Uno sguardo a…. i Miami Dolphins

nflL’infortunio a Pennington, l’arrivo di Thighpen, una stagione appena iniziata e forse già finita. Un’analisi sui problemi di una delle franchigie più seguite in Italia.
12 mesi fa i Miami Dolphins erano più o meno allo stesso punto di oggi: un avvio di stagione stentato, e un futuro pieno di incognite. Ciò che cambia, però, è il quadro di fondo. Perché se lo scorso anno nessuno si aspettava molto dai ragazzi di coach Sparano, reduci dalla peggiore stagione della loro storia, quest’anno la storia è molto diversa: il titolo divisionale dello scorso anno va difeso e onorato, e la dirigenza guidata da Bill Parcells sembra aver innestato un nuovo trend vincente che va mantenuto.
Invece, nulla di tutto ciò  si sta avverando. L’osservatore superficiale, oggi, troverebbe un facile capro espiatorio nell’infortunio a Chad Pennington; in realtà Miami era già 0-2 prima di perdere il suo QB titolare – e a dirla tutta era già bene avviata anche a perdere la partita contro i Chargers. I problemi dei Dolphins sono infatti più profondi, e distribuiti un po’ dappertutto. Vediamo di isolarli, reparto per reparto, iniziando da un cronico punto debole.

SPECIAL TEAMS
Da quando Mike Westhoff ha lasciato i Dolphins (per accasasarsi poi ai Jets) a Miami non si è più visto uno special team decente, e quest’anno non fa eccezione. I giocatori in grado di offrire un buon contributo si contano sulle dita della mano, e la sensazione è che il big play (a favore degli avversari) sia sempre dietro l’angolo. Facile dire che urge una soluzione, meno facile trovarla. I calciatori, perlomeno, sono affidabili: Carpenter ha sbagliato solo un fg da più di 40 yards e Fields ha una media per punt di 40 yards. Come ritornatori Cobbs e Bess sono adeguati, ma torna sempre alla mente il fatto che Ted Ginn era stato scelto anche per ritornare i calci, visto che è un fulmine. Invece…
Voto: 4  

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DEFENSIVE LINE
Da qui vengono le note più liete. In tutte le gare giocate finora il reparto è sempre stato in grado di generare una pressione sufficiente sui quarterback avversari. Il fatto che questi fossero Matt Ryan, Peyton Manning e Philip Rivers non ha certo aiutato il risultato finale, ma sta di fatto che il gruppo si è sempre mantenuto su buoni livelli di rendimento. A livello individuale, la crescita di Philip Merling è costante ed incoraggiante.
Voto: 6 1/2

LINEBACKERS
Niente di cui entusiasmarsi. All’interno Crowder è come sempre costante ma senza acuti, e non è che accanto a lui Ayodele e Torbor, chiunque dei due giochi, siano molto migliori: Tony Gonzalez e Dallas Clark hanno abbondantemente approfittato della libertà concessa loro, e ci mancherebbe. All’esterno Joey Porter e Jason Taylor hanno abbondantemente passato i loro giorni migliori e i ricambi dietro finora non hanno brillato. In questo quadro appare inspiegabile il fatto che Cameron Wake, l’ex stella della CFL, non sia stato nemmeno attivato per le prime due partite, dopo tutta l’eccitazione generata attorno al giocatore; l’infortunio di Porter sarà probabilmente l’occasione per scoprire se dietro alla facciata c’è qualcosa oppure no.
Voto: 5 1/2

DEFENSIVE BACKS
La nota lieta è che il ricambio generazionale in atto promette bene. Sean Smith, la seconda scelta di quest’anno, si è conquistato rapidamente il posto da titolare opposto a Will Allen ed ha iniziato a dimostrare di meritarselo: basti pensare che per lunghi tratti della partita Peyton Manning ha preferito cercare soluzioni alternative a Reggie Wayne, marcato dal giovane CB ex-Utah.
Però la secondaria è  stata ammazzata al centro in tutte e tre le partite, quasi sempre dai tight end avversari. E questo porta al problema principale del reparto, e cioè due safeties simili fra loro che faticano a coesistere: Gibril Wilson, che dovrebbe giocare free safety, è l’imputato principale, con incertezze ripetute e tackles mancati; per un giocatore con il suo pedigree e con tutti i soldi investiti su di lui in offseason ci si aspettava un risultato migliore, tanto che si inizia ad invocare una sua sostituzione con Tyrone Culver. Si vedrà, ma i margini di miglioramento esistono, e abbondanti: vedere, per credere, le due bombe ricevute domenica da Floyd e Jackson, entrambi marcati da due uomini ciascuno.
Voto: 5 1/2

OFFENSIVE LINE
Ordinaria amministrazione, ma considerato che in offseason sono stati investiti nel reparto 150 milioni di dollari, e che ci gioca il left tackle più pagato della NFL, l’ordinaria amministrazione non è abbastanza. Intendiamoci, non è più la linea d’attacco il male oscuro dei Dolphins, come succedeva fino a qualche anno fa, ma è indubbio che ci si aspetta di più. Sotto i riflettori – inevitabile – c’è soprattutto Jake Long, maltrattato da Abraham nella gara contro Atlanta e finito nel mirino perché da uno che ha giocato il Pro Bowl da rookie ci si attendevano progressi più rapidi. Contro i Colts e Dwight Freeney il LT ex prima scelta assoluta non è però andato male, anche se sovente era aiutato dalla guardia o da un tight end; in generale c’è da migliorare nella pass protection, mentre l’efficacia nelle situazioni di corsa è già migliore.
Voto: 6

