Gronko e i suoi fratelli

Il ruolo del tight end nel corso degli anni ha avuto una evoluzione del tutto particolare per quanto riguarda il set di skill richieste ai giocatori.

Un po’ di storia non guasta.

Negli anni Settanta e Ottanta, il tight end veniva percepito essenzialmente come un bloccatore aggiunto per le corse: molto spesso il suo posizionamento (“strong side”) stava quasi a dichiarare dove si correva in caso di una sweep o di una off tackle. Le caratteristiche fisiche venivano banalizzate come quelle di un ricevitore alto, grosso e bravo più a bloccare che non a ricevere. Una prima evoluzione dell’utilizzo del tight end derivò dall’introduzione della cosiddetta “Ace formation” di Joe Gibbs, mai troppo ricordato genio offensivo che portò tre volte il Lombardi Trophy a Washington. La Ace prevedeva l’utilizzo del doppio tight end per una serie di motivi anche raffinati: l’aggiunta di un extra blocker, l’eliminazione della strong side, senza teoricamente penalizzare il passing game.

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Questo set prevedeva la presenza di un runner pesante (John Riggins, George Rogers e Timmy Smith i casi tipici), in grado di gestirsi bene in azioni di tipo counter o one-cut. Trasportandola ad oggi, sarebbe la formazione ideale per runner come DeMarco Murray. Per quanto rigurda i tight end, va comunque detto che l’aspetto più pregiato in quel contesto erano le capacità di bloccatore. Clint Didier e Don Warren avevano buone mani, ma non venivano cercati troppo di frequente.

In quell’era geologica prevaleva la visione del bloccatore aggiunto. Le poche eccezioni erano notevoli: su tutti Ozzie Newsome Kellen Winslow tight enddei Cleveland Browns (oggi eccellente GM dei Ravens), Kellen Winslow dei Chargers e Todd Christensen dei Raiders. Questi erano giocatori che venivano considerati anche come ricevitori, molto più multidimensionali della media del periodo.

Kellen Winslow, accostato a Superman niente di meno che da Don Shula, probabilmente è stato quello che ha aperto la strada per il futuro del ruolo: calato in un attacco molto pass oriented (i Chargers di Air Coryell e Dan Fouts), era il miglior elemento di un gruppo di ricevitori da favola (Charlie Joyner, John Jefferson, Wes Chandler). Per dare l’idea del tipo di giocatore, Winslow (il padre, non il figlio omonimo) sarebbe titolare in qualsiasi squadra di oggi. Era veramente venti anni avanti ai suoi tempi.

Gli anni Novanta hanno confermato la tendenza di coinvolgere maggiormente il tight end nel gioco sui passaggi. I valori si stavano livellando in alto e le due squadre più vincenti, Cowboys e Fortyniners, avevano specialisti assolutamente affidabili in ogni aspetto del ruolo. Jay Novacek era un pass catcher di primo piano, utilizzato poco perchè Dallas aveva ricevitori stellari come Michael Irvin e Alvin Harper e a volte, avendo Emmitt Smith che correva dietro alla miglior blocking machine del decennio, era più utilizzato come bloccatore. Per definire Brent Jones dei Fortyniners non serve aggiungere altro se non che Jerry Rice disse che le mani migliori della squadra erano le sue.

shannon sharpe tightendE proprio nel 1990 i Denver Broncos sceglievano al settimo giro un ricevitore un po’ sovrappeso da Georgia: Shannon Sharpe, inizialmente noto per il fratello Sterling, ottimo WR di Green Bay. Per parlare di Sharpe, poche righe rischiano di penalizzare sia il giocatore (due anelli con Denver, uno con Baltimore) che il personaggio. Di umili origini (“Eravamo così poveri che una volta entrò un ladro in casa nostra e lo derubammo”), divenne talmente consapevole della propria classe e del valore aggiunto che apportava alla sua squadra che all’apice della sua carriera produceva contemporaneamente ricezioni, yards, touchdown, rumore di fondo e telecronaca.
Per capire il personaggio è sufficiente aver ascoltato le sue analisi e le sue battute su NFL Network.
Per capire il giocatore sono sufficienti 3 titoli, 815 ricezioni, 10.060 yards e 62 TDs in carriera.

Avvicinandosi al presente, il testimone viene quindi raccolto da quello che probabilmente è il migliore di tutti i tempi nel suo ruolo: Tony Gonzalez.
In questo momento non c’è record significativo per i tight end che non sia stato stabilito da questo giocatore. Gonzalez è stato una delle bandiere dei Chiefs prima di passare agli Atlanta Falcons dove ha chiuso la carriera nel 2013, dopo diciassette anni. Tony Gonzalez tight endNon può che essere lui l’epitome del TE moderno, quello che unisce la potenza fisica necessaria per bloccare a mani e velocità da ricevitore. E proprio i suoi numeri possono più avvicinarsi a quelli di un Jerry Rice o di un Calvin Johnson piuttosto che a quelli di un Kellen Winslow: 1.325 ricezioni, 15.127 yards, 111 TDs. Ci sono state più stagioni in cui andava sistematicamente sopra le 90 ricezioni e le 1.000 yds, ovvero i numeri che definiscono l’eccellenza addirittura per un WR. Era anche inserito in sistemi dove doveva bloccare molto di frequente: Priest Holmes, Larry Johnson e Michael Turner sono andati sopra le 1.000 yards e in stagioni di quel tipo un tight end è decisamente coinvolto anche in quell’aspetto del gioco. Forse il miglior paio di mani della storia del football dopo Jerry Rice, ma rimane uno dei tanti talenti stellari che si è ritirato senza un anello, purtroppo.

