[NCAA] Patrick Witt, il qb che ha scelto Yale

 
ncaaSpesso lo sport americano ci affascina per il suo sistema, che porta a stilare graduatorie su graduatorie al fine di far emergere il vero e proprio prodigio. Così come per lo sport, la cosa succede per lo studio.
Dalle elementari in poi puoi essere il primo studente della tua classe così come il migliore calciatore, il migliore tennista, il migliore giocatore di football. E’ la meritocrazia al massimo della sua espressione, una misura che può essere crudele come regalarti un’arrampicata sociale insperata alla nascita.
Patrick Witt, e non è l’unico, ha fatto entrambe. Quarterback osannato di Yale, miglior giocatore della Ivy League, quella conference che racchiude gli atenei migliori academicamente parlando degli States. E studente da 3.9 GPA, a 0.1 dal massimo.
wittTrasferitosi proprio per motivi scolastici da Nebraska a Yale, il nativo della Georgia ha ricevuto un’offerta ambita da moltissimi qualche giorno fa, quando la commissione della Rhodes scholarship l’ha invitato ad un colloquio come finalista.
La Rhodes è una borsa di studio antichissima, che da più di cento anni permette a degli studenti statunitensi di frequentare un master ad Oxford in relazioni internazionali. Per intenderci sul prestigio, l’ha fatto anche l’ex presidente Bill Clinton.
Per una serie di burocraticità complicate ma probabilmente opportune, la commissione aveva messo in scaletta il colloquio per lo stesso giorno in cui Witt doveva giocare contro Harvard la partita più sentita della stagione, l’ultima da Bulldog e quella che poteva dare il secondo posto nella conference ai suoi.
Witt ha rinunciato all’intervista, ed alla borsa di studio, per giocare questa partita. Eretico? Pazzo? Infantile?
 
Il gesto di Witt è molto più giustificato di quanto sembri. Per prima cosa, può riprovare, avendo 22 anni, l’anno prossimo o quello dopo ancora ad ottenere la scholarship. Poi, aveva una possibilità su circa 7 di farcela. Più pragmaticamente, il ragazzo sta già attirando qualche occhio NFL, e potrebbe trovarsi draftato in primavera. Ma la giustificazione più banale sta nelle sue parole.
“Non ho più i requisiti necessari, per il solo motivo che ci sto pensando”. Non fa una piega, visto che nel bando della borsa di studio c’è la clausola per cui lo studente deve dimostrare un impegno totale verso la causa. Direte voi che allora è inutile chiamare il capitano della squadra di football, e lo diciamo anche noi, anche se i suoi voti sono impressionanti.
E allora forse non c’è nulla di cui discutere, la Rhodes non è per Patrick ed andrà a qualcuno che la merita di più. Per la cronaca, Yale ha straperso l’incontro umiliata dai più forti rivali, ma la vittoria o sconfitta poco c’entra in questa storia.
 
I risvolti però sono importanti, e fanno riflettere ancora di più su come il sistema collegiale americano sia molto debole in certi aspetti. Uno student-athlete dedica 44 ore la settimana allo sport. Sono 4 ore in più di un impiegato, e deve anche studiare. Evidentemente Witt è un genio che può studiare poco ed ottenere il massimo, ma ce ne sono ben pochi immaginiamo.
Quindi, da una parte ci sono i media che spingono per farti giocare ma la cui facciata pubblica è di totale supporto al sistema di scholarship, dall’altra la

witt

 caducità di uno sport come il football in cui non si sa mai quando e come ti drafteranno, se rimarrai integro fisicamente, se finita la carriera riuscirai a lavorare. Con il supporto di una laurea a Yale, il destino di Witt è roseo in qualsiasi caso, ma per lui la scelta è stata comunque difficile, per quantosensata.
Una scelta non dovrebbe invece esistere. La parte accademica dovrebbe avere sempre la meglio, ma ciò si rifletterebbe in un livello qualitativo sul campo inferiore, su meno introiti televisivi, e assurdamente potrebbe avere ripercussioni sullo stesso sistema di borse di studio, quello che serve per le firme dei migliori giocatori di high school in cerca di un ateneo. E’ il sistema ad essere pazzo, eretico, infantile; pur rimanendo totalmente affascinante soprattutto per chi vive in Italia, dove se vuoi giocare a calcio sei costretto a rimanere ignorante, e non hai nemmeno troppe garanzie sul futuro qualsiasi scelta ti capiti di dover fare.
 
Witt ha frequentato la Wylie High School poco fuori Dallas, per poi accettare l’offerta di Nebraska. Ha giocato sin dalla sua stagione da redshirted freshman, per poi abbandonare un ateneo che accademicamente non corrispondeva alle sue esigenze. Ebbe anche qualche problema caratteriale, essendo arrestato una sera per essere rientrato ubriaco in dormitorio e non averne rispettato le regole, oltre ad aver spinto un inserviente della scuola.
A Nebraska Witt era visto come un QB pronto ad avere una pro-style offense, quindi un miglior passatore che corridore. A Yale, per forza di cose, ha dovuto adattarsi anche al gioco a terrra, con ottimi risultati. Tornando all’attacco aereo, è per yard lanciate, TD e percentuale di completi il miglior QB di sempre per l’ateneo del Connecticut. Detto questo, il livello della Ivy League non gli consente di sperare in una scelta alta, e probabilmente dovrà accontentarsi di un sesto, settimo giro oppure di essere firmato come UFA.
 
Per completezza, approfondiamo anche la partita per cui Witt ha rinunciato ad un’opportunità così allettante: “The Game” è sempre l’ultima partita della the gamestagione, e per questo è molto attesa. Le due università sono relativamente vicine ed hanno contribuito, essendo atenei molto antichi, alla nascita del football ed al suo sviluppo, da un punto di vista regolamentare, storico e di costume. E’ una storia che passa attraverso un secolo e più di storia americana, con l’incredibile partita del 1968, riportata nel documentario Harvard beats Yale 29 – 29, punto forte della collezione. Pur non avendo prodotto fenomeni per la NFL, la rivalità ha aspetti terribilmente divertenti, come nel 2004 quando una delle due tifoserie cambiò la coreografia dei rivali, che ignari sollevarono un “We suck” invece che un “Go Harvard” più adatto. Pensate che nella prima decina di “The Game” ci sono score con linee del tipo “2 touchdown e 3 field goal per Yale”, mentre le safety non erano contate ma riesumate in caso di pareggio.
Il QB di Yale ha quindi scritto un’altra pagina nella storia del suo Paese, rinunciando (esageriamo) a diventarne il presidente, ma aggiungendo un capitolo in un libro così importante come quello di una delle contese più rispettate dello sport mondiale.
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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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