da Justin Tucker Miami ha anche avuto l’occasione dell’ultima rimonta ma, a parte una fiammata con un gran passaggio di Ryan Tannehill per Brandon Gibson a chiudere un 4°/10, l’ennesimo sack concesso dai Dolphins ha costretto il kicker Caleb Sturgis ad un improbabile tentativo da 57 yards per il pari, finito fuori.

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L’esperienza e la forza dei Ravens risalta inoltre chiarissima anche da un dato oggettivo: il tempo di possesso. Fino all’intervallo c’era stato un sostanziale equilibrio (7’44” contro 7’16” il primo quarto per Baltimore, 7’36” contro 7’24” il secondo quarto per Miami), anche se i Dolphins erano andati al riposo in vantaggio (touchdown da 9 yards del TE Charles Clay a 46 secondi dall’intervallo); nel secondo tempo però i Ravens hanno iniziato a macinare gioco e a tenere palla in modo continuo: 11’03” contro 3’57” nel terzo quarto e 10’05” contro 4’55” nel quarto.
In questo periodo i Dolphins hanno ottenuto soli 4 primi down contro il doppio degli avversari e, ciononostante, sono riusciti a segnare 10 punti (certo, 7 sono stati ottenuti dalla difesa sull’intercetto già raccontato). La partita, però, l’hanno vinta i campioni in carica, e questo porta al discorso iniziale della squadra con meno problemi.

I Baltimore Ravens sono una squadra fatta e finita. Rispetto al team che a febbraio ha alzato al cielo il Superbowl hanno perso pezzi importanti (Anquan Boldin, Donnell Ellerbe) se non insostituibili (Ray Lewis, Ed Reed); qualche elemento chiave come Ray Rice inizia a sentire il peso della carriera o è bloccato dagli infortuni come Dennis Pitta, la difesa ha molte facce nuove e da verificare e Joe Flacco è sempre Joe Flacco, nel bene e nel male. E poi la AFC North quest’anno è in pieno ricambio con gli Steelers in crisi profonda, i Bengals che tentennano e i Browns che, per il momento, smentiscono tutti i pronostici. Ma i campioni sono una squadra, hanno comunque un’identità e funzionano.

Brandon Gibson
Brandon Gibson

Miami è una bella realtà in crescita, ha fatto un ottimo inizio e se qualcuno avesse detto a coach Joe Philbin che dopo un avvio contro Cleveland, Indianapolis e New Orleans in trasferta e Atlanta e Baltimore in casa sarebbe stato 3-2 lo avrebbe visto firmare anche il classico pagherò in bianco. Però, pur con tutto il buono che si è visto – ed è molto – c’è ancora del bel lavoro lavoro da fare e, in un certo senso, il bye week arriva nel momento giusto, prima di iniziare gli scontri divisionali. E, soprattutto, ci sono almeno tre problemi evidenti.

Il primo è il più semplice: i Dolphins non sono ancora una squadra, mancano gli automatismi, quella che gli americani chiamano “chemistry”. Il miglior esempio è il feeling evidente che Ryan Tannehill ha con Brian Hartline (secondo anno insieme) e quello che altrettanto evidentemente non ha ancora con Mike Wallace: i due alternano belle giocate e passaggi precisi al millimetro a brutti incompleti e lanci fuori misura, e l’impressione netta è che il giovane quarterback e il suo nuovo primo ricevitore debbano ancora conoscersi bene e capirsi. Quando questo succederà, potrebbero succederne delle belle.

Il secondo problema, invece, è la linea offensiva. E, ahimè, a Miami ha ormai l’aria di un problema cronico. I Dolphins non riescono a correre: sono fermi a meno di 70 yards per partita, solo Rams, Jaguars e i terribili Steelers e Giants di questo inizio di stagione stanno facendo peggio. Contro i Ravens Miami ha guadagnato la bellezza di 22 (ventidue) yards sulle corse: 15 sono di Lamar Miller (7 tentativi, media di 2,1 yards per portata), una è di Daniel Thomas, che l’ha corsa in due tentativi (il calcolo della media è superfluo) e 6 sono state ottenute da Tannehill, mentre era impegnato a correre, forse per salvarsi la pelle.

Terrell Suggs
Terrell Suggs festeggia dopo un sack

Perchè il problema più grosso che deriva sempre dalla linea d’attacco è proprio questo: i Ravens hanno sackato Tannehill ben 6 volte (tre quelli ottenuti dal solo Terrell Suggs), il che porta il conteggio totale dei sack subiti quest’anno dall’ex-Aggie in sole cinque partite ad un abnorme 24.
Sono numeri allarmanti, che ne fanno ovviamente il quarterback più placcato della NFL in questo inizio di stagione, rimandano alla memoria le carriere di altri promettenti quarterback mandati allo sbaraglio dietro protezioni inesistenti (David Carr, tanto per citarne uno) e indicano un problema serio e da risolvere in fretta. Ma dicono anche molto sulle difficoltà dei Dolphins di costruire un vero gioco sul profondo, motivo per cui su Wallace sono stati riversate montagne di dollari in primavera: anche contro Baltimore, semplicemente, molto spesso Tannehill non ha avuto il tempo materiale di lanciare profondo, né a volte di analizzare tutte le alternative, circondato com’era da maglie viola. Ed è quindi ancora più notevole, nonché indicativo sulle sue capacità, che le sue cifre di questo inizio di stagione siano positive e che domenica abbia – per quel che conta – vinto il confronto statistico diretto con Flacco.
L’ex quarterback di Delaware ha chiuso con un modesto 19/32, 269 yards, nessun touchdown e un intercetto, pe run rating di 73.6; Ryan Tannehill ha invece completato 21 passaggi su 40 per 307 yards, 1 touchdown, nessun intercetto ed un rating di 86.1. Però, come si sa , conta vincere e alla fine l’hanno fatto i Ravens. Per loro, in vista dell’incombente sfida contro i Packers di domenica prossima, un problema in meno.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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