Statistiche per tutti: EPA (Expected Points Added)

Negli ultimi anni le statistiche sono diventate sempre più importanti nel football, al punto che oggi per un fan è fondamentale avere almeno una vaga idea di come interpretare quelle più importanti. In questa nuova rubrica Huddle Magazine vi porterà alla scoperta del mondo delle analytics (puntata precedente dedicata al ranking PFF),

Flash news: nel football vince chi fa più punti. Altra flash news: una giocata che permette di avvicinarsi a fare punti è una buona giocata offensiva, una giocata che allontana l’avversario dal segnare punti è una buona giocata difensiva. Per EPA, o expected points added, si intende un tipo di statistica che quantifica quanto una singola azione ha avvicinato la squadra al segnare punti. Come? Considerando la situazione prima e dopo l’azione. In soldoni, se dopo l’azione la squadra ha aumentato i punti che potrebbe segnare in quel drive, l’azione ha avuto un EPA positivo. Al contrario, se la squadra si troverà in una situazione più svantaggiosa, l’EPA sarà negativo. Le cose in realtà sono leggermente più complicate, quindi prima di capire nello specifico come funzionano gli expected points added, partiamo da un esempio semplice ma efficace.

virgil carter epa

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L’ex QB dei Bengals Virgil Carter è in un certo senso il padre della EPA. Ritiratosi giovanissimo per un infortunio alla spalla, Carter si mise a studiare 8000 giocate della stagione 1969 per determinare, con l’aiuto di un professore della Northwestern, i valori di expected points di ciascuna situazione di gioco. Queste ricerche hanno dato il là ai risultati che oggi possiamo consultare su ESPN e Football Outsiders, detentrici dei modelli di EPA attuali più all’avanguardia.

State giocando al Gioco dell’Oca. Siete a metà del percorso e vi mancano venti caselle per arrivare alla vittoria. È il vostro turno, lanciate il dado e fate sei, avanzando di altrettante caselle. Dopo quel lancio di dado siete a 14 caselle dalla vittoria, quindi quel lancio ha avuto un impatto positivo di +6 sulla vostra possibilità di vincere. Il turno successivo avanzate di due, ma atterrate su una casella che prevede una penalità, quindi arretrate  di 4. Alla fine del turno vi sarete allontanati di due posizioni (+2 -4) dalla casella finale. Mentre il primo lancio ha avuto un impatto positivo sulle vostre probabilità di vittoria, il secondo ha avuto un impatto negativo, allontanandovi di -2 rispetto alla posizione di inizio turno. Questa è in soldoni la base concettuale degli expected points added nel football, ora andiamo a capirli con un esempio prolato.

Prima dello snap del pallone, la squadra che attacca ha una determinata probabilità di segnare dei punti, calcolabile basandosi su down&distance e situazione di campo. Ad esempio, mettiamo che la nostra squadra si trovi a giocare un terzo e dieci dalle 20 yard avversarie. Se analizziamo tutte le squadre che negli ultimi anni si sono trovate nella stessa situazione, ne avremo parecchie che hanno finito quel drive con un calcio da 3 punti, alcune che sono riuscite ad accaparrarsene 7 con un touchdown, altre che non ne hanno messo a referto nemmeno uno causa intercetto, sack o field goal sbagliato. Calcolando la media dei punti che storicamente sono stati segnati da tutte le squadre che si sono trovate in quella situazione otteniamo gli Expected points, ovvero i punti che ci si aspetta che la nostra squadra segni partendo dal terzo e 10 dalle 20 avversarie.

Ora, mettiamo che il nostro quarterback effettui un completo di undici yard. Abbiamo convertito il primo down e ora ci troviamo ad un primo e goal dalle 9 avversarie. In questa nuova situazione gli expected points sono più alti rispetto all’azione precedente: di nuovo, storicamente le squadre che si giocano un primo down da una posizione così favorevole concludono con più punti rispetto a quelle che si giocano un terzo e dieci dalle venti avversarie, ovvero la nostra situazione di partenza. Il completo del nostro QB ha portato ad aumentare il numero di expected points della nostra squadra, quindi ha aggiunto expected points. Gli EPA, o expected points added, sono esattamente il numero di expected points che una giocata ha aggiunto (o sottratto, nel caso in cui il QB avesse subito un sack ad esempio) rispetto alla situazione di partenza.

