[W12] Tacchino ovale

nflGiovedì della scorsa settimana negli Stati Uniti si festeggiava il Thanksgiving Day, cioè il Giorno del Ringraziamento, le cui origini risalgono ai primi pellegrini che lasciarono l’Inghilterra ed approdarono nel Nuovo Mondo. Oggi naturalmente il significato della ricorrenza, un segno di gratitudine per il raccolto, si è un po’ perso ma la festa è una delle più sentite nel paese, con gli americani che godono in pratica di una sorta di week end lungo dal giovedì alla domenica. E così come è tradizione avere il tacchino sulla tavola, altrettanto lo è il football della NFL che quasi dalla sua nascita ha sempre offerto almeno due, e dal 2006, tre partite nell’arco della giornata (ma negli anni ’20 le gare erano addirittura quattro o cinque). E “tradizionale” è anche una parte delle squadre che giocano al Thanksgiving Day, cioè Detroit e Dallas. I Lions sono protagonisti nel giorno del Ringraziamento addirittura dal 1934, allorquando il loro presidente George Richards che aveva appena spostato la franchigia da Portsmouth nell’Ohio a Detroit, decise di fare propria la tradizione già diffusa nelle high school e nelle università, di giocare appunto in tale ricorrenza, con l’obiettivo di creare maggior interesse attorno alla neonata squadra. Per Dallas ovviamente il discorso è molto più recente: nel 1966 la NFL cercava un secondo team per creare una tradizione simile a quella dei Lions. La leggenda vuole che tutte le squadre abbiano rifiutato l’offerta, che voleva dire giocare una partita a metà settimana quasi a fine stagione, tranne i Cowboys i quali, con l’eccezione di due annate, il 1975 ed il 1977, quando furono gli allora St.Louis Cardinals a prenderne il posto, da allora giocano nel Turkey Day come viene anche soprannominata la ricorrenza visto il ruolo fondamentale del tacchino. Esaurito il debito con la storia eccoci a parlare di questo Thanksgiving 2010 che presentava un menù veramente per tutti i gusti: in lista c’erano infatti un team in forma strepitosa, i campioni del mondo uscenti, unapatriots squadra che punta al titolo anche se non sta certo attraversando un momento brillante, una compagine che dopo aver deluso clamorosamente è parzialmente rinata dopo il cambio dell’allenatore, una cenerentola degli ultimi anni che sembra sia però sulla strada buona per la redenzione ed un team che è fra le delusioni più grandi di questa stagione 2010.
E allora partiamo con la prima delle sfide in programma, quella che opponeva i Detroit Lions ai New England Patriots. Negli ultimi sette anni la gara di apertura del giovedì del ringraziamento, giocata alle 12.30 ora di New York con i Lions protagonisti, non aveva certo rischiato di creare problemi di digestione per la tensione agli appassionati di football. Dal 2004 infatti i Leoni non solo avevano perso tutte le partite, ma spesso erano stati umiliati dallo sfidante di turno: in queste sei partite infatti Detroit aveva segnato in tutto 74 punti subendone addirittura 213. 
E visto che l’avversario di turno era il team probabilmente più in forma del momento, le premesse di una nuova debacle c’erano tutte. Invece i Lions hanno chiuso il primo quarto avanti 7-3, si sono portati addirittura sul 14-3, e sono rimasti in vantaggio fino ad oltre metà del terzo quarto, ribattendo colpo su colpo a Brady e compagni. L’attacco di New England ha poi innestato la marcia più alta negli ultimi venti minuti di gioco, segnando ventotto punti consecutivi, che hanno fissato il punteggio finale su un impietoso 45-24 che però non rende giustizia ad una squadra di casa che ha commesso molti errori ma che ha confermato di essere sulla buona strada per uscire dalla crisi che ha attanagliato il team per buona parte di quest’ultima decade. In un match in cui le difese non sono certo state impenetrabili (853 yards ammassate dai due attacchi) spiccano soprattutto la prova di un Brady perfetto (21 su 27 per 341 yards, quattro mete e nessun intercetto) e del runner dei Lions Morris, che pur dividendo le portate con Aaron Brown ha comunque chiuso con 55 yards in nove corse più altre 20 yards di ricezione, il tutto condito con due touchdown.
