Vikings a caccia di playoff, Bears eliminati (Minnesota Vikings vs Chicago Bears 17-9)

Con la vittoria per 17-9 in casa dei Chicago Bears, i Minnesota Vikings rimangono agganciati all’ultimo vagone del treno playoff.

Il 17-9 del Soldier Field vale infatti il momentaneo settimo posto nella classifica generale della NFC, quello che servirebbe ai vichinghi per entrare nella post-season di gennaio. Il record di 7-7 per i ragazzi in viola fa il pari con quello inatteso dei New Orleans Saints, a loro volta forti del successo sui Bucs di Tom Brady lasciati a zero domenica notte e la voltata finale si preannuncia entusiasmante!

Curioso il fatto che a contendersi quest’ultimo spot ci siano proprio le due squadre che in passato hanno infiammato i playoff creando una rivalità più figlia di errori arbitrali che altro.

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Il team di Cousins parte bene e conduce la sfida prima guadagnando il vantaggio necessario, poi difendendolo con un gioco ridotto ai minimi sindacali.

Kirk Cousins, 12/24, vince chiedendo meno del previsto al suo braccio che gli fa accumulare la pochezza di 87 yard lanciate ma pur sempre buone per i 2 touchdown che valgono la vittoria. Uno lo riceve il solito Justin Jefferson, l’altro Ihmir Smith-Marsette in quella che risulta essere la sua unica ricezione della notte. Nemmeno il gioco sulle corse trova soluzioni contro la rimaneggiata difesa dei Bears, forte solo di Smith, Quinn (coi due di ieri 16 sack in stagione) e Hicks, obbligata a schierare in campo alcuni giocatori che potremmo considerare “i conoscenti degli amici dei cugini dei titolari”. Nemmeno la potenza di Dalvin Cook risulta determinante, con il running back limitato a 89 yard e mai pericoloso più di tanto. Ricordiamo che la settimana prima, Cook, ne aveva corse 205.

Dunque Cousins trova due spiragli, lancia pulito e torna a casa col bottino pieno per la gioia di Mike Zimmer.

Il coach dei Vikings piega Matt Nagy e fin qui nulla di strano, perchè Nagy allo stato attuale delle cose tutto si può dire tranne che un allenatore di football americano. Non serve essere chissà quali conoscitori della materia per capire gli schemi di Nagy: palla al RB sul primo down, inabilità nel gestire la chiamata sul secondo e lungo, e il terzo è un lancio sicuro come l’oro. Perciò ad ogni secondo down si alza il blitz sul QB che tanto non viene difeso dalla linea offensiva e così si creano i turnover che putualmente arrivano ogni partita. Per inciso, ad ogni primo down in cui la palla finisce nele mani di David Montgomety, si alzano i boo dello stadio in segno di disapprovazione. Il fatto grave è che queste proteste si sollevano rumorose fin dai primi minuti.

Matt Nasy’ style. Tre pediodi di giochi a sbattere la testa contro il muro, a raggiungere la red-zone forzando talvolta il 4th down senza successo e poi mancano sempre creatività e lucidità, per non parlare dei fondamentali del gioco. Sintetizzando: i Bears segnano 3 punti in 59’59 e altri 6 all’ultimo secondo che non consente nemmeno ai padroni di casa di calciare il punto addizionale. Sempre a proposito di Saints, ricordate il wild card game tra Bears e Saints della scorsa stagione? Stesse dinamiche, risultato similare, stesse considerazioni fatte sul capo allenatore. Cambia solo che Justin Fields trova più profondità e meno 3’n out di Mitchell Trubisky. Ma in termini di consistenza la trippa ha sempre lo stesso sapore.

A Chicago manca un allenatore. A Chicago manca un playcaller. E se i Bears avessero avuto una figura differente a chiamare i giochi sulla loro panchina nella notte di lunedì, la vittoria contro i Vikings sarebbe stata garantita. Con ciò non si tolgono meriti ai Vikes, ma basta leggere i loro numeri per comprendere che Cousins e soci non hanno esattamente fatto i compiti a casa, la valutazione nei loro confronti rimane sotto la sufficienza nonostante la vittoria.

Qui si innescano meccanismi più profondi che intersecano i destini e le emozioni di Bears e Vikings in una maniera follemente similare. Entrambe le squadre hanno più di un problema con la gestione dei capi allenatori e dei general manager: ai Vikings non piace Zimmer tanto quanto ai Bears non piace Nagy. Oggi i Vikings vincono e riaprono le porte a quella partita di playoff che, eventualmente, non li porterà da nessuna parte se non a doversi ritrovare per un altro anno la sgradita figura di Mike Zimmer in panchina. Chicago, di contro, ha già vissuto questo scenario dodici mesi fa e alla fine i risultati sono tornati a sfavore perchè se è vero che Nagy ha regalato un partita alle eliminatorie in due occasioni su tre del recente passato, è altrettanto vero che poi questo accomplishment abbia fatto implodere lo stesso progetto di football nella città del vento. Obbligata a sopportare umilianti risultati e a galleggiare nell’oceano di mediocrità più vasto del Midwest americano.

Ai Vikings tocca lo stesso destino. Si vince oggi, per quello che apparentemente è un successo importante, si rischia di soffrire domani perchè il progetto non si chiuderà e l’incompiutezza della gestione Zimmer forzerà Minnesota all’ennesima ricostruzione. Va detto che, quantomeno, Zimmer qualche risultato in più di Nagy lo ha ottenuto avanzando alle eliminatorie forse fino a mete insperate.

Poi facciamo i conti anche con Justin Fields, perchè dopo ieri sera è il caso di farli. Con le 291 yard lanciate in occasione della sfida contro i Pittsburgh Steelers, Fields aveva registrato il record per yard lanciate da un rookie nel Monday Night Football. Il giovane QB ieri ha avuto la possibilità di migliorare il suo record toccando le 285 yard e se consideriamo che Fields, più o meno, ha iniziato a lanciare solo nell’ultimo periodo di gioco le cose si fanno interessanti. Nagy però non lo aiuta, Nagy non è in grado di dirgli cosa fare e come farlo, Fields è acerbo e inesperto, ma ieri (e come molte altre volte è già successo in stagione) il QB dei Bears si è trovato di frequente a ridosso della end-zone avversaria senza riuscire minimamente a capitalizzare. I Nagy e Lazor di turno avranno le loro responsabilità, ma qui anche Justin finisce sul banco degli imputati per demerito. Siamo al primo anno, va bene, ma basta così perchè dal prossimo anno certe sviste non verranno più tollerate. Il mondo corre veloce e Fields deve stare al passo.

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Mille volte abbiamo visto Mitchell Trubisky travestirsi da fantasma per tre quarti, per poi buttare il cuore oltre l’ostacolo solo durante i 15 minuti finali motivato dalla disperazione e agevolato dalle difese che allentavano la pressione. Nel MNF tra Vikes e Bears abbiamo rivisto lo stesso film, la stessa pellicola sbiadita che ha frantumato le palle ai tifosi di Chicago un pò come la storia de “La corazzata Potëmkin” nel “Secondo Tragico Fantozzi”.

Tutto tragicomico. Matt Nagy è il nostro Professor Guidobaldo Maria Riccardelli, solo che a Chicago ci manca un eroe come Fantozzi che a un certo punto insorge ed esprime il suo pensiero senza preoccuparsi delle conseguenze!

Ma per fortuna, quasta stagione, è quasi finita e forse questo tanto desiderato eroe arriverà presto.

alex cavatton firma area 54

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