Up and Coming: Philadelphia Eagles

Up and Coming è una nuova rubrica di Huddle Magazine che vuole descrivere le squadre che sono in crescita nella NFL. Vi accompagneremo per otto settimane, scegliendo una squadra per division e raccontandovi quali caratteristiche ci possiamo aspettare da essa in questo 2017. L’obiettivo è avere un’anteprima di ciò che vedremo in questa lunga offseason per le franchigie che riteniamo possano cambiare di più in questo periodo. Nella speranza di riuscire a trovare delle nuove contender!

Wentzmania o Wentzdrama?

L’opinione comune su Carson Wentz e il suo primo anno da quarterback NFL è macroscopicamente azzeccata: un inizio arrembante culminato con una grande vittoria sui Pittsburgh Steelers, una fase centrale pessima e una conclusione in crescendo attestandosi su livelli mediocri.
Usando la lente di ingrandimento si scopre però che c’è anche dell’altro. Anzitutto, quella vittoria sugli Steelers, squadra ritenuta a ragione molto superiore. C’è un motivo se Pittsburgh è però arrivata al Championship e Philadelphia no: la gestione del personale. Un roster delicato tende a non considerare come vitale l’impegno contro una squadra dell’opposta conference che arriva a ridosso dell’inizio stagione. Tant’è che la sconfitta non ha pesato sulle aspirazioni di Pittsburgh, cosa che scrivemmo anche in sede di cronaca.
D’altra parte, una squadra giovane e imbattuta tende a sopravvalutare lo stesso impegno, conscia che una eventuale qualificazione ai Playoff non è per nulla ovvia.

Carson Wentz

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Wentz ha passato con questo sentimento il primo mese da titolare, ovvio i suoi numeri siano inflazionati. Come vedremo, sarà fisiologico anche l’appannamento successivo.
Il rookie da North Dakota State non doveva nemmeno esserlo il titolare. L’infortunio di Teddy Bridgewater innescò la reazione a catena che portò Sam Bradford a Minnesota e consentì agli Eagles di recuperare una scelta al primo giro nel 2017.
A quel punto però la matricola doveva giocare.

Con il procedere della stagione le situazioni e gli avversari cambiano. Philadelphia ha affrontato i Packers mentre erano lanciatissimi e i Ravens quando dovevano vincere per forza per fare due esempi. Gli Eagles non si sono dimostrati una squadra solida, e un rookie risente molto di questo quando viene chiamato a recuperare grossi divari o a forzare per altri motivi.
A esempio, Wentz ha deluso sotto pressione, ottenendo quasi sempre rating bassi se assediato. La sospensione di Lane Johnson, uomo di linea, ha poi affossato qualsiasi speranza di migliorare un record che alla fine dell’anno recitava 7-9.

Una delle conseguenze della stagione degli Eagles è stata quella di vedere il loro QB lanciare 602 volte – secondo rookie nella storia a lanciare più di 600 volte. Questo ha portato a dolore a livello del gomito, durato per le ultime cinque o sei settimane di gioco. Insomma, una stagione che sarebbe stata difficile per molti QB lo è stata ancora di più per lui. Detto questo, i problemi di meccanica di lancio non sono passati inosservati, tant’è che i risultati migliori con Wentz si hanno quando può controllare il gesto e completare sul corto e con calma.
Per tutte le altre evenienze il prodotto di NDSU si è fatto affiancare dallo stesso allenatore specifico di Tom Brady e Matt Ryan, Adam Dedeaux, che proprio mentre vi scriviamo lo sta aiutando.
Quindi non solo Wentz ha dato segno di essere abile, ma i suoi problemi del 2016 sono ben catalogati e conosciuti. Forse non sarà il nuovo Peyton Manning, ma i tifosi in neroverde sono sicuri che la Wentzmania sia appena iniziata. E dopo un certo ulteriore periodo di rodaggio, ne saremo convinti anche noi.

Aquile come api con il miele

Un altro segnale sbagliato colto da quella partita con gli Steelers, e più in generale dal confortante inizio di stagione era stato il rendimento delle secondarie. Malcolm Jenkins e Rodney McLeod avevano guidato la secondaria a prestazioni impressionanti contro i passaggi: le due safety sembravano poter blindare il reparto arretrato, con placcaggi precisi e tempi di intervento tarati al centesimo di secondo.
Purtroppo, anche se i due si sono ben comportati per tutta la stagione, i buchi nella posizione di cornerback non hanno tardato nel palesarsi.
Il 22enne Jalen Mills e il veterano Ron Brooks sono i titolari. Il primo ha dimostrato perché non è stato scelto prima del sesto giro all’ultimo draft: costantemente battuto, è sembrato niente più di un rincalzo oppure di un giocatore in cerca di collocazione. Il secondo ha giocato solo sei partite prima di infortunarsi gravemente al quadricipite.
Il taglio (giusto) del 32enne Leodis McKelvin lascia quindi Philadelphia con poco talento e poca salute nella posizione. Tornerà utile quella scelta al primo giro strappata ai Vikings, che andrà quasi sicuramente su un cornerback.

