[SB XLVI] Dalla panchina dei Giants

Alla fine hanno avuto ragione loro: non i Saints dall’attacco stellare, non i Packers dal passing game stratosferico e nemmeno i team con le super difese cioè Pittsburgh, Baltimore e San Francisco. No, alla fine anche gli irriducibili Patriots si sono dovuti inchinare e i New York Giants si sono aggiudicati il quarto Super Bowl della loro storia.
Intendiamoci, anche se coach Coughlin ha vinto gli stessi titoli di Bill Parcells ed Eli Manning ha addirittura sopravanzato il più famoso fratello in fatto di Lombardi Trophy, fra trent’anni saranno sicuramente più celebrati i Parcells ed i Payton Manning, ma in fondo proprio questa è la forza dei Giants versione anni 2000: senza i proclami tanto cari al loro vicino di casa Rex Ryan, senza stelle di prima grandezza (magari lo diventeranno il defensive end Pierre-Paul o il ricevitore Cruz) i blu della Grande Mela alla fine riescono ad arrivare là dove altri con un pedigree sulla carta più illustre hanno fallito.
Insomma il titolo NFL non è andato alla squadra più forte di questi playoff, ma alla squadra più “squadra” e alla fine questo è quello che conta. E sulla vittoria in questo quarantaseiesimo Super Bowl c’è impresso indelebile il marchio Giants; dopo un’ottima partenza, i newyorkesi si sono visti superare da un Brady che sembrava inarrestabile, poi piano piano si sono aggiustati, hanno iniziato ad incrinare le certezze dei Patriots quindi, con le spalle al muro, hanno colpito senza più commettere errori a differenza dei loro avversari.
La costanza nel restare bilanciati in attacco anche se le corse talvolta li tradivano malamente, le mani che sembravano spalmate di colla di Manningham,giants di Cruz, di Nicks contrapposte alle ricezioni mancate da Branch, da Hernandez e soprattutto da Welker. Questo alla fine ha fatto la differenza contro una New England grandissima nel non mollare mai, che ha dimostrato in questa finale di non avere i numeri del team che nel 2007 chiuse imbattuto la regular season per poi finire k.o. con i Giants in finale, ma di avere più cuore e che alla fine ha mancato l’incredibile rimonta per un metro, quello che ha separato Gronkowski dall’ovale caduto a terra sull’ultimo disperato tracciante di Brady.
Una finale magari non spettacolare ma bellissima ed  intensissima che alla fine ha premiato il team apparso più completo. Per il regista Eli Manning, eletto MVP dell’incontro, è stato il coronamento di una grandissima stagione: nel 2011 il regista da Mississippi non può certo vantare i numeri di Brees e di Rodgers ma quando le partite erano in bilico ha sempre risposto presente, come nel drive decisivo di questo Super Bowl. Il 30 su 40 per 296 yards ed una meta inquadra con precisione la grande prova di un quarterback in cui i compagni hanno ormai piena fiducia e che ha probabilmente raggiunto la piena maturazione.
I suoi tre terminali preferiti sono sicuramente una delle ragioni del successo dei G-men: stavolta l’astro nascente Victor Cruz ha brillato decisamente meno che in altre partite, chiudendo con appena 4 palle catturate per 25 yards, ma una di queste ha fruttato la prima meta e la sua posizione come ricevitore interno ha permesso a Nicks e Manningham di lavorare con più tranquillità sul medio e lungo. Nicks è stato il bersaglio principale di Manning ed ha chiuso con 10 ricezioni per 109 yards, mentre Manningham è stato forse il meno preciso fra i ricevitori, ma ha avuto il merito di fare sua in maniera funambolica la palla che ha di fatto girato la partita dando il là alla meta del definitivo sorpasso.
Con i Patriots preoccupati di eliminare i big play, per i newyorkesi si sono aperti ghiotti spazi nel corto, dove i vari Pascoe, Cruz, Bradshaw, Hynoski e Ballard si sono infilati guadagnando yards spesso decisive. La coppia Bradshaw-Jacobs non ha fatto cose stratosferiche ma è stata decisiva nel tenere la difesa dei bostoniani all’erta pure contro il rushing game anche perché entrambi i runner hanno terminato la gara con oltre quattro yards di media a portata.
