Uno sguardo al 2023: Minnesota Vikings

Stai sempre pronto al peggio. Dovrebbe essere scritto nella cameretta di ogni appassionato di football che sceglie di tifare Minnesota Vikings. Forse arriverà anche il giorno in cui tutti potranno esultare vedendo una pioggia di coriandoli giallo e viola cadere dal cielo, ma fino a quel momento, nel dubbio, meglio tenere i piedi ben saldi a terra e l’ombrello aperto.

COME DOVEVA ANDARE…

L’incredibile 2022 da 13 vittorie con un coach e un GM al primo anno non aveva comunque illuso i tifosi dei Vikings. L’ottimo record della regular season era comunque stato esposto, smascherato sarebbe fin troppo crudele, seduta stante dalla dolorosa sconfitta nella wild card contro dei non certo trascendentali New York Giants. Per questi motivi era chiaro praticamente a tutti, fanno eccezione gli iper ottimisti (che nelle truppe vichinghe sono rare come le tigri bianche del Bengala) che bissare statisticamente le vittorie dell’anno prima sarebbe stato proibitivo. Era convinzione altrettanto diffusa nella maggioranza delle schiere gialloviola come la division fosse ugualmente alla portata. Eccome.

La minaccia maggiore sembravano essere i Detroit Lions. Ci si aspettava dunque una battaglia all’ultima partita sul filo delle 9-11 vittorie. Il più fortunato avrebbe potuto fregiarsi del titolo divisionale, lo sconfitto sarebbe andato ai play-off con una wild card. Avrebbe dovuto anche essere l’anno in cui vedere ancora meglio la mano di coach Kevin O’Connell e in cui poter valutare con più elementi le capacità di Kwesi Adofo-Mensah, visto che stavolta al draft non avrebbe più avuto strascichi dal front office precedente. C’era poi il capitolo difesa. Reduci dal disastroso anno con Ed Donatell, si riponevano in Brian Flores le speranze di ridare dignità a un settore del gioco diventato tristemente imbarazzante nelle ultime annate.

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… E COME È ANDATA

Niente play-off. La sensazione di una stagione piena di occasioni gettate alle ortiche, figlia sì di tanta sfortuna ma anche di scelte malsane, che instillano dubbi nel futuro e nell’operato di chi dovrebbe costruire il progetto per portare la barcona vichinga alla terra promessa. L’inizio con la retromarcia ha fatto ipotizzare il peggio. Dopo una lunga attesa per vedere cosa si celasse sotto la cloche arrivata al tavolo, il primo mese di gioco sembrava aver già frantumato ogni sogno di gloria. Eppure così non è stato. Un rimontone improbabile, senza Justin Jefferson infortunato, con un successo sui San Francisco 49ers da incorniciare e una sugosa vittoria a Green Bay. Ma proprio sul campo dei rivali più accesi è arrivata la tegola dell’altro grave infortunio. Con Kirk Counsins ko è scattato il circo dei quarterback. Errori su errori. Dall’acquisto di Joshua Dobbs alla scriteriata gestione successiva. Cosa sarebbe successo con un Joe Flacco qualsiasi? Ormai è tardi per dirlo. In mezzo ci sono stati anche un crollo finale di una difesa che ha giocato a lungo oltre le proprie capacità, delle ignobili sconfitte con Denver e Chicago (contro i Bears c’era stata anche una ignobile vittoria in precedenza), una tremebonda vittoria 3-0 in casa dei Raiders. Sul pettine si sono infittiti i nodi. Talmente tanti che sono rimasti anche a bocce ferme dando fiato a chi si augurava di perderle tutte dopo la partenza 1-4.

COSA HA FUNZIONATO…

Sarebbe stato oltremodo deprimente. Sì, avrebbe permesso di andare a caccia del quarterback del futuro con una scelta migliore senza doversi svenare, ma forse avrebbe tolto la terra da sotto i piedi a coaching staff e front office, cancellando le (non molte) certezze. Quali? Intanto l’impatto di Brian Flores. Il defensive coordinator si è guadagnato la stima di tutti e ha lasciato la sensazione di poter fare ancora meglio insufflando talento in un reparto sgonfio. Ne serviranno ampie pompate. Dopo la free agency specialmente nel cuore della DL e tra i CB. Tenendo sempre a mente che se n’è andato una garanzia come Danielle Hunter, reduce da una stagione da copertina. Il sostituto è stato preso, dovrà impegnarsi notevolmente per rendere ai livelli del 99 nel 2023. Le note positive vanno estese al lavoro della linea offensiva, pur con gli ormai cronici ampi margini di miglioramento all’interno. E, guai a dimenticarlo, l’impatto strepitoso della sorpresa Ivan Pace (LB undrafted diventato titolare fisso) e di Jordan Addison, degna spalla di Jefferson (lui non si discute, guardare le stats nonostante infortuni e QB) quando si deve ricevere l’ovale. Campo in cui anche TJ Hockenson ha brillato, prima di cadere pure lui infortunato. Sì, la sfortuna, checché se ne dica, nel football incide eccome.

