[NFL] Oakland Raiders 2013

Grazie agli amici di “Quel che passa il convento”  ecco la presentazione della stagione NFL 2013 squadra per squadra.
Trentaduesima (e ultima) squadra analizzata gli Oakland Raiders.

Dulcis in fundo. Di sicuro, parlando dei Raiders, c’è l’ “in fundo”, di dolce in realtà c’è solo il fatto che si tratta dell’ultima preview con la quale chiudiamo questo viaggio all’interno della NFL durato 2 mesi, giorno più, giorno meno (rincuora il fatto che quando abbiamo iniziato con Dallas e San Francisco, i primi lasciavano perplessi, i secondi potevano festeggiare già il titolo e le cose nel frattempo non sono cambiate).

Raiders sono rimasti per ultimi ed ultimi lo sono anche in alcuni ranking, pur da simpatizzante non è facile parlarne bene: con la dipartita (in tutti i sensi) di Al Davis in molti credevano che le cose potessero cambiare in meglio, ovviamente nessun segno di ingratitudine nei confronti di un uomo che ha dedicato la sua vita “alla maglia”, ricoprendo ogni ruolo possibile al di fuori del campo, dall’allenatore al proprietario, ma che negli ultimi anni, onestamente, aveva perso un po’ il bandolo della matassa. Le scelte bizzarre erano state tutte imputate alla sua “senilità”, poter avere un nuovo proprietario e soprattutto un nuovo general manager aveva dato una scossa di ottimismo all’ambiente.

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In realtà la ricostruzione non è iniziata nel migliore dei modi e scelte un po’ visionarie come quella di D.J. Hayden di quest’anno sembrano più un tributo al grande Al, piuttosto che una inversione di marcia. Hayden, che in pochi si aspettavano scelto così alto sino a pochi giorni dal draft, è stato sinora anche molto sfortunato: il CB, ex Houston Cougars, ha saltato la prima parte dei lavori con la squadra (spesso fondamentale per un rookie) per un problema agli addominali, proprio stanotte debutterà in preseason contro i Bears e attorno a lui girano molto i destini se non della squadra (parliamo pur sempre di un CB al primo anno), ma della credibilità di questo nuovo corso.

Il ragazzo non potrà coprire tutti i buchi presenti a roster e ce ne erano davvero tanti, a partire da quello del QB: l’all in effettuato una stagione e mezzo fa su Carson Palmer non ha pagato, la mossa sembrava disperata sin da subito, con una squadra sì in corsa per i playoff, ma che aveva assoluto bisogno delle scelte negli anni successivi per esserlo effettivamente. Così l’arrivo dell’ex Bengals, ora ai Cardinals, non ha modificato per nulla il destino dei Raiders che, invece, si sono trovati a saltare scelte molto più importanti nell’ottica della crescita di squadra. Al suo posto dietro una linea che tanto linea non è, evoluirà quest’anno Matt Flynn, che dopo la beffa Seattle/Wilson trova finalmente i gradi da titolare e potrà stare un po’ più tranquillo considerando la concorrenza, che non sembra agguerrita, di Terrelle Pryor e Tyler Wilson(McGloin, ex Penn State, faccio fatica a considerarlo, come hanno fatto fatica tutte le squadre lungo i 7 giri del draft): Pryor sta studiando da QB, a tratti sembra aver capito la lezione, il giorno dopo però si dimentica tutto; Wilson (Tyler questa volta, non Russell, Flynn aveva già gli incubi…) ha fatto richiesta di vietare lanci superiori alle 15 yard, ha più possibilità di migliorare la sua potenza di lancio che venga accolta la sua preghiera.

La stella di questa squadra resta Darren McFadden: incostante, fragile, con enormi potenzialità e spesso dimenticato o mal sfruttato dal coaching staff nel game plan della partita, in pratica il riassunto dei Raiders. Non c’è altro da aggiungere su di lui, se non che abbiamo davanti un giocatore che, ad astri allineati, può tirar fuori una stagione da 2000 yard dalla linea di scrimmage e doppia cifra di TD, non sono numeri campati in aria, bensì la sua media nelle due stagioni 2010-2011, in cui giocò 20 partite sotto Hue Jackson (ora nel coaching staff dei Bengals), forse l’unico che abbia capito davvero come sfruttarlo.

Quando hai un RB così talentuoso ma al tempo stesso fragile, i ruoli di RB2 e RB3 non sono per nulla marginali, dopo buone annate di Michael Bush (perso poi l’anno scorso), quest’anno si è deciso di puntare su Rashad Jennings: l’ex Jaguars che si è dimostrato molto più adatto come backup che come titolare (in contumacia Jones-Drew, causa hold out prima e problemi fisici dopo). Il problema di Jennings è che ha una fedina infortunistica che non ha quasi nulla da invidiare a quella del titolare: testa, spalla, ginocchio, piede, ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Così che un Latavius Murray, pescato al sesto giro, diventa quasi interessante a livello di fantasy più per questioni di depth chart, che per meriti personali (lo so, i puristi storceranno il naso, ma è periodo di fantasy draft…che ci possiamo fare!? L’accenno al fanta…ci poteva scappare…).

Nel mix tra running e passing game si inserisce alla perfezione Marcel Reece: uno che aiuta tanto a correre con i suoi blocchi, quanto a muovere la catena con le sue ricezioni, arma tattica interessante e probabilmente unica certezza offensiva a roster. Il reparto di ricevitori/tight end infatti ha pochi appigli sicuri a cui aggrapparsi: il prospetto migliore èDenarius Moore, dietro a lui Rod Streater e Jacoby Ford, tutti accomunati da uno stesso denominatore: fragilità fisica unita a potenzialità mai completamente espressa. Juron Criner è l’ennesima scommessa di cui non si sa ancora bene l’esito, mentre Joshua Cribbsforse ha capito che da “grande” potrà fare esclusivamente quello che faceva, molto bene, da “piccolo”, ovvero il ritornatore.

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Giovanni Ganci

Sports Editor si direbbe al di la dell'oceano, qui più semplicemente il coordinatore di tutta la baracca. Tifoso accanito dei San Francisco 49ers, amante del college football e al di fuori dello "sferoide prolato"© forza Boston Red Sox.

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