[NFL] Week 3: Chiefs all’overtime sui Saints

Con appena due giornate alle spalle, è spesso prematuro parlare di “ultima spaggia” anche in una regular season corta come quella della NFL, ma il match fra Saints e Chiefs di domenica scorsa metteva di fronte due team ancora senza vittorie ed in evidente affanno, seppur per motivi differenti.
I Saints, nonostante lo sprone del Super Bowl in casa e del dimostrare di poter vincere anche senza lo squalificato head coach Sean Payton, avevano finora messo in mostra una difesa colabrodo che aveva subito 75 punti in due gare, ed un attacco che, pur efficiente da un punto di vista statistico, non era che un lontano parente della macchina da guerra cui Brees e compagni ci hanno abituato negli ultimi anni.
I Chiefs, partiti con meno ambizioni del team della Louisiana, avevano subito anche loro 75 punti (i due team condividevano le peggiori difese del torneo), ma il loro attacco aveva faticato moltissimo ed il grosso delle yards ottenute erano arrivate quando ormai le gare contro Falcons e Bills erano ampiamente perse. E da due team con l’acqua alla gola ne è venuto fuori un match condito da tanti errori ma vietato ai deboli di cuore, con i Chiefs che hanno espugnato il Mercedes Benz Superdome in overtime dopo essersi trovati sotto di diciotto punti ben oltre la metà del terzo quarto.
Questo stop casalingo, il secondo in tre giornate, rischia di lasciare un profondissimo segno in una squadra, quella dei Saints appunto, che ha già dimostrato una preoccupante fragilità emotiva senza il suo comandante in capo sulla sideline. Fino al touchdown di Collins su passaggio di Brees, che portava il punteggio sul 24-6 con sei minuti da giocare nel terzo quarto, i Saints si erano disimpegnati bene, poi è iniziata la saga dell’errore; una serie infinita di chance per chiudere il match puntualmente sciupate, con i Chiefs, forse più preparati a dover lottare col coltello fra i denti ogni “maledetta domenica”, capaci di risalire dall’inferno ed aggiudicarsi una partita che invece, nel loro caso, potrebbe costituire un punto di svolta positivo.
Come già sottolineato dunque, per quaranta minuti i Saints avevano giocato un buon match soprattutto in difesa, recuperando anche tre palloni (due fumble e un intercetto) e lasciando all’asciutto i Chiefs a livello di touchdown  grazie ad un ottima difesa nella end zone. In attacco gli uomini della Louisiana non erano stati particolarmente brillanti, ma in otto possessi erano comunque arrivate tre mete, un field goal messo a segno da Hartley ed uno clamorosamente sbagliato dallo stesso kicker dopo che un td pass da Brees a Pierre Thomas era stato giudicato prima completo e poi annullato poiché la palla aveva toccato terra durante la ricezione.
Poi con cinque minuti e trentadue secondi da giocare nel terzo quarto iniziava l’incubo: con l’attacco in maglia rossa con le spalle al muro sulle proprie 9, il runner Jamaal Charles trovava un buco su una corsa verso sinistra,  prendeva d’infilata tutta la difesa di casa, eludeva l’ultimo, disperato tentativo di placcaggio della safety Harper e segnava la meta dopo una clamorosa galoppata di 91 yards: la più lunga corsa nella storia dei Chiefs, che superava quella da 84 yards di Ted McKnight nel 1979.
Sul drive seguente i Saints sembravano rispondere subito: una bomba di Brees a Moore da 34 yards li portava sulle 29 dei Chiefs e da lì, su un secondo e sette, ancora Brees provava con un lungo lob a trovare direttamente in end zone Henderson , ma lanciava il pallone due spanne troppo corto e il cornerback Routt era perfetto nello stare passo a passo col wideout dei Saints ed intercettare l’ovale. Ma le sofferenze per i tifosi di casa erano solo all’inizio: la difesa limitava i Chiefs a due field goal e l’attacco non riusciva più a chiudere nemmeno un down, ma a 5:40 dalla fine del match i Saints avevano palla in mano ancora a +5 (24-19).
Su un secondo e dodici sulle proprie 7, Brees indietreggiava per lanciare ma veniva saccato da un indiavolato Houston all’interno della propria end zone, il che voleva dire safety, 21-24 e palla ai Chiefs. Sull’ultimo drive della disperazione di Kansas City la difesa sembrava però poter definitivamente chiudere l’incontro: su un terzo e dieci Cassel veniva braccato da molti difensori in maglia bianca ma trovava lo stesso il modo di servire con un lancio improbabile Baldwin che chiudeva il down. Poi su un quarto e 5 lo stesso Cassel trovava Bowe per altre 7 yards. Alla fine, a tempo scaduto, Succop centrava i pali da 43 yards e tutto era rimandato all’overtime.