L’altro reparto decisivo nel trascinare alla vittoria i Giants è stata la linea difensiva, uno degli argomenti principali nelle due settimane che avevano preceduto il Gran Ballo. La vera anima della difesa dei G-men, forte dei vari Tuck, Pierre Paul e Umenyiora  non ha certo deluso soprattutto con un Tuck veramente devastante, autore di due sack, due placcaggi per perdita di terreno e tre colpi a Brady, il primo dei quali ha fruttato due punti visto che ha costretto il regista avversario ad un intentional grounding nella propria end zone.
Poi in realtà neppure la linea è stata perfetta poiché si è presa una lunga pausa durante il match, e infatti Brady ha puntualmente punito la latitanza della pass rush completando 16 passaggi consecutivi (nuovo record del Super Bowl), ma nel momento decisivo della sfida la pressione sul regista dei Patriots si è fatta sentire ed il sack di Tuck nell’ultimo drive è stata fra le azioni più importanti del match.
Credo però sia doveroso sottolineare anche la prova di due giocatori solitamente nell’ombra, e cioè i defensive tackle Canty e Joseph bravi sia nel mettere pressione a Brady che nel limitare il rushing game avversario.
giantsL’anello debole della difesa newyorkese era sicuramente quello dei linebackers, e con un Boley non in grado di ripetere la brillante prestazione offerta contro i 49ers effettivamente la seconda linea difensiva ha faticato non poco. Blackburn ha sì il merito di aver intercettato Brady su un lancio decisamente pigro del regista dei Patriots ma è stato bruciato più volte dai tight end avversari.
Il secondario ha invece giocato un match dai due volti: Rolle e compagni sono stati bravi a non subire big play e hanno placcato con grande efficacia, pero hanno concesso molto in fase di copertura ed il grosso degli incompleti di Brady sono arrivati più per problemi di concentrazione dei terminali offensivi di coach Belichick che non per le giocate del secondario della Grande Mela.
Venendo alla cronaca del match, il primo drive dei Giants ha subito palesato pregi e difetti che affliggeranno il team di Coughlin per buona parte della sfida: in attacco Manning e compagni muovevano bene il pallone ma non concretizzavano. Così la serie di apertura, tenuta viva da una ricezione di Nicks da 19 yards e da una chiusura di terzo down grazie ad un passaggio a Cruz, si arenava sulle 33 dei Patriots a causa di due sack in rapida successione, che portavano i Giants fuori dal raggio da field goal. Il punt di Weatherford inchiodava però New England sulle proprie 6 e sul primo gioco Brady vedeva sbucare dal mezzo Tuck in piena velocità e non trovava di meglio che scaricare il pallone alla cieca. Gli arbitri sancivano l’intentional grounding, ma dato che Brady era nella propria end zone, scattava la safety.
Sul drive seguente al calcio di New England, i Giants muovevano nuovamente palla, stavolta soprattutto con l’ottima corsa da 24 yards di Bradshaw, ma rischiavano una clamorosa frittata: sulle 7 dei Patriots Cruz veniva placcato perdendo il pallone recuperato dal linebacker Spikes. La felicità dei Patriots veniva però spenta dagli arbitri che penalizzavano i bostoniani poiché avevano 12 uomini in campo, e così anziché una palla persa, arrivava la meta del 9-0 grazie ad un passaggio di 2 yards da Manning a Cruz.
Sul finire del primo quarto  New England iniziava a macinare yards, e buon per i Giants che su un terzo e quattro sulle 11 avversarie, Brady non abbia trovato Hernandez, con i Patriots così costretti al field goal. I due drive seguenti dei Giants terminavano nei pressi della metà campo a causa di altrettante penalità, nonostante le buone giocate del trio Manning, Nicks e Bradshaw. Poi a 4 minuti dal termine del primo tempo, i Giants venivano ipnotizzati da Brady: partito ad appena 2 yards dalla propria end zone, il regista da Michigan sfruttando la no-huddle offense e la shotgun infilava otto passaggi completi su otto tentati per 88 yards e la meta con un lancio a Woodhead da 4 yards.
Si andava così all’intervallo sul 10-9 e l’impressione che i Giants avessero perso l’inerzia del primo quarto, anche perché nel primo drive del secondogiants tempo Brady metteva nuovamente a ferro e fuoco il secondario di New York coronando poi la serie pescando in end zone Hernandez per il 17-9. Proprio quando sembrava che fossero sul punto di mollare, i Giants dimostravano quelle qualità di combattenti che li avevano portati fino alla finale: dopo un buon ritorno del rookie Jerningan, Manning chiudeva un terzo e quattro con un lancio a Nicks, poi Bradshaw con una corsa da 7 yards e ancora Nicks con una ricezione da 11 portavano una New York a secco da quasi due quarti in raggio da field goal, con Tynes che non sbagliava dalle 20.