E dopo il dovuto omaggio a G-Force, siamo pronti per tuffarci nel presente!

Dal punto di vista dell’evoluzione del ruolo e del suo utilizzo, la linea si sta consolidando: un tight end skillato è un asset imprescindibile. Ormai, vista anche l’evoluzione fisica dei giocatori, la presenza sui blocchi deriva pressochè implicitamente dalla struttura. Crescono i casi in cui sta diventando tenue la distinzione (in termini di altezza e peso) fra WR veri e propri e TE: è sufficiente vedere come bloccano in campo aperto ricevitori come Calvin Johnson e Brandon Marshall, che negli anni Settanta sarebbero stati schierati almeno come OLB, a vedere banalmente altezza e peso.
Senza se e senza ma, un tight end ormai può essere senza problemi la minaccia principale del suo attacco.
Giocatori grossi, veloci ed esplosivi, problematici da marcare sia in traffico che in campo aperto, letali nella red zone.
Aver avuto un apripista quale Gonzalez ha fatto sì che la NFL di oggi sia quasi una età dell’oro per i tight end, sempre più vicini ai ricevitori anche a livello contrattuale…
La concentrazione di talenti è talmente elevata che diventa difficile dire chi è il migliore senza rischiare di trascurare aspetti di gioco in cui altri sono più forti.

Probabilmente Rob Gronkowski è quello che si avvia a raccogliere il testimone da Tony Gonzalez. E’ un nome ormai troppo ingombrante (in senso buono). Personaggio a tutto tondo, in campo è semplicemente l’arma più letale del migliore attacco della NFL. Un giocatore di 1.98 per 120 chili con la sua velocità definisce bene il concetto di immarcabile. Non ha punti deboli: mani enormi e sicure, ottima tecnica sia sulla linea che nel correre le traiettorie, non è quasi mai placcabile in uno contro uno dai defensive backs. Gioca con il QB più forte nel sistema offensivo più rodato: the sky is the limit.

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Greg Olsen dei Carolina Panthers è il classico unsung hero del gruppo. Maturato nel corso degli anni in un giocatore affidabile e completo, sta avendo la sua migliore annata: tenendo conto che i Panthers lanciano meno e che vicino alla end zone Cam Newton gestisce la cosa in proprio (con risultati diciamo apprezzabili…), le cifre di Olsen sono quasi sovrapponibili a quelle di Gronk. Anche qui struttura fisica imponente (1.96 per 116), sicuramente meno esposto mediaticamente ma ormai presenza stabile nella elite del ruolo.

Vernon Davis è probabilmente il più dotato del lotto a livello atletico per quanto riguarda il mix fra potenza, esplosività e velocità e dopo la parte migliore della sua carriera è in una fase in cui è passato da un ambiente disgregato (i Fortyniners post-Harbaugh) a uno tutto da scoprire (i Broncos che stanno per salutare Peyton Manning).
Jimmy Graham sta pagando in maniera impressionante il passaggio da un sistema da fuochi artificiali come i Saints di Brees ad uno “run the ball first, ask questions later” come i Seahawks, ma il talento non è in discussione.

Il futuro del ruolo appartiene a Tyler Eifert dei Bengals, un clone di Gronk con mani forse migliori ma un po’ più leggero: vista l’annata di grazia di Red Rifle Dalton, Eifert sta scalando posizioni velocemente e i mezzi li ha tutti. Da tenere d’occhio anche Charles Clay, sebbene un po’ incostante e Jordan Reed.

Concludiamo con i due Jedi Master ancora in attività: Antonio Gates e Jason Witten.

Antonio Gates ha avuto una carriera eccezionale nei San Diego Chargers. Più pass catcher che bloccatore, è uno dei pochi sopra la doppia soglia delle diecimila yards e dei cento TD in carriera. Veloce, pulito, tecnico.

Jason Witten va descritto anche oltre le sue statistiche: gli mancano sei ricezioni per superare le mille in carriera. E’ già sopra le diecimila yards e i cento TDs.
La figura più carismatica del suo spogliatoio insieme a Romo, è il classico giocatore sempre affidabile in campo e fuori. Concreto, pochi fronzoli e sempre tanta tanta sostanza.

Concludiamo ricordando per completezza qualche dinosauro del ruolo, troppo indietro nel tempo per le nostre conoscenze: Mike Ditka, stella fra le stelle dei Cowboys prima di diventare head coach nella NFL con discreto successo e Dave Casper, il leggendario Ghost dei Raiders di John Madden.

E una curiosità: il tight end che ha vinto più di tutti in carriera?
Randy “The Rabbi” Grossman dei leggendari Steelers di Chuck Noll: 1.85 per 99 chili… potete controllare!

randy grossman

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Mauro Clementi

Curioso esempio di tifoso a polarità invertita: praticamente un lord inglese durante le partite della Roma, diventa un soggetto da Daspo non appena si trova ad assistere ad una partita di football. Ha da poco smesso lo stato di vedovanza da Marino. Viste le due squadre tifate, ha molta pazienza.

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