Qui il primo possesso dei Chiefs era fermato dai Saints che però in attacco dovevano partire dalle loro 3 yards. Tre incompleti di Brees ridavano la palla ai Chiefs quasi a metà campo e qui al terzo gioco si assisteva al colpo di grazia definitivo per le coronarie dei tifosi di casa: il runner Draughn riceveva un pallone da Cassel percorreva 12 yards ed era placcato da Shanle perdendo il pallone che veniva raccolto da Harper che lo riportava in meta fra il tripudio della folla.
Tutto finito? Macchè, gli arbitri (giustamente) segnalavano che il pallone era stato perso per il contatto col terreno, dunque niente fumble. Si era comunque al quarto down e una yarda, ma i Chiefs erano ormai in trance agonistica e chiudevano il delicatissimo down grazie ad una corsa di Charles da 3 yards. Quindi ancora grazie al gioco di corsa, Kansas City arrivava fino alle 13 dei Saints, dove Succop gelava definitivamente il Superdome con il calcio del 27-24 finale.
Il k.o. potrebbe essere il colpo definitivo alle speranze di playoff di Brees e compagni (solo il 2,7 per cento dei team partiti 0-3 ha poi raggiunto la post season), anche perché il prossimo avversario si chiama Green Bay Packers. Proprio Brees ha per altro fornito un’altra prestazione sottotono, anche se da un punto di vista personale contro i Chiefs l’ex regista di Purdue ha forse disputato il miglior match fino ad ora. Brees ha fallito ancora troppi lanci che normalmente non sarebbero stati un problema: uno su tutti l’intercetto subito da Routt.
Anche il supporting cast però non è però esente da colpe: per la seconda settimana consecutiva il celebratissimo tight end Graham ha fatto cadere a terra due palloni non certo impossibili da ricevere, ed il gioco sula terra è stato a dir poco anonimo: se si esclude una corsa di Sproles da 47 yards, la media a portata dei Saints è stata di 2 yards. Il che naturalmente chiama anche in causa una linea di attacco pure essa in giornata no, incapace di aprire buchi per i runner e con il tackle Strief costantemente ridicolizzato dal linebacker  Houston.
La difesa è andata meglio, come sottolineato anche dal defensive coordinator Spagnuolo a fine gara (non che ci volesse molto per altro), però sul “groppone” del reparto pesa la devastante corsa concessa a Charles e soprattutto le tante occasioni di terzo e quarto down in cui i Santi non sono riusciti a mettere la museruola ai rossi del Missouri. Note positive in casa Saints le prestazioni del defensive end Galette e soprattutto del  defensive tackle rookie Hicks che, ancora secondo Spagnuolo, si è ritagliato uno spazio  importante per il prossimo turno.
Ed ora è giunto il momento di celebrare i vincitori: non era facile, arrivando da due sonore scoppole, recuperare su un campo difficilissimo contro un avversario comunque tosto, diciotto punti, che per gli amanti delle statistiche, è il più grande deficit rimontato nella loro storia dai “capi indiani”. E invece con le unghie e i denti, i ragazzi di Crennel hanno dimostrato una grande volontà di uscire dal momento difficile e alla fine questa loro tenacia è stata premiata. Onore naturalmente soprattutto ad un Charles che sembra tornato quello di due anni fa: come lui stesso ha raccontato, nonostante fosse la terza partita della stagione, ha iniziato la gara ancora insicuro (è reduce da una operazione al legamento crociato la cui rottura chiuse dopo appena due giornate la stagione passata del runner da Texas), poi piano piano ha trovato sicurezza fino ad esplodere con la già citata imitazione di Bolt.
Alla fine le yards guadagnate da Charles saranno addirittura 233, cui vanno aggiunte 55 yards su ricezione, il tutto tenendo conto che per buona parte del match i Chiefs sono stati costretti a giocare con la guardia Lilja nel delicatissimo ruolo di centro al posto del titolare Hudson che purtroppo per Kansas City ha già terminato la stagione (e a fine gara Lilja ha candidamente confessato di non aver mai giocato centro in una partita ufficiale). Ancora una volta invece il gioco su passaggio ha lasciato a desiderare, con il solo Bowe (sette ricezioni per 79 yards) in evidenza,  anche se a merito di Cassel va detto che nel momento di massima pressione l’ex regista di USC ha risposto presente, completando almeno tre passaggi in quella che gli americani chiamano “do or die situation”.
La difesa ha retto invece benissimo l’urto di un attacco solitamente letale come quello di New Orleans, con l’outside linebacker Houston capace di una prestazione di quelle da tramandare ai posteri: tre sack, tre pressioni su Brees, un placcaggio per perdita di terreno e nessuna ricezione concessa le 11 volte in cui è rimasto in copertura sul passaggio. E per la serie dalle stelle alle stalle, i Chiefs, una delle barzellette della Lega fino a quattro giorni fa, giocheranno domenica contro San Diego con in palio la testa della division: come ha detto il tackle Winston “questo è il bello della NFL.”

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