[NFL] Touchdown o intercetto?

Gli ultimi secondi di Packers vs Seahawks offrono molti spunti di riflessione. Dal punto di vista dell’analisi specifica dell’episodio “incriminato” – il touchdown della vittoria di Seattle – meglio abbandonare subito la diatriba di stampo quasi complottistico e prendere atto che si è trattato sicuramente di una chiamata controversa, ma non certo di follia compiuta per assoluta negligenza se non addirittura per cattiva fede.

C’è sicuramente un grave errore nel giudizio di quell’azione conclusiva, cioè la mancata chiamata di interferenza all’attacco, alquanto clamorosa e, in linea di principio, ben racchiusa nel cono di visione dell’arbitro in copertura, correttamente posizionato sul piloncino della goal line.
Ma per quanto attiene al discrimine fra il touchdown e l’intercetto bisognerà riferirsi, così come quasi certamente ha fatto sia il booth durante la review che la NFL nel giudizio espresso ieri ex-post, ad una regola e ad una definizione.
La regola come noto dice che la presa simultanea “da’ ragione” sempre all’attacco e che di presa simultanea non si tratta solo nel caso che uno dei due contendenti abbia acquisito per primo il possesso della palla. La questione detrimente è quindi quella di stabilire quando e se uno dei due contendenti, il difensore in questo caso, si sia impossessato del pallone, prima dell’attaccante. Qui dobbiamo ricorrere alla definizione, citata in lingua originale

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“To gain possession of a loose ball (3-2-3) that has been caught, intercepted, or recovered, a player must have complete control of the ball and have both feet completely on the ground inbounds or any other part of his body, other than his hands, on the ground in-bounds. If the player loses the ball while simultaneously touching both feet or any other part of his body to the ground or if there is any doubt that the acts were simultaneous, there is no possession. This rule applies in the field of play and in the end zone.”

Jennings afferra la palla con due mani e se la porta al petto, ma non ne ha il possesso fino a quando non atterrerà al suolo. Scolasticamente si insegna agli arbitri che per avere il possesso il giocatore “deve essere in grado di porgerti il pallone” ovvero di disporre dello stesso. Si assume che, fino a quando il giocatore non sia con i piedi o con il corpo a terra ciò non sia possibile.
Passaggio successivo: quando a sua volta Tate, l’attaccante, mette dunque le mani sul pallone, avendo per altro già due piedi ben piantati, prima o dopo l’acquisizione del possesso da parte di Jennings?
Il “judgement” sulla chiamata sta tutto in questa ricostruzione sequenziale e difficilmente, molto difficilmente, anche i sostenitori della tesi dell’intercetto saranno mai in grado guardando e riguardando il replay di accertarsi che Tate “contenda” il pallone solo dopo che Jenning ne ha acquisito il possesso. Evidentemente non è chiaro a nessuno e non può esserlo per ovvie ragioni di buon senso.
Quasi superfluo smentire tesi suggestive secondo le quali “nel processo di ricezione” Jennings avrebbe acquisito già il controllo del pallone quando era staccato da terra. Basti ricordare ai meno esperti che in caso di un contatto in volo con palla uscita dalle braccia del giocatore in ricezione, la chiamata è sempre un incompleto (situazione definita in gergo arbitrale “bang-bang”) e non sicuramente un fumble.
Ricordiamoci anche che in fase di review per annullare il touchdown e concedere l’intercetto il booth avrebbe dovuto ottenere dalla visione dei filmati la prova incontrovertibile che Jennings avesse acquisito il possesso prima che anche Tate mettesse le mani sul pallone per contenderlo. Questa incontrovertibilità, evidentemente, non c’è. Dunque la chiamata in campo è stata di touchdown e il review l’ha confermata.
Proviamo allora a immaginare uno scenario alternativo, immaginiamo che in campo fosse stato battezzato l’intercetto. Quale sarebbe stato l’esito nel booth? Una reverse call per concedere il touchdown? Probabilmente no. E’ infatti ragionevole pensare che anche in questo caso il booth non avrebbe riscontrato l’evidenza incontrovertibile per ribaltare la chiamata del campo e, soprattutto, il “judgement” espresso in campo. Allargando l’orizzonte la conclusione di questo episodio, e più in generale, l’esperienza deludente delle prime tre giornate di regular season arbitrate dai sostituti è che la centralità dell’arbitro in campo non può in alcun modo essere soppiantata. La tecnologia dell’instant replay si conferma un buono ed efficace aiuto nella stragrande maggioranza di situazioni nelle quali se ne fa ricorso, ma non può per definizione venire a capo di tutto e, cosa più importante, non può sopperire in maniera esaustiva a insufficienze tecniche del campo.
Molti ricorderanno che quando qualche anno fa gli arbitri furono istruiti di essere più elastici nel lasciar correre azioni con fumble sospettati di essere “down by contact”, assistemmo per molte settimane ad una paradossale situazione nella quale a fronte della prudenza arbitrale nell’evitare di fermare il gioco erroneamente, I coach erano costretti a sprecare i loro challenge per certificare situazioni alquanto ovvie di down by contact.
Bisognerebbe augurarsi dunque almeno due cose. La prima è che la NFL prenda atto che non c’è sostituto che tenga, gli arbitri “titolari” della National Football League sono probabilmente gli ufficiali di gara meglio preparati al Mondo e in uno sport professionistico dove regna padrona la metodicità e la maniacalità della specializzazione è evidente che non c’è nulla di improvvisabile, sicuramente non la preparazione tecnica e mentale degli ufficiali di gara.
La seconda è che non può essere l’armamentario organizzativo e tecnologico a stemperare le incertezze, le inconcludenze e a sopperire in toto agli errori di giudizio in campo. Non accadeva con gli arbitri titolari e a maggior ragione non può avvenire con I sostituti.

Ciò che è accaduto lunedì notte, guardiamola in positivo, è invece la conferma di quanto il football professionistico sia complicato, difficile e spettacolare e di quanto richieda l’eccellenza da parte di tutti i suoi protagonisti, atleti, tecnici e arbitri. Quando c’è l’eccellenza anche la tecnologia può risultare essere non fondamentale. La chiamata fatta in campo è ciò che posiziona la linea di scrimmage minuto dopo minuto, è fulcro della sequenzialità dei down e dunque centrale nella regolarità del gioco. E nonostante tutto, per chi ama questo sport, questa dovrebbe essere una buona notizia; a patto che il Commissioner riporti in campo gli arbitri migliori.

Sandro Orlando

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Redazione

Abbiamo iniziato nel 1999 a scrivere di football americano: NFL, NCAA, campionati italiani, coppe europee, tornei continentali, interviste, foto, disegni e chi più ne ha più ne metta.

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10 Commenti

  1. Analisi perfetta, va bene che i refs hanno grossi problemi di gestione della gara, ma questa chiamata in particolare non mi fa gridare ad alcuno scandalo, checchè ne dica la maggiorparte degli “addetti”

  2. Pereira non è d’accordo con questa interpretazione. Soprattutto sulla definizione di controllo della palla. Era intercetto. Punto. 🙂

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