[NFL] Week 12: Essere Rodgers, diventare Rodgers (Green Bay Packers Vs. Philadelphia Eagles 27-13)

A un certo punto del Monday Night avremmo potuto confrontare la prova di Aaron Rodgers, due volte MVP della lega, vincitore del Super Bowl, perenne Pro Bowler con 7,43 ANY/A – meglio di Peyton e Tom Brady – in carriera e quella di Carson Wentz, rookie da North Dakota State University, e stabilire che non vi siano differenze tra i due.

Mentre i Philadelphia Eagles marciavano in campo convertendo down su passaggio e si presentavano, a inizio terzo quarto, nella metà campo ospite, eravamo sicuri che tali differenze si sarebbero ulteriormente assottigliate.

Poi, con un lancio fuori misura, Wentz ci ha mostrato quanto divario ci sia ancora tra lui e quello che è uno dei primi cinque QB della lega.

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La palla per Zach Ertz è alta, non cade alle spalle dei linebacker dei Packers, ma vola un po’ più in là tra le mani di Haha Clinton-Dix. L’intercetto che apre il secondo tempo divide le strade dei due condottieri, dando il primo indizio sul ritardo finale, di 14 punti, degli Eagles.

Anche troppo filante, troppo lineare il primo tempo.
Le assenze di Brandon Brooks (misterioso virus poco prima della partita) e Ryan Mathews azzoppavano gli Eagles mentre la tensione era tutta sulle spalle dei Packers: con una sconfitta le ultime speranze di Post Season sarebbero andate perse.
I primi tre possessi si concludono con tre segnature.

Rodgers trova spesso i suoi ricevitori su tracce out corte, come se gli Eagles preferissero la prudenza alle grosse giocate che spesso hanno fatto la differenza per loro in questo 2016. Dove non arrivano Jordy Nelson o Randall Cobb, protagonisti di tali orditi offensivi, ci arriva lo stesso Rodgers, che nell’ultimo mese, al venire meno del gioco di corsa, ha pensato lui a chiudere down su down con le gambe.

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Dall’altra parte, perché nel mimare Rodgers Wentz deve essere completo, la matricola da NDSU si inventa il primo TD su corsa della sua carriera, con tanto di bel tuffo finale. I numeri sono straordinari: il QB degli Eagles è 13/17 nel primo tempo, 7/8 nei primi due possessi.

Green Bay non ha certo penuria di ricevitori in attacco, e mentre Jordan Matthews si fa male per Philadelphia, dall’altra parte c’è solo l’imbarazzo della scelta. In particolare è Davante Adams a ricevere i due passaggi da TD di Rodgers: il primo è di routine, il secondo è forse il miglior passaggio del numero 12 quest’anno, quindi ve lo raccontiamo.

Appena il prodotto di Cal vede Adams separarsi di un metro dal suo marcatore – Nolan Carroll – lo cerca con un pallone che ha l’ambizione di essere visto dal ricevitore ma non dal defensive back. Incredibile a dirsi, è esattamente quello che succede: quando Carroll e Adams si girano, per il primo il pallone è troppo basso, per il secondo è facilmente ricevibile.
14-7, poi 14-10 perché nonostante la linea offensiva di Philadelphia inizi a scricchiolare in modo evidente, Wentz riesce a trovare Ertz, Dorial Green-Beckham e Bryce Treggs per qualche guadagno su terzo down sufficiente a trascinare Caleb Sturgis in zona field goal.

Vi abbiamo già detto come il terzo quarto evidenzi i gradi di separazione tra Wentz e Rodgers: il primo si macchia dell’intercetto già raccontato, il secondo trova ancora Adams per 50 yard di guadagno, stavolta in faccia a Leodis McKelvin. Ce n’è per tutti i membri della secondaria Eagles, di solito più che affidabile in casa.

Ne scaturisce il 17-10, poi ridotto a 17-13 dopo l’ennesimo drive difficile per l’attacco neroverde, tenuto in piedi da Darrenn Sproles e ancora Ertz. Il dover convertire tre o quattro terzi down non garantisce continuità, infatti saranno gli ultimi punti per gli Eagles che concederanno così la prima vittoria agli ospiti del Lincoln Financial Field in questo 2016.
Negli ultimi 20 minuti semi-effettivi Green Bay terrà il pallone per 15, realizzando un touchdown e un field goal, ponendo la parola fine alla partita.

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I passaggi lunghi non servono più. Ci vuole un roughing the passer inopportuno di Fletcher Cox e qualche lancio che non viaggia per più di cinque yard. La chiude Aaron Ripkowski, erede romantico di Johnathan Kuhn, fullback amatissimo a Lambeau