A Dallas veniva invece presentato il piatto più prelibato della giornata: i Cowboys imbattuti nelle due gare sotto il nuovo coach Garrett, ospitavano i campioni uscenti dei New Orleans Saints, in piena lotta per la conquista della saintsleadership nella combattutissima NFC South, la division più forte della NFL insieme alla AFC East. Ed il match non deludeva le attese: i Saints, trascinati da un Brees in grande spolvero, erano decisamente più bravi in avvio e si costruivano un importante vantaggio (17-0) grazie a due touchdown segnati dal runner Ivory. Ma il protagonista delle serie era soprattutto il passing game, con Brees che trovava Henderson con una bomba da 57 yards nel primo drive e con una da 22 nel secondo. Dallas però, soprattutto in attacco, non stava certo a guardare e con un Kitna sicuramente ispirato i Cowboys macinavano yards ma erano incapaci di trasformarle in punti e così in tutto il primo tempo il reparto offensivo dei texani riusciva a portare a casa solo 6 punti. Dopo l’intervallo, il match si apriva con i fuochi d’artificio: al secondo gioco il ricevitore di Dallas Austin perforava la difesa dei Saints con un end around da 60 yards riavvicinando i Cowboys (13-20). Il team di casa continuava a giocare bene in attacco e grazie alle mete su corsa di Barber e Choice, Dallas si portava avanti 27-23 con palla in mano quasi a metà campo a tre minuti e mezzo dalla fine del match. E qui la partita cambiava in modo incredibile: Kitna, che chiuderà con un più che onorevole 30 su 42 per 313 yards ed un intercetto, completava un lancio corto a Roy Williams che si involava verso l’area di meta, ma sulle undici di New Orleans il cornerback dei Saints Malcolm Jenkins non solo fermava il ricevitore dei Cowboys ma gli scippava letteralmente la palla. Galvanizzati dallo scampato pericolo i Saints ritrovavano lo smalto in attacco, Brees pescava prima Colston con un passaggio da 22 yards, poi su un terzo e dieci serviva Meachem che guadgnava altre 55 yards. Quindi, per una sorta di par condicio del football l’ex Charger cercava e trovava direttamente in end zone Moore per il nuovo sorpasso. Dallas riprendeva la palla con 110 secondi da giocare e riusciva ad arrivare fino sulle 41 ospiti: qui il drive andava in stallo ed il conseguente field goal di Buehler dalle 42 finiva largo. Brees si guadagnava il titolo di MVP completando ventitré passaggi su trentanove per 324 yards una meta ed un intercetto, avendo come terminali principali Colston (6 ricezioni per 105 yards) ed Henderson (4-97). Già detto di Kitna, fra i ricevitori dei Cowboys era Witten a fare la parte del leone con 10 ricezioni per 99 yards. Nessuno dei due rushing game era particolarmente efficace, con l’ex di turno Julius Jones che risultava il migliore fra i runner dei Saints con dieci portate per 45 yards. Per i Cowboys invece né Felix Jones (tredici corse per 44 yards) né soprattutto Marion Barber (10-19) riuscivano ad avere successo contro una difesa di New Orleans guidata alla grande dal linebacker Vilma che disputava il miglior incontro della sua stagione.
L’ultimo appuntamento era quello fra i New York Jets ed i Cincinnati Bengals, match che in conclusione si rivelava quello meno spettacolare. Alla fine la spuntavano 26-10 i biancoverdi di coach Ryan che sfruttavano i tre pallonijets persi da un attacco di Cincinnati che in tutto guadagnava la miseria di 163 yrds, 63 delle quali nel drive che permetteva ai Bengals di mettere il naso avanti 7-3 alla fine del primo tempo. In avvio del secondo una galoppata da 53 yards del runner/ricevitore/quarterback/ritornatore dei Jets Brad Smith permetteva alla compagine della Grande Mela di riconquistare un vantaggio che si sarebbe ampliato via via, grazie anche al ritorno di kickoff in meta ancora dell’eroe di giornata Brad Smith. La prestazione di attacco e special team dei Bengals era imbarazzante, a partire dal 17 su 38 per 165 yards una meta e due intercetti di Palmer, per proseguire con le 41 yards in 18 portate ammassate dal runner Benson, con la già citata meta subita su ritorno di kickoff e con il punt che Caldwell non controllava, permettendo ad Ihedigbo di recuperare il pallone che poco dopo la coppia Sanchez-Holmes trasformava nel 17-7. Anche la prestazione del quarterback newyorkese Sanchez era tutt’altro che indimenticabile, con sedici competi su ventotto tentativi per 166 yards un touchdown ed un intercetto, con il regista da USC che oltre a tutto veniva graziato in almeno un paio di occasioni dal secondario ospite. In casa Jets neppure la coppia di runner Greene-Tomlinson brillava (diciotto portate per 70 yards il primo, tredici per 49 il secondo) anche se Greene era sicuramente più efficace in un paio di situazioni delicate.
 
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