Tampa Bay Buccaneers e la rotta ritrovata

Fratelli della costa.

Questo era il nome dei primi bucanieri, soprattutto di origine olandese, francese ed inglese, che, tra il XVII ed il XVIII secolo, attaccavano le navi francesi ed inglesi che solcavano i mari delle indie occidentali. Buccaneers è anche il nickname che, nel 1976, tra oltre 400, fu scelto per la neonata franchigia della Florida che avrebbe portato a 27 il computo dei team in NFL.

La storia dei Buc’s, come l’anima dei bucanieri, non è stata priva di contraddizioni, se è vero che la Tampa 2 ha segnato un decennio tanto quanto il record di 0-26 con cui la neonata franchigia sbarcò sulle rive della NFL, impresa splendidamente raccontata in “The Yucks, 2 yerar in Tampa with the losingest team in NFL History

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Dopo molte sconfitte, qualche apparizione ai playoff e l’abbandono di Bucco Bruce, il meraviglioso logo disegnato dal compianto Lamar Starkman ed ancora oggi considerato uno dei più belli mai realizzati, la metà degli anni 90 ha segnato una rivoluzione, stilistica e tecnica, che grazie a giocatori come Warren Sapp, Brooks e Lynch, per citarne tre, ha permesso a Tampa di costruire le basi per vincere l’agognato titolo nella stagione 2002. Ad aggiungere valore, la cronica assenza di un QB ed un attacco sporadicamente capace di trascinare il team nella post season.

Il nuovo millennio, oltre all’unico titolo, ha visto i Bucs tornare ad antichi vizi e, nonostante alcune buone stagioni e l’ultima apparizione nella post season datata 2007, un record “overall” di 45-83 e l’alternarsi di 4 coach negli ultimi otto anni hanno riconsegnato la franchigia alla mediocrità.

Il primo raggio di sole dopo un decennio in acque tempestose è stato, paradossalmente, vista la scarsa tradizione in fatto di signal caller, la scelta con la prima assoluta del draft 2015, del fenomeno “di casa”, per origine e formazione, Jameis Winston.

Nel caso di Jameis quando si dice che l’inizio non è stato dei migliori lo si fa in senso letterale.

Primo gioco ed intercetto immediato.

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Nonostante questo e un team che veniva dal 2-14 di 12 mesi prima, indiscutibilmente il peggior record della lega, la prima stagione nella lega dell’ex Florida è andata abbastanza bene sotto il profilo dei risultati, con Tampa coinvolta fino a dicembre nella lotta alla post season, e con il titolo di rookie of the year seguito dalla convocazione al Pro Bowl.

L’inutilità di una partita come quella che precede il Super Bowl ha permesso però a Winston di vedere “da vicino” gli altri grandi della lega, spingendolo a lavorare duramente sulla proprio forma fisica, vero punto debole del prodotto di FSU e aspetto su cui si è puntato maggiormente il dito durante la sua stagione d’esordio.

Lack of “escapability” dicevano.

Come ha sintetizzato efficacemente qualcuno, il lavoro fatto durante la off-season non ci ha restituito un Michael Vick 3.0 ma è comunque servito a rendere Winston più efficace sotto pressione e sufficientemente equipaggiato, grazia alla rinnovata mobilità, per tenere in vita giochi che in passato si sarebbero chiusi con ampie perdite di yard

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Dopo la scelta estiva, che definirei bizzarra, di appiedare Smith e promuovere Dirk Koetter (l’ex OC) ad HC e la decisione di affidare la difesa all’ ex Atlanta Falcons Mike Smith, il 3-5 con cui i Bucs sono arrivati al giro di boa sembrava il preludio alla sesta stagione consecutiva con un record perdente e la nona senza assaporare il sapore della post season.

Da quel momento Tampa Bay ha infilato una serie di 5 vittorie che gli ha permesso di agganciare Atlanta in testa alla division, rilanciandosi in chiave playoff.

Negli anni in cui i bucanieri rappresentavano l’elite della lega erano un team costruito su una difesa devastante che si poteva permettere un attacco normale. Non deve quindi stupire se anche questa edizione, che tanto e bene ha fatto per migliorare il proprio attacco (oltre a Jameis non va dimenticato l’alto fenomeno, Mike Evans) abbia trovato la svolta in una difesa che dopo aver concesso 29 punti tra la week 1-9 è scesa a 12,8 nella striscia positiva, realizzando un differenziale  di 16,2 punti che se mantenuto fino alla fine della regular season permetterebbe alla franchigia di riscrivere i libri di storia.

La semplificazione del play book e una DL la cui efficacia, con il rientro del veterano Robert Ayers e il rendimento assicurato di Geral McCoy, ha sostanzialmente permesso a Smith di tenere 7 uomini in copertura (Tampa è una delle squadre che utilizza meno i blitz, 25% contro il 30%, valore medio della lega) hanno reso difficile completare il più banale dei passaggi e facendo aumentare a dismisura i turn-over avversari. Per informazioni più dettagliate chiedere ai vari Brees, Smith, Wilson o Rivers che nelle ultime settimane sono stati tenuti da questa difesa di insospettabili ad un  53.5 di pass raiting, venendo a turno depredatati dello sferoide.

tampa bay buccaneers defense

In questo successo hanno ovviamente avuto un ruolo fondamentale anche le secondarie, ruolo in cui il management ha puntato forte anche nell’ ultimo draft, con la scelta al primo giro di Hargreaves III, il cui padre giocò e vinse, nel 1986, uno scudetto con i Warriors Bologna, e che con Grimes forma una coppia di CB affidabile. L’abilità dei LB in copertura (tra i primi nella difesa vs TE) e il buon lavoro delle S hanno fatto il resto dando vita ad una nuova stagione.

Domenica, per la prima volta nella loro storia, il match con i Cowboys rappresenterà la scontro tra due leader divisionali (non certo per colpa di Dallas…). L’esame, perché di questo si tratta, non potrebbe arrivare in un momento migliore visto il recente calo dei texani, coinciso con qualche prova sotto tono e la sconfitta, dopo 11 successi consecutivi, contro i Giants, e un Dak Prescott apparso più predisposto all’errore rispetto al recente passato.

Il fatto che si giochi lontana dal Raymond James Stadium non deve essere visto necessariamente come un limite visto che il miglior football, Tampa, lo ha fatto vedere lontano dalle mura amiche come ci ricorda anche il record “esterno” di 5-1

Se Dallas rappresenterà un passaggio fondamentale ed una prova di maturità, saranno le sfide successive con Panthers e Saints a determinare l’esito della stagione e l’eventuale qualificazione alla post season, come leader divisionale o wild card (difficile ma non impossibile).

Il risultato finale influenzerà inevitabilmente il nostro giudizio sulla stagione ma i segnali che giungono dal veliero della famiglia Glazer sembrano quelli di una ciurma che, dopo nove anni di navigazione discutibile e troppi cambi al comando, abbia ritrovato la rotta, e sia pronta a rivivere antichi fasti.

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Andrea Ghezzi

Padre di Mattia e Lorenzo, Marito di Silvia, Fratello di Zoe (Franci ti voglio bene). Scrivo (poco) e parlo (tantissimo) di Football, anche italiano. Direttore di The Cutting Edge credo solo a tre cose: #mattanza #badaun e #bomboloni.

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