[NFL] Il football come gli scacchi

nfl“Football is a chess game. You always try to stay one move ahead”, diceva Joe Tiller, ex capo allenatore di Wyoming e Purdue, considerato uno dei massimi innovatori della spread offense. Essere sempre un passo avanti all’avversario significa avere degli schemi innovativi, delle combinazioni particolari delle traiettorie dei ricevitori, degli schemi di bloccaggio in linea più o meno elaborati, oltre ad avere dei giocatori più bravi, ovviamente, per non parlare del sincronismo tra i giocatori e la miglire esecuzione rispetto agli avversari.
C’è qualcosa, però, che va al di là di quello che succede in campo, sebbene ne sia strettamente correlato, e si chiama strategia.
Spesso la differenza tra un coach vincente ed uno solamente bravo sul piano tecnico è data dalla capacità del primo di adottare e studiare delle strategie migliori rispetto al suo avversario. E non parliamo solo di game plan, percentuali di distribuzione tra corsa e passaggio o scelta dello schema giusto al momento giusto. Parliamo anche di piccole ed apparentemente insignificanti scelte che possono risultare determinanti nel buon esito di una partita.
Come vedremo, queste strategie possono portarsi dietro anche questioni di tipo etico e morale, cioè fino a che punto il fine giustifichi i mezzi. E’ un po’ il vecchio tema di fino a dove si può spingere un trick play senza sconfinare nella palese antisportività. 
Il Super Bowl appena disputato tra Giants e Patriots ha fornito diversi esempi interessanti di strategie applicate al gioco. Ne abbiamo scelti tre, anche se il terzo, come vedremo, è più una ipotesi che non una strategia effettivamente attuata, ma ci permette di ritornare sull’argomento dell’etica sportiva applicata al football.
 
1 – VINCO IL SORTEGGIO MA SCELGO DI AVERE LA PALLA NEL SECONDO TEMPO
 
coin tossFino a qualche anno fa erano molto poche le squadre che, vinto il sorteggio al kickoff, sceglievano di ricevere nel secondo tempo. Normalmente vincere il sorteggio significava avere subito la palla e la possibilità di  segnare per primi costringendo l’avversario all’inseguimento din dall’inizio.
Da qualche tempo, però, una schiera di allenatori via via crescente ha iniziato a rimandare la propria scelta nel secondo tempo, praticamente obbligando l’avversario a scegliere di ricevere nel primo.
La scelta ha un senso, soprattutto nelle partite che si prevede siano giocate all’ultimo punto, anche in relazione alla sempre maggior percentuale di drive che terminano con una segnatura rispetto al passato.
Il concetto che sta alla base di questa scelta è avere il cinquanta per cento di probabilità di poter usufruire di due drive consecutivi per segnare, uno alla fine del secondo quarto ed uno all’inizio del terzo. La potenziale doppia segnatura potrebbe risultare nel break decisivo per raggiungere e superare l’avversario o addirittura per distanziarlo ulteriormente.
Appare chiaro che se ipotizziamo che ogni drive offensivo delle due squadre vada a finire in touchdown, scegliere di ricevere nel secondo tempo è l’unico modo per avere la possibilità di passare da inseguitore ad inseguito oppure di portare il vantaggio a due segnature di differenza, mentre ricevere subito ad inizio partita significa regalare, di fatto, questo possibile vantaggio al proprio avversario.
 