Di cosa ha bisogno Jim Schwartz (coordinatore difensivo) in un cornerback? Utilizzando la cover-2, ha bisogno di un marcatore a uomo che non perda il passo sul ricevitore assegnato. Ci sono almeno quattro o cinque cornerback da primo giro quest’anno, e le visite private con Marlon Humphries, Marshon Lattimore e le interviste alla combine con altri prospetti meno popolari confermano questo sospetto.

Le ultime voci danno anche come congelata la pista che porta a un running back. L’altro lato della medaglia dice che è estremamente complicato scegliere un cornerback al draft, o perlomeno è complicato capire il suo impatto a livello NFL, fuori dalla top-5. Per questo, una scelta di richiamo nello stesso ruolo nel quinto o sesto giro è altrettanto auspicabile.

Nota: Humphries, Chidobe Awuzie, Desmond King e Gareon Conley hanno numeri alla combine simili a quelli di fenomeni come Darrelle Revis e Aqib Talib. Di certo la qualità non manca, e la posizione 14 al draft potrebbe essere ideale per opzionare uno di loro.


Quanti ricevitori…

Se le necessità difensive sono chiare, altrettanto lo sono quelle offensive. L’annoso problema dello stipendio di Jason Peters costringerà Phila a iniettare profondità sui tackle, ma a parte quello gli Eagles partivano con molti problemi sui cosiddetti skill player.
Una free agency tutta all’attacco sembra aver risolto le cose.

Emblematico il caso dei ricevitori. Con Jordan Matthews a fungere da primo violino e le delusioni cocenti come Nelson Agholor e Dorial Green-Beckham, l’atteggiamento di investire al draft e su giocatori scartati da altri non ha dato alcun frutto. La fabbrica dei drop non è stata smantellata, ma i rimpiazzi di stirpe sono arrivati per sostituirla in tutto e per tutto.
Il primo è Alshon Jeffery: probabilmente il miglior ricevitore in free agency, è arrivato per un contratto mediamente costoso ma di un solo anno. In cerca di rilancio dopo qualche problema fisico di troppo, il giocatore ex-Bears è pieno di ragioni per fare bene. Può ambire all’ultimo contratto enorme della carriera nel 2018 e ottenere una serie di incentivi già quest’anno che ammontano a circa 4 milioni e mezzo. Non sappiamo se rimarrà sano, e nemmeno quanto renderà, ma è sicuro che l’impegno ce lo metterà tutto.

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Darren Sproles Eagles

A fianco di questa mossa “alla New England”, gli Eagles hanno ottenuto anche Torrey Smith. Veloce ricevitore ex-Ravens e 49ers, arriva con un contratto senza garantito o quasi, con la possibilità di essere tagliato senza perdita dopo questo 2017. Sostanzialmente, è nelle stesse condizioni di Jeffery: deve rendere altrimenti la carriera è compromessa.
Affamati sono affamati, ma si sposano bene con il progetto tecnico del coach al secondo anno Doug Pederson?

La filosofia di quest’ultimo è conservativa. Si sprecano allineamenti con due tight end, giochi di corsa, tracce non profonde. A Kansas City il suo attacco fu il 27esimo per yard ma il nono per punti segnati.
L’anno passato questa intenzione si è scontrato con la poca varietà garantita dal roster di Philadelphia, spingendo evidentemente il front office a fornire il suo head coach con armi meglio assortite. Le qualità di Jeffery e Smith, quindi, non si sposano al meglio con la naturale propensione del loro coach, ma vanno a riempire i buchi che l’anno scorso c’erano nelle trame offensive degli Eagles.

Frank Reich, il coordinatore offensivo, non ha troppa voce in capitolo. È più un assistente che un coordinatore, con un brutto passato a San Diego ma molta stima presso Pederson. Che sia l’anno buono per migliorare anche per lui?
Il receiving corp non è necessariamente migliorato, ma è più vario. Per una squadra che deve crescere è un buon segnale.

Possiamo aspettarci che gli Eagles (magari trovando un buon RB) possano sfiorare i Playoff. Ma la loro intenzione è chiara: tornare a essere una perenne aspirante ai quartieri alti della NFC. Come visto, non mancano tanti pezzi, e chi deve metterli insieme (Wentz e Pederson) ha dalla sua parte l’età e la giusta percezione degli errori passati.

Il pubblico del Lincoln Financial Field è tornato a sperare. Il 2017 ci dirà per quanti anni potrà farlo.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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4 Commenti

    1. Ciao Stefano, grazie per aver letto e commentato.
      Per la NFC West abbiamo fatto i 4Niners, magari finito il giro faccio un “overtime” sui Rams!

  1. complimenti per rubrica e magazine. Sono assolutamente un neofita ma, non so spiegarmi il motivo, il football americano mi sta facendo letteralmente impazzire (leggo e studio in attesa della nuova stagione). Sport pazzesco, con la crosta dura. ma passata quella, dopo è un’esplosione di sapori. Team del “cuore” (o almeno quello che ho deciso di seguire con maggiore attenzione), i Chiefs di Kansas city. Ci sarà anche un Up and Coming per loro? grazie

    1. Ciao Roberto.
      Che bello, sono contento tu ti stia avvicinando al football.
      I Chiefs sono arrivati ai Playoff l’anno passato, per cui non li coprirò. Ma sicuramente (anche solo per il draft e la free agency) ne parleremo prima dell’inizio della stagione.
      Grazie per i complimenti e la lettura.

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