Questo è un esempio estremo di oscillazione dell’EPA. Prima di questo first and goal dalle 5 i Patriots hanno un expected points molto alto, mettiamo di 4,3. Dopo la pick 6 lanciata da Brady i Patriots non solo non hanno messo punti a referto, ma ne hanno addirittura subiti 7. Quindi il valore EPA di quella giocata è di -11,3 (-4,3 per gli expected points mancati – altri 7 per quelli concessi alla difesa).

Ricapitoliamo. Sul nostro terzo e 10 i nostri expected points erano mediamente bassi, mettiamo 3,5. Dopo che abbiamo convertito il primo down, gli expected points sono saliti a 5,6. Questo significa che la giocata del nostro QB ha portato a 2,1 expected points added. Se viceversa avessimo subito un sack, gli expected points sarebbero crollati, passando magari a 1,4. In quel caso la giocata avrebbe generato un valore negativo di -2,1 expected points added.

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I PREGI DELL’EPA

Come tutte le statistiche avanzate, l’EPA punta ad aggiungere complessità alla box score tradizionale. Considerare una giocata in termine di expected points added permette di assegnare la giusta importanza a giocate il cui valore può essere ingiustamente gonfiato o ridimensionato dalle statistiche di base. Il concetto è semplicissimo e bastano un paio di esempi per chiarirlo.

Una corsa di 5 yard su un terzo e 10 a metà campo ha lo stesso valore di una identica corsa di 5 yard su un terzo e 4? In termini di box score e di fantasy football le due corse sono identiche, perché entrambe valgono per cinque yard. Quello che la box score non considera, però, è che il “peso” di quelle cinque yard è ben diverso nei due casi. La prima corsa (quella del terzo e 10) non aggiunge nulla alle mie possibilità di segnare punti, perché mi troverò a giocare un quarto e 5 nel quale andrò molto probabilmente a puntare, quindi ha avuto un impatto negativo in termini di expected points added. La seconda (quella del terzo e 4) mi è valsa invece un primo down che mi tiene in campo e mi permette di aggiungere punti nel corso del drive, quindi ha avuto un impatto positivo sulla mia possibilità di segnare punti.

Quindi, anche se le due corse sono identiche in termini di yard guadagnate, la prima avrà un valore EPA negativo, la seconda un valore EPA positivo. Analizzare il football in termini di EPA permette di “scremare” le yard prive di valore da quelle che, anche se meno appariscenti, hanno un grandissimo valore in termini di punti segnati. La news flash con cui abbiamo aperto questa puntata ora ha un significato meno banale: visto che nel football segna chi fa più punti, è giusto dare più importanza alle giocate che aumentano la possibilità di segnare rispetto ad altre che sono meno influenti sotto questo punto di vista.

La EPA è una statistica basata sull’efficienza, che permette di mettere in risalto giocatori, giocate e squadre che sono più efficaci nell’aumentare la propria possibilità di segnare punti. Questi giocatori/squadre/giocate non sono quelli che valgono più yard in generale, ma quelli che valgono più punti, o meglio ancora più expected points added.

Per capire quali giocatori sono più incisivi di altri basta fare la media degli expected points added guadagnati da ciascun giocatore nell’arco di una partita (o di una stagione o di una carriera) per calcolare il suo EPA/play, ovvero quanti expected points il giocatore aggiunto in media per ogni azione che ha giocato.

