[Wild Card] Baltimore Ravens vs Miami Dolphins

nflBaltimore Ravens – Miami Dolphins 27-9
 
Una cosa è risultata evidente, alla fine del wild card game di domenica al Dolphin Stadium: che il vecchio adagio “la difesa vince i campionati” è vero più che mai, soprattutto se applicato ai Baltimore Ravens.

Certo, di esempi nella storia della NFL ce ne sono stati tanti, per citare solo i più recenti i Tampa Bay Buccaneers che schiantarono i Raiders a San Diego nel 2003 o i Giants dello scorso anno che a furia di pressione difensiva causarono l’upset del secolo. Ma la squadra che nel recente passato più di ogni altra ha saputo incarnare il mito della difesa sono stati senz’altro i Ravens. La loro marcia inarrestabile nel 2000, culminata nel trionfo contro i Giants nel Superbowl numero 35, sembrava  essere destinata a non ripetersi, ad infrangersi contro la legge non scritta della NFL secondo cui ripetersi è impossibile (ok, non consideriamo i Patriots). mcclainInvece, quieti quieti zitti zitti, i Ravens sono riusciti a mantenere intatta la loro cultura difensiva, facendola passare indenne attraverso cambi di giocatori, coordinatori ed head coach e perfino trovando nel frattempo il modo di completare una rivoluzione dell’attacco. Il reparto, sinceramente, non era mai stato il punto di forza dei Ravens, ma ora ha guadagnato una sua dignità, ed appare in grado di supportare la propria difesa molto più degnamente di quanto non facesse lo stesso attacco dei Ravens vincitori del Superbowl. Questa metamorfosi ha soprattutto tre spiegazioni: un runnning game potente e costante, con i rookies McClain e Rice a compensare le lunghe pause del veterano McGahee; il lavoro efficace di Cam Cameron, tornato al lavoro di offensive coordinator per il quale è evidentemente molto più portato rispetto a quello di head coach; il debutto fulminante di Joe Flacco, che ha sorpreso tutti e ha dodato Baltimore di un quarterback su cui costruire quale mai aveva avuto nell’intera storia della franchigia dopo il suo trasferimento da Cleveland nel Maryland.
Tutto questo per dire cosa? Che Baltimore può puntare in alto. È presto per dire se la cavalcata del 2000 può essere ripetuta, e gli ostacoli sul percorso dei corvi sono ancora tanti. Ma la squadra è attrezzata, non ha paura di nessuno e tantomeno di giocarsela fuori casa: a Miami si è visto un attacco girare su ritmi costanti, in grado anche di superare i momenti di emozione del giovane quarterback all’esordio, soprattutto puntando sulla forza di Laron McClain (75 yards e 1 TD, su 19 portate molte delle quali fatte con gli avversari sulle spalle). E, ovviamente, un difesa dominante, asfissiante, che gioca con una sicurezza ai limiti dell’arroganza e a tratti anche oltre, in grado di mandare in tilt i meccanismi più collaudati e i giocatori più affidabili. Come Chad Pennington, che dopo aver chiuso la stagione regolare con una percentuale di completi da record, ieri è andato in tilt come tutto il suo attacco e sotto una pressione costante ed altissima ha lanciato 4 intercetti, in parte evitabili. E non ci vuole un espertone per capire che questi sono stati i colpi decisivi al morale dei Dolphins, abituati a giocare in un modo ben preciso, minimizzando gli errori, ed improvvisamente trovatisi di fronte all’impossibilità di eseguire un qualsiasi schema di fronte ad avversari assatanati. Come Ed Reed – sempre più co-leader della difesa Ravens accanto al vecchio Ray Lewis –  che per la terza gara di fila ha ottenuto 2 intercetti, riportandone peraltro anche uno in touchdown nell’azione che ha, già nel secondo quarto, spaccato in due la partita. Da quel momento i Dolphins non sono più riusciti a reagire e la partita è scivolata via verso la fine. O meglio, verso il quarto periodo.
Perchè nell’ultimo quarto i Dolphins si sono scossi. O forse i Ravens si sono rilassati, O forse, tutti e due. Sta di fatto che appena iniziato l’ultimo quarto Miami ha piazzato un buon drive, illuminato da un passaggio di Pennington per Bess da 45 yards e concluso con un touchdown di Ronnie Brown che ha portato la partita sul 20-9, risvegliato il pubblico e ridestato qualche speranza nei Dolphins. Ma, subito, il punto addizionale veniva bloccato da Baltimore, e Miami si ritrovava a più di 10 punti di distanza. Riusciva comunque a bloccare subito l’attacco dei Ravens e a mettere in piedi un buon drive, giungendo di nuovo alle potre della red zone. E lì, però, uno sciagurato fumble combinato fra Pennington e Ginn su una tentata reverse li ricacciava indietro assestandogli la mazzata definitiva a livello psicologico. Da lì in poi, è stata davvero tutta discesa, nonostante la cattiveria che la difesa di Baltimore continuava a mettere in campo.
Nessuno a Miami può dirsi scontento di come è andata questa stagione. “The greatest turnaround in NFL history” non può certo essere oscurato da una sconfitta ai playoffs, tanto più se contro un avversario più forte. Certo, perdere non fa piacere a nessuno, ma in fondo è la conferma che il lavoro fatto quest’anno è solo l’inizio, che la squadra deve essere ancora rinforzata e che c’è spazio per migliorare. E visto il calendario che attende Miami il prossimo anno, sarà bene iniziare subito.
Per i Ravens, ora, c’è un viaggio a Nashville in casa dei Titans detentori del miglior record AFC. La squadra di coach Fisher ha chiuso la regular season con un certo rilassamento che non ha convinto del tutto: sarà meglio che il riposo sia servito ai Titans, perchè la squadra che gli sta arrivando in casa non è davvero un ostaolo facile.

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Mauro Rizzotto

Più vecchio di quello che sembra, continua a sentirsi più giovane di quello che è. Fra una partita della sua Juve e una dei suoi Miami Dolphins sceglie la seconda. Fra una partita dei Dolphins e la famiglia... sceglie sempre la seconda. Vabbè, quasi sempre. Sennò il tempo per scrivere su Huddle dove lo trova?

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