2 – LASCIO SEGNARE L’AVVERSARIO PER AVERE PIU’ TEMPO PER SEGNARE A MIA VOLTA
 
bradshawLa scena della difesa dei Patriots che si apre cone il Mar Rosso al passaggio di Mosè per lasciare che Ahmad Bradshaw entri in end zone a meno di un minuto dal termine della partita, ha fatto il giro del mondo, ed ha suscitato pareri piuttosto discordanti. In generale, viene contestato il fatto che lasciar segnare di proposito gli avversari vada oltre ogni logica sportiva, dal momento che la difesa in campo ha come compito principale proprio quello di far sì che ciò non accada.
Pensandoci bene, invece, non è affatto così. A differenza di sport come il calcio, l’hockey, la pallamano e, in generale, tutti quegli sport in cui se si è indietro nel punteggio non basta una segnatura per tornare in vantaggio, la scelta di Belichick di far segnare l’avversario è apparsa del tutto sensata, e l’unica critica che gli si può avanzare è sulla tempistica con cui ciò è avvenuto.
Era chiaro che i Giants, con meno di due minuti da giocare, due soli punti di svantaggio e la palla sulle diciotto yards offensive, avevano la quasi matematica certezza di vincere senza lasciare tempo ai Patriots di poter avere l’opportunità di rimontare. Bastava infatti giocare palla a terra, non uscire dal campo, non fermare il cronometro ed usare tutti i secondi disponibili per mettere in gioco la palla, per arrivare a calciare un field goal mentre il tempo scadeva. Certo, il field goal doveva andare a segno, e la conclusione della finale di conference tra Ravens e Patriots era lì a testimoniare che nulla è mai scontato, ma, oggettivamente, un field goal da dentro le venti yards ha una percentuale di riuscita talmente alta da sfiorare l’automatismo.
Ecco perchè Belichick ha deciso di far segnare Bradshaw, quindi, per poter avere, come ha poi avuto, cinque/sei azioni a disposizione per tentare il controsorpasso. La scelta era tra perdere quasi certamente di un solo punto oppure avere la possibilità di vincere: cosa avreste scelto voi?
 
3 – MANDO 12 UOMINI IN CAMPO DI PROPOSITO PER GUADAGNARE TEMPO
 
12La terza situazione è in realtà una ipotesi di quanto potrebbe essere successo, senza alcuna prova a sostegno. Anzi, l’impressione è che la penalità sia stata commessa in maniera del tutto non intenzionale. Stiamo parlando delle cinque yards comminate ai Giants per l’infrazione di dodici uomini in campo durante una delle ultime azioni della partita. Qualche commentatore ha insinuato il dubbio che Coughlin avesse mandato dodici uomini in campo di proposito, per guadagnare un po’ di tempo, ma le riprese dall’alto mostrano come il dodicesimo uomo in campo stesse uscendo in fretta e furia senza riuscire a varcare la linea laterale prima dello snap.
Non avrebbe infatti avuto senso mandare dodici uomini in campo di proposito per farne poi effettivamente giocare undici vanificando gli effetti della strategia.
La trovata di mandare in campo più di undici difensori la si deve a Buddy Ryan, il leggendario creatore della 46 Defense con cui i Chicago Bears vinsero il Super Bowl del 1986, anche se non è ben chiaro se Ryan utilizzò mai realmente questa tattica.
Lo schema, denominato “Polish Defense” nel playbook degli Houston Oilers del 1993, prevedeva di aggiungere alla normale formazione difensiva di goal line fino a tre linebacker aggiuntivi, portando il numero di giocatori in campo a quattordici.
Da utilizzarsi in situazioni estreme, con l’avversario dentro le cinque yards offensive, poco tempo sul cronometro e la necessità di segnare per vincere la partita, quel tipo di difesa concedeva all’avversario metà distanza presa con la penalità, assicurando però quasi certamente di riuscire ad impedire all’attacco avversario di segnare. Del resto in quattordici contro undici le probabilità di fermare l’avversario aumentavano di un bel po’.
La squadra sarebbe stata penalizzata, ma gli avversari avrebbero comunque consumato il tempo dell’azione incriminata senza segnare.
Balza subito all’occhio come, a differenza delle altre due tattiche esposte in precedenza, in questo caso si tratti di una vera e propria infrazione deliberata e volontaria alle regole, una pratica che non dovrebbe trovare posto in un mondo che fa di onore e rispetto i suoi principi fondanti e fondamentali.
Fortunatamente, nonostante le due finaliste avessero dato più volte in passato, anche recente, adito a polemiche per comportamenti non proprio ortodossi (pratiche difensive al limite se non oltre il regolamento, spygate, finti infortuni per fermare il tempo fino ad arrivare all’invito a colpire duramente un giocatore già vittima di due commozioni cerebrali), almeno per questa finale ci siamo potuti occupare solo della parte tattico-sportiva, lasciando per una volta l’etica negli spogliatoi.
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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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