I DIFETTI DELL’EPA

La EPA è un’ottima statistica, ma come ogni parametro non è priva di difetti. Uno dei più citati è anche il più complicato da riassumere, e ha a che vedere con l’attendibilità del campione statistico dal quale si rilevano gli expected points. Se si prende un campione troppo largo (mettiamo tutti gli snap giocati dal 2005 in poi) si finisce per includere partite di dieci anni fa, nelle quali si giocava un football diverso e nel quale i punti che era lecito aspettarsi in una situazione erano necessariamente diversi rispetto al football di oggi. Ad esempio, nel 2020 si giocano molti più quarti down rispetto al passato e questo aspetto incide sul risultato finale di ogni drive in termini di punti segnati. D’altro canto, restringere il campione statistico agli ultimi due-tre anni finisce per ridurne la vastità e quindi l’attendibilità per quanto riguarda il valore degli expected points.

Un’altra fragilità della EPA, per quanto marginale, è che la statistica non considera quanto tempo c’è sul cronometro. Un primo e goal dalle cinque avversarie ha un EPA molto alto in condizioni normali, ma se sul cronometro restano dieci secondi una squadra non potrà sfruttare tutti i tentativi a sua disposizione prima dello scadere dei secondi, quindi l’EPA di quel primo e goal allo scadere dovrebbe essere più basso di quanto non sia in realtà.

La terza critica che si può muovere alla statistica è che la EPA non considera che alcune giocate negative in realtà hanno un valore positivo. Ad esempio, mettiamo che un quarterback subisca un sack perché non aveva opzioni di passaggio disponibili. La sua EPA per quella giocata sarà sicuramente negativa e andrà a peggiorare l’EPA/play del QB. Tuttavia ci sono situazioni in cui subire un sack è la scelta giusta per evitare di incorrere in una giocata ancora peggiore, come un intercetto che correrebbe il rischio di regalare il possesso all’avversario. La EPA non è equipaggiata per dare il giusto peso a questi scenari di “male minore”.

Un ultimo aspetto da considerare è di carattere generale, perché possiamo allargarne la portata a tutte le statistiche di nuova generazione. Lo studio analitico del football muove da un assunto di base per cui l’obiettivo di ogni giocata è massimizzare le possibilità di segnare ad ogni azione. Ogni passo avanti è ritenuto positivo, ogni passo indietro è da considerarsi negativo. In realtà non è sempre così, o almeno la maggior parte dei coach non la pensa in questo modo. Per molti allenatori la partita o il drive non sono una marcia lineare verso la vittoria o il touchdown. Ci sono passi di lato che servono per evitare di cadere o passi indietro utili per “prendere la rincorsa” verso il touchdown. Fuor di metafora, nel football alcune giocate che sembrano negative sono in realtà il preludio ad una giocata decisiva.

Spesso i playcaller offensivi (Kyle Shanahan è un maestro in questo) “sacrificano” una giocata ad inizio partita per preparare una big play verso la fine. Mettiamo che una squadra ad inizio partita si schieri in I formation (qui un’introduzione alle principali formazioni offensive) dalla quale chiama una corsa che finisce per perdere yard. Giocata negativa, vero? Sì, ma anche no. Quella giocata può essere un modo per vedere come la difesa si schiera per difendere quella formazione, di modo che quando ci sarà l’occasione, dalla stessa identica I formation arriverà una finta di corsa che permetterà all’attacco di lanciare sul profondo con successo. L’unico modo che l’attacco ha di sapere se quella giocata esplosiva può funzionare è “sacrificare” una giocata a inizio partita per costringere la difesa a mostrare la sua mano. Quella che può sembrare una corsa scadente che porta a perdere yard (e quindi è negativa in termini di EPA) in realtà si rivela il “test” per una giocata esplosiva a partita in corso, e quindi non è una giocata negativa quanto appare dal suo valore in EPA.

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Cosa ci insegna questo esempio? Che come tutte le statistiche, la EPA non va presa in assoluto ma va contestualizzata e messa alla prova dei filmati delle partite. Un giocatore con un EPA alto è quasi sicuramente un giocatore efficace, ma non significa che sia stato efficace in ogni singolo snap della sua carriera. Come al solito, la verità sta nelle sfumature. È lì che dobbiamo cercare, ed è lì che ci porta un utilizzo responsabile di statistiche come la EPA.

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Alberto Cantù

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