Chicago spreca, Washington vince (Washington Commanders vs Chicago Bears 12-7)

Il TFN della sesta giornata se lo aggiudicano i Washington Commanders per un soffio, quello che impedisce a Darnell Money di convertire la ricezione vincente all’ultimo sospiro.

Sul tentativo finale di Fields, il wideout di Chicago che veste la #11 non ha il pieno possesso dello sferoide e atterra con il gomito fuori dal campo; tanto basta alla squadra arbitrale per sancire la vittoria dei Commanders, la seconda in stagione che li porta sul 2-4 spingendo i Bears allo stesso, misero, record.

E di miseria è concesso parlare anche stanotte, perchè quanto visto in campo da questi attacchi è davvero poco. I Commanders “si salvano” grattando con le unghie la doppia cifra sul tabellino mentre per Chicago l’insufficienza è piena. Voto che non viene elargito con casualità, ma sulla base del fatto che Carson Wentz non abbia nemmeno lanciato per cento yard durante la sua brutta partita che ne vede conteggiare solo 99 con un bello zero sulla casella dei TD.

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Qui mi sento di fare una piccola considerazione personale, nonchè una provocazione: Allen Robinson II, quel pallone, lo avrebbe acchiappato senza pensieri e messo in tasca. Questa è la differenza tra un WR1  e un WR.

Sette punti in sessanta minuti di gioco sono troppo pochi, soprattutto considerando che i Bears avevano costruito alcune trame interessanti e si erano fatti sotto alla end-zone in un paio di occasioni poi sprecate. Proprio in prossimità della zona calda il playbook di Getsy si assottiglia, impedendo ai Bears di segnare e convertire sforzi in punti; rendendo tutto vano. Tutto somiglia a quanto visto la scorsa stagione, con un Justin Fields sprecone e senza quel killer instinct e quella freddezza necessaria a gestire il momento più delicato. Quando arriva l’ora di segnare, Fields si addormenta e… buonanotte, vista anche la tarda ora in cui l’incontro viene trasmesso in Italia.

La mente del QB1 Bears straripa di pensieri sotto al nuovo casco full orange messo in mostra per l’occasione, i suoi occhi a fine partita non mentono: c’è più di qualcosa che non va.

E se la divisa arancione non è tra le più fortunate dei Bears, i quali indossandola hanno perso quasi tutte le loro partite nel corso degli ultimi cinque anni, il momento di Fields non è da meno. La sua partita è un viaggio sulle montagne russe, fatto di alti molto alti, e di bassi ancora più bassi. Difficile capire come un potenziale talento del suo calibro non riesca a trovare ritmo e solidità; certo manca il supporto e questo rimane innegabile, ma segnare soltanto sette punti contro questi Commanders ha il peso di una doppia sconfitta. In particolar modo se consideriamo che nelle prime cinque uscite di campionato i Commanders avevano segnato la media di soli 18 punti a partita, perdendo l’80% degli incontri; la difesa dei Bears tiene Washington sotto la sua media e non riceve alcun regalo da un attacco che anzichè fare il bene della squadra sembra remargli contro. Aggiungiamo lo special team alla lista dei cattivi e la frittata è fatta.

Chicago non ha alcun genere di alchimia nel gioco, lo special team sbaglia nel momento in cui sbagliare non è concesso, la difesa è quella che è ma quantomeno si dimostra combattiva in questa occasione; l’attacco è fatto dai colpi dei singoli che arrivano esclusivamente sulle corse come nel caso delle 65 yard di Khalil Herbert ieri sera (poi cestinate), e non da un sistema di gioco sensato che opera con lo stile di squadra. Infine il coaching staff e l’allenatore non sembrano affatto sul pezzo e i numeri fin qui sono quasi al livello di quelli dello scorso anno se non peggio… Dunque la colpa era solo di Matt Nagy? Di Trubisky? Di Pace? Di una società che finge di essere presente ma poi in sostanza non c’è?

Le responsabilità sono globali e giocare allo scarica barile non giova a nessuno. A questa organizzazione servirebbe un bagno di umiltà prima, e un bel digiuno poi in modo tale da poter stimolare l’appetito per i prossimi pasti.

Benvenuti nel 2022 dei Chicago Bears, l’anno zero che di fatto parte dal piano -4 per cercare una risalita apparentemente più impossibile che mai.

In tutto questo, sfoggiare un quarterback come Fields che vive di paure, insucurezze e lampi a intermittenza come una lampadina che sta esalando le sue ultime accensioni non sembra essere la soluzione a questo processo di ricostruzione. Fields sarà pur giovane, inesperto e senza contorno, ma se la qualità della tua portata principale è alta allora il contorno è relativo e conta fino a un certo punto perchè quando ti sei seduto al tavolo per ordinare non lo hai fatto per scegliere il contorno. Mi spiego?

Fields non funziona, non così. Non in questo modo. Nessuno si aspettava di vedere un ragazzo al suo secondo anno, che gioca senza linea e senza ricevitori, fare magie; ma quantomeno dimostrare che questo ruolo possa essere suo e che quel trade-up fosse legittimo sì! Invece qui sembra mancare la sostanza e raccontatemi tutto quello che volete, ma un quarterback che segna solo 7 punti in casa sua, nonostante la spinta del Soldier Field sia esagerata, sempre al top, durante un prime time e con un onestissimo supporto difensivo, non è ammissibile.

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Alla luce di questi risultati, Justin Fields verrà messo pesantemente in discussione e vista l’imminente selezione di livello che si prospetta al prossimo draft per i Bears il futuro di JF a Chicago è oggi più in ombra che mai. A lui spetta ora il compito di ripulire questo casino e di guadagnarsi la fiducia di allenatore, front office, squadra e tifosi; dispiace, ma Fields questa fiducia se la deve guadagnare, perchè il tempo per aggrapparsi alle scuse di qualsivoglia natura sta volgendo al termine e da qui a poche settimane, per lui, tutto potrebbe cambiare. 

Se queste sono le basi della ripartenza, è abbastanza chiaro che i Bears siano solo in prossimità di un altro ciclo fallimentare. L’ennesimo vortice di illusioni e catastrofi post Urlacher.

alex cavatton firma area 54

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