Conference ballgames

nflIl traguardo è vicino. Mentre aumenta l’adrenalina per gli ultimi sessanta minuti di NFL football della stagione nasce anche un briciolo di tristezza per un campionato che va sfumando. Provo a non pensarci e mi butto nella consegna dei due palloni delle Finali di Conference, in attesa dell’ultimo, il più desiderato, il più sognato, il pià importante che assegnerò il 2 febbraio dopo il Super Bowl di Tampa Bay. Sì signori è quasi tempo di Vince Lombardi Trophy! In casa Aeneas si alza la musica!

 

Philadelphia – Arizona
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fitzgeraldLarry Fitzgerald. Ero tentatissimo di consegnare l’ovale celebrativo a Kurt Warner. La sua partita è stata perfetta. Non ha sbagliato praticamente nulla, eseguendo alla perfezione la strategia (precisa e puntuale) messa a punto da Todd Haley. Passaggi corti per evitare la pressione. Aggiungo che è solo il secondo quarterback nella storia a giocare da titolare un SuperBowl con due squadre diverse (Craig Morton, l’altro: Dallas 70, Denver 77). Larry Fitzgerald però ancora una volta è stato mostruoso. Ora i record cancellati sono quelli nei playoff di qualunque altro wide receiver nella storia del gioco e la portata dell’impresa è ben diversa dal rinverdire gli scarni libri dei Cardellini. Devastante. Nel primo tempo ha bissato l’inimmaginabile prova sfoderata contro i Panthers. Difficile capire perché poi Arizona se lo dimentichi. Va bene controllare il cronometro ma con la palla a “Fitz” poteva mettere altri venti punti tra sé e gli Eagles. Il numero 11 inoltre è sempre più leader. Sprona la squadra. Carica i tifosi. Nei playoff non ha più nemmeno subito la presenza di Anquan Boldin, talvolta penalizzante nella regular season. Per convincermi della scelta poi ho fatto un giochino. Se prendo Warner e lo metto a Philadelphia il risultato cambia? No. Se sposto Fitzgerald, invece. Decisamente sì. Avesse vinto Philadelphia McNabb avrebbe stravinto il pallone. E a McNabb sarebbe bastato un ricevitore buono la metà dell’undici per farcela.

Baltimore – Pittsburgh

polamaluTroy Polamalu. Durante la partita il mio palloncino mi frullava su è giù per la testa. “A chi vado a finire?” Mi chiedeva incuriosito. Alla fine ho ridotto la rosa a due giocatori, quando il quarto periodo correva verso la metà. Avesse vinto Baltimore avrei scelto Willis McGahee. Era da copertina, come il centravanti che non si vede per novanta minuti ma segna due gol. Due touchdown pesanti come un paio delle acciaierie della zona, i suoi, viste le difficoltà dell’attacco dei Ravens. In caso di successo Steelers, archiviata una breve parentesi in cui Santonio Holmes si era guadagnato il mio vivo interesse, ho puntato su Polamalu. Sì, Polamalu mi sono detto. Un istante dopo la riccioluta safety giallonera ha suggellato la mia decisione con l’intercetto riportato in end zone che ha virtualmente chiuso la partita. In ogni azione chiave della difesa degli Steelers balzella la sua chioma nera. Non appariscente come i sack di LaMarr Woodley ma efficace quanto Ray Lewis sull’altro fronte. In ogni situazione in cui è necessario reagire con una prontezza fuori dal normale si materializza “la targa 43”. Fino alla segnatura decisiva appunto. Comunione di spettacolarità e utilità. Gara chiusa. Aeneas’ Ball in ghiaccio. Prima passeggiata oltre la linea bianca nei playoff per Polamalu, che in stagione aveva già collezionato sette intercetti. Il pallone lo merita anche per questo. Un bel momento per segnare la primissima volta in post season.

 

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