TIGHT ENDS
Dov’è finito Anthony Fasano? Una delle rivelazioni della scorsa stagione, rubato ai Cowboys per un tozzo di pane e rivelatosi uno dei pezzi principali nella corsa al titolo divisionale, nonostante si trovi in scadenza di contratto – e quindi, si presume, stimolato – è completamente sparito. Ha ricevuto solo 3 passaggi in 3 partite, per 11 yards totali, e questo numero è solo di poco superiore ai 2 fumbles persi che ha sul groppone. La perdita di David Martin ha privato Miami dell’alternativa più affidabile e il secondo TE Joey Haynos finora si è visto ancora meno di Fasano. Ed è tutto dire.
Voto: 3

WIDE RECEIVERS
Il buco nero. Leviamo subito dal mazzo Davone Bess, l’unico vero contributor nel reparto: se avesse un po’ di velocità in più sarebbe uno dei primi WR della lega, ma non ce l’ha, e anche così è comunque il Dolphin migliore: buone mani, senza paura di nulla, ottimo route-runner. La cosa più vicina a Wes Welker vista a Miami dopo… Wes Welker.
Dietro di lui, il vuoto. I pregi di Greg Camarillo sono noti, ma anche i suoi limiti; il rookie Hartline è buono, ma deve ancora crescere, e l’ex-USC Patrick Turner non è ancora arrivato al livello necessario per entrare a roster il giorno della partita. E appare ormai evidente che la causa Ted Ginn è quasi persa: al terzo anno della lega l’ex-Ohio State ha ancora gli stessi difetti del suo anno da rookie: impreciso nelle tracce, timoroso nei contatti, avrà anche mani decenti e una velocità pazzesca, ma non si è mai vista all’opera. Paga molto le aspettative connesse all’esser stato scelto 9° assoluto, ma a meno di improbabili esplosioni non sarà mai il primo ricevitore che i Dolphins si attendevano.
Tutto ciò lascia Miami in una situazione drammatica: senza opzioni credibili a cui passare la palla è ancora più difficile costringere gli avversari a lasciare spazio alle corse. Il che rende ancora più ammirevole quanto stanno facendo i runners.
Voto: 7 a Bess, 4 al resto.

RUNNING BACKS
Dopo la partita con Atlanta è apparso chiaro che l’unico modo in cui i Dolphins potevano vincere era mettere la palla nelle mani della loro arma migliore. E questa arma migliore (qualcuno ha detto l’unica?) è Ronnie Brown. 254 yards in 3 partite sono un buon bottino, anche se non impressionante, ma se si considera la media per portata si trova un 4,88 yards che spiega bene come stia giocando l’ex runner di Auburn. Aggiungiamoci il contributo essenziale dato da Brown allo sviluppo della Wildcat offense e il quadro è completo. E dato che il suo complemento naturale Ricky Williams vanta una media per portata altrettanto eccellente di 4,79 yards, appare chiaro come il running game sia al momento l’unica opzione credibile per Miami.
Voto: 6 1/2

QUARTERBACK
Giù il cappello per Chad Pennington: è stato il principale artefice del trionfo dello scorso anno e non è certo il principale responsabile del pessimo avvio di quest’anno. Non sarà facile da sostituire, ma l’era Henne è ufficialmente iniziata: non nel modo in cui si voleva iniziasse, ma così vanno le cose. Ora sarà interessante vedere se la minaccia principale all’era Henne sarà lui stesso o Tyler Thigpen, l’ultimo arrivo a sorpresa, prelevato in una trade con Kansas City. La sua acquisizione (e si tratta di un giocatore di soli 25 anni che ha comunque più esperienza di ogni altro QB a roster dei Dolphins) dice due cose: che Henne avrà della competizione per il posto da titolare, e che Pat White non è ancora pronto per la NFL (e si era visto). Dando per scontato che non è possibile giudicare Thigpen prima ancora che abbia infilato il casco con il delfino, è difficile anche giudicare Henne sulla base di quel poco che si è visto finora di lui. Sarebbe però fuorviante attendersi da lui lo stesso impatto iniziale che hanno avuto Matt Ryan e Joe Flacco: entrambi hanno avuto qualcuno a cui lanciare, mentre sui ricevitori a disposizione di Henne… basta tornare indietro di un paio di paragrafi.
Voto: sv

COACHING STAFF
La luna di miele di Sparano con Miami è finita. Non siamo alla crisi, certo, ma non è nemmeno più tempo di intoccabili. Alcune delle decisioni prese si stanno dimostrando improduttive (il contrattone a Gibril Wilson) o incomprensibili (il mancato utilizzo di Cameron Wake), e gli insuccessi sul campo di questo avvio di stagione hanno fatto il resto. Ora si tratta di vedere come sarà gestito il riassetto totale dell’attacco imposto dalla perdita di Pennington, e non sarà semplice, soprattutto con il vistoso buco del roster nella posizione di WR: pensare che la sola presenza di Chad Henne possa istantaneamente far fiorire Ted Ginn è un po’ irreale, ma magari Sparano ha un asso nella manica. Nel qual caso, farà meglio a tirarlo fuori.
Voto: 5

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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