… E COSA NON HA FUNZIONATO

Se a quella ci si aggiungono erroracci perpetuati per il secondo anno di fila, qualche spiegazione in più per una stagione insoddisfacente rispetto alle attese, balzano agli occhi. Quali sono questi “erroracci”? Il più osceno è un gioco di corsa impresentabile. Vuoi per aver puntato sul cavallo sbagliato, quell’Alex Mattison che si era già visto non in grado di indossare i gradi di RB1. Sia per degli schemi di corsa in cui avrebbe faticato anche Adrian Peterson. O’Connell deve assolutamente andare a ripetizioni sull’argomento. Così come deve imparare a gestire meglio le partite, grida vendetta il crollo contro Cincinnati, e il roster. Il post infortunio a Cousins è stato un trattato di cosa non fare. Prendo un nuovo QB. Faccio partire il rookie. Si rompe subito. Butto dentro quello nuovo che miracolosamente (nel vero senso della parola) vince. Lo confermo. Lo faccio giocare snaturandolo. Poi lo tolgo, tardi. Metto il backup inutile e dannoso. Rimetto il rookie. Lo ritolgo a metà di una partita perché impresentabile (colpa del poco talento o della fiducia ormai andata?). Torna il backup inutile e dannoso… Un casino che nemmeno un bambino con la Playstation. È parso peraltro poco aiutato dalla dirigenza, cui vanno ascritte scelte tra il mediocre e il pessimo come proprio l’arrivo di Dobbs o la cessione di Ezra Cleveland e i ragazzi ottenuti negli ultimi draft, che, tolti Addison e Pace (quest’ultimo undrafted), hanno portato davvero poco materiale umano utile alla causa. Alcuni degni del titolo di bust (vero Cine? Vero Booth) Dirigenza che peraltro ha sul groppone anche il mancato rinnovo di Justin Jefferson.

E ADESSO?

Ecco perché adesso il timore più grande nell’ambiente è legato a chi ha in mano le chiavi della (auspicata) rinascita. Un GM su cui pesano sospetti legati a draft deludenti e trade dove non sempre è parso vincitore (anche se è piaciuta la sua rapidità nel trovare soluzioni) e un coach “quarterback guru” che tanto geniale nei suoi primi due anni non è parso. Saranno loro a fine aprile a pescare il quarterback cui si spera di poter aggiungere “franchise” davanti. Saranno loro a svilupparlo. Con rischi annessi e connessi, perché prendere “quello giusto” banale non è. Al contrario. Molto più facile sbagliare. Tuttavia è chiaro che dopo una free agency più che discreta, la chiave del successo sarà legata al quarterback che arriverà dal draft, per cui sembra il momento giusto per provare un all in. Questo nonostante restino ancora numerosissime lacune da colmare in una difesa che avrà la sua punta di diamante ancora sulla sideline. Buchi cui si potrà pensare nel 2025 aprendo il portafogli colmo di spazio salariale per attrarre free agent di valore se il progetto regge.

Sì, perché se la scorsa estate si pensava di poter vincere nuovamente la division o almeno giocarsela alla pari con i Lions, ad oggi i Vikings sembrano la squadra della NFC North con il carico d’entusiasmo minore della division. Detroit è fresca di vittoria divisionale e buone prestazioni ai play-off e si augura di continuare a crescere. Chicago sogna di pescare finalmente in Caleb Williams un quarterback leggendario come non ne ha mai avuto uno. E Green Bay, dodici mesi fa apparentemente destinata ad anni nebbiosi, si ritrova con un roster giovanissimo e solido già autore di una buonissima annata e intenzionato a ripetersi. Stavolta a Minneapolis l’ombrello non è aperto per scrupolo o abitudine al peggio. Nel 2024 sono previsti forti rovesci in autunno e inverno, meglio essere pronti.

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