[W14] La zona Tebow

nflE’ il personaggio del momento nella NFL.
No, non mi sto riferendo a Drew Brees o a Tom Brady che possono battere il record di Dan Marino per yards passate in una singola stagione, che resiste ormai dal 1984. E nemmeno ad Aaron Rodgers che sta avendo una stagione a dir poco mostruosa, e neppure ad Eli Manning che sta giocando a livelli paragonabili a quelli del venerando fratello. 
No, naturalmente sto parlando di Tim Tebow, quarterback di quei Denver Broncos che sono a caccia di uno dei più improbabili accessi ai playoff nella storia recente della NFL. Cosa ha trasformato Tebow in un fenomeno tale da far dire a Robert Kraft, presidente dei New England Patriots prossimi avversari dei Broncos, che la sua presenza è positiva per tutto il mondo del football ?  
Probabilmente già sin d’ora si potreb
be scrivere un libro sulla vita di questo ragazzo figlio di due missionari della First Baptist Church uscitobroncos dall’Università della Florida nel 2010 con all’attivo due titoli nazionali con i Gators ed un Heisman Trophy quale miglior giocatore di football della nazione vinto nel 2007. E se all’università Tebow è protagonista dentro al campo, fuori da esso lo è quasi altrettanto:  sorretto da una fede incrollabile nel suo credo religioso, è sovente chiamato per parlare in incontri con detenuti nelle prigioni della Florida e spesso si reca in visita ad orfanotrofi o ad associazioni di volontariato, suggerendo ai suoi compagni di fare altrettanto; anzi secondo l’ex head coach di Florida Urban Meier, le attività filantropiche e il carisma di Tebow sono state così significative che hanno cambiato in parte la cultura del campus stesso. 
Finito il periodo dell’università nel 2010 Tebow passa nella NFL che però è un mondo spietato, dove non basta essere un ottimo atleta ed un personaggio assolutamente positivo fuori dal campo per sfondare. Infatti nonostante statistiche impressionanti all’università, sono in molti a dubitare che il ragazzo possa fare il grande salto, perché Tebow in realtà è un quarterback atipico: ha il fisico del linebacker, corre come un runner e passa discretamente con una meccanica però assolutamente rivedibile. Così ai draft viene scelto fra lo scetticismo generale dai Denver Broncos e al primo anno di professionismo, con una squadra che gli cade a pezzi intorno, il numero 15 si segnala più per le giocate con le sue gambe che non per quelle col suo braccio: in nove partite disputate, di cui tre da titolare, corre per 227 yards e tre mete, mentre le statistiche sui passaggi sono molto meno lusinghiere: 41 passaggi completi su 82 per 654 yards cinque mete e tre intercetti.  
Nell’estate 2011, terminato lo spauracchio dello sciopero, il nuovo head coach John Fox dichiara che la battaglia per il ruolo da titolare in cabina di regia è apertissima fra Tebow e Kyle Orton, non esattamente un fenomeno; eppure Tebow non convince e alla fine è Orton a conquistare il posto da titolare. Le prime cinque giornate dei Broncos sono però un incubo: un solo successo, la sconfitta pesantissima in casa dei Packers e soprattutto il k.o. interno contro gli arcirivali dei Chargers portano i tifosi a chiedere a gran voce la promozione di Tebow a titolare. 
Fox, che già contro San Diego nel secondo tempo aveva buttato nella mischia il suo giovane regista, decide di affidargli le chiavi dell’attacco alla vigilia del match in casa dei Dolphins, team ancora senza vittorie. E per 55 minuti il campo sembra dargli clamorosamente torto: Tebow compila un orrendo quattro su dodici per 40 yards e quattro sack subiti. Inutile dire che a cinque minuti e mezzo dalla fine del match i Broncos sono ancora a 0, anche se grazie al gran lavoro della difesa i Dolphins hanno segnato appena 15 punti. In una sfida che sembra ormai segnata, Tebow rientra in campo e improvvisamente cambia il volto del match: tre passaggi completi, di cui una bomba a Willis per 52 yards, una corsa da 13 yards e poi il passaggio in meta a Thomas e i Broncos sono nuovamente in partita. A quel punto Fox si gioca il tutto per tutto: onside kick ricoperto da Denver e palla nuovamente a broncosTebow: tre completi poi un’altra sassata, stavolta a Fells e i Broncos sono sulle 3 di Miami a 56 secondi dal termine. Da qui Tebow trova ancora Fells per la meta del 13-15, poi si incarica lui stesso di trasformare la conversione da due punti: parità e tempi supplementari. 
Qui in realtà è la difesa che conquista la vittoria causando e ricoprendo un fumble prima che Prater segni il field goal del successo, ma la prestazione di Tebow non passa naturalmente inosservata. Anche perchè con l’eccezione della disfatta con Detroit, da allora Tim si è ripetuto più volte quasi sempre con lo stesso copione: quarantacinque o cinquanta minuti inguardabili, poi rimonte con drive incredibili ancora nei tempi regolamentari o addirittura in overtime.
 Così sotto i “colpi di coda” del numero 15 cadono via via Oakland e Kansas City, sconfitte a domicilio, poi i New York Jets, quindi ancora San Diego e Minnesota, battute anche loro sul terreno amico. L’ultimo miracolo, Tebow l’ha confezionato domenica scorsa in casa contro Chicago e la sua temibilissima difesa. Con quattro minuti e mezzo ancora da giocare in un match per lunghi tratti inguardabile (i Bears erano privi delle loro uniche armi offensive: il quarterback Cutler e il runner Forte), i Broncos erano sotto 10-0. Poi è arrivato il Tebow time: sei passaggi tentati, sei completi per 63 yards e meta su passaggio a Thomas. Quindi dopo il punt di Chicago, ancora Tebow completava altri tre passaggi per 39 yards, ma sulle 41 di Chicago il drive andava in stallo. Field goal da 59 yards? Non c’è problema: Prater infilava i pali da distanza siderale ed era overtime. 
Qui i Bears trovavano modo di suicidarsi: sulle 33 di Denver, dunque già in raggio da field goal, il runner Marion Barber perdeva l’ovale recuperato dai Broncos.  Sul drive seguente Tebow dopo un incompleto, serviva McGahee e poi Thomas due volte, correva per sei yards e lasciava campo a Prater per un field goal lungo ma non impossibile: 51 yards che il prodotto da Central Florida metteva in mezzo ai pali per il sesto trionfo consecutivo.  
Grazie a questo successo, Denver raggiunge così il record dì 8-5, con il vantaggio di una vittoria sui Raiders a tre turni dal termine, dunque per il momento i blu-arancio controllano il proprio destino nella AFC West. Parlavamo però di Tebow e del suo momento magico: dopo ogni vittoria il partito dei critici, numerosissimo ed agguerritissimo fino a poche settimane fa, si assottiglia sempre di più. Tutti coloro che erano convinti che mai e poi mai Tebow avrebbe avuto successo nella NFL perché troppo grezzo come movimento di lancio, si stanno ricredendo. 
La tecnica rimane sempre discutibile, però hey il ragazzo sa come vincere le partite e nella NFL questo è quello che conta di più. La cosa per altro piùbears sorprendente, che però giustifica anche tutte le perplessità, è che i primi che sembrano non credere a Tebow sono proprio i suoi datori di lavoro. John Fox, l’head coach di Denver, intervistato recentemente ha quasi aggirato la domanda se Tebow fosse il quarterback del futuro dei Broncos, dicendo “per ora occupiamoci del presente. Poi vedremo”. Ed anche uno che se intende di quarterback, John Elway ex regista due volte campione NFL con i Broncos ed ora vice-presidente esecutivo per le operazioni di football della compagine del Colorado, è sulla stessa lunghezza d’onda ed anzi ha rincarato la dose dicendo che nella prossima offseason lavorerà con Tebow affinchè diventi un quarterback ancora migliore.
Intanto però Tebow oltre alle sei gare, ha già vinto un’altra battaglia: ha conquistato la stima dei suoi tifosi e dei suoi compagni per nulla infastiditi dallo stile poco ortodosso in campo e dai suoi continui riferimenti alla religione (non solo Tebow si inginocchia per pregare dopo ogni segnatura, ma spesso inizia le interviste in sala stampa ringraziando Dio e Gesù Cristo Salvatore e termina dicendo “Dio vi benedica”). Ma non sono solo i fan di Denver e gli addetti ai lavori ad alimentare la Tebow-mania, ormai anche una buona fetta della stampa e dei tifosi neutrali sono vittime di questa sorta di passione collettiva ed attendono di vedere quale sarà il suo prossimo miracolo, qualcuno sperando magari in una clamorosa caduta del “quarterback di Dio” come è stato scherzosamente definito dal Wall Street Journal. Ah, quasi dimenticavo: persino gli avversari ormai sono stati travolti dalla Tebow-mania: l’ultimo in ordine di tempo è stato il quarterback dei Saints Drew Brees che ha candidamente dichiarato:”se fossi un ragazzino alla ricerca di un modello, bene il mio sarebbe Tim Tebow”. 
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