New England recuperava il pallone, ma dopo una lunga latitanza, si risvegliava anche la pass rush di New York: sack di Tuck su un terzo e 8 e dopo il punt ovale nuovamente nelle mani di Manning già all’interno della metà campo avversaria. E qui i Giants rischiavano la seconda frittata: Nicks riceveva un bel passaggio e veniva fermato sulle 30 da un gran placcaggio di Mayo ma prima di toccare terra perdeva la palla. I Giants erano però nuovamente fortunati, perché l’ovale veniva recuperato dal fullback Hynoski. Certo fortuna per il rimbalzo, però bisogna dar credito ad Hynoski perché che un fullback si trovi a 20 yards da dove è partita l’azione non è certo cosa da tutti i giorni.
Salvato così il drive, i Giants riuscivano ad entrare nelle 10 avversarie ma su un terzo e quattro Manning veniva “saccato”da Ninkovich e Anderson. Il field goal dalle 15 era uno scherzo per Tynes e serviva per accorciare ulteriormente le distanze, con i Giants che però continuavano a non concretizzare.
Si entrava così nell’ultimo quarto sul 17-15 e con i Patriots nel territorio dei Giants. Su un primo e dieci, Brady provava a pescare sul profondo Gronkowski confidando che il tight end avrebbe battuto come già successo più volte Blackburn. Il lancio però era corto ed un po’ lento, così il linebacker dei Giants aveva il tempo di recuperare, aggiustarsi ed intercettare il pallone. Il drive successivo era una sorta di ennesimo deja vù: New York rischiava per la terza volta di perdere l’ovale, stavolta con Bradshaw, addirittura sulle sue 11 e solo l’attenzione della guardia Snee che recuperava la palla vagante, correggeva un errore che poteva risultare letale. Poi Manning infilava una buona sequenza di completi, ma nella metà campo dei Patriots una penalità stroncava nuovamente il drive.
New England aveva così a disposizione il primo match ball, ma un lancio profondo di Brady non veniva ricevuto da un liberissimo Welker che in acrobazia riusciva a toccare l’ovale con entrambe le mani ma non a farlo suo. New York riceveva così l’ennesimo regalo (la ricezione avrebbe portato i Patriots sulle  20 dei Giants), e recuperava il possesso del pallone con poco meno di quattro minuti da giocare ma sulle proprie 12. E qui la coppia Manning-Manningham trovava il gioco più importante del match: un gran lancio sulla sideline di Eli al suo ricevitore numero 3 che si inventava una ricezione da circo in mezzo a due avversari prima di uscire dal campo sulle 50: guadagno netto 38 yards.
giantsDa lì l’attacco dei Giants macinava yards fino a trovarsi sulle 6 dei Patrots con 63 secondi da giocare. E qui si assisteva ad una azione grottesca: i Patriots decidevano di far segnare subito i Giants per avere ancora un minuto per la rimonta, ma New York aveva come obiettivo quello di mangiarsi il tempo rimasto per chiudere poi il match con un calcio di Tynes. Alla partenza dell’azione la palla veniva consegnata a Bradshaw che vedeva la difesa avversaria aprirsi stile acque del mar Rosso. Arrivato facilmente a meno di un metro dal touchdown, il runner cercava di fermarsi, ma un po’ l’inerzia, un po’ la forza dell’abitudine, lo facevano cadere nell’area di meta. La trasformazione da due non andava a buon fine, e Brady aveva l’ultimo possesso con 57 secondi da giocare sotto di 4.
New York vedeva ormai il traguardo vicinissimo e probabilmente pensava di aver chiuso la partita quando Tuck placcava Brady per una perdita di 6 yards. Però nonostante il quarto e 16 la squadra di Belichick era ancora viva: due passaggi completi a Branch e Hernandez ed eccoci all’ultima azione, a 5 secondi dal termine sulle 44 dei Giants.
Brady disegnava una parabola pericolosissima in end zone, dove la safety Phillips riusciva deviare il pallone che passava a meno di un metro dalle mani di Gronkowski e cadeva a terra mandando i Giants nuovamente in paradiso come quattro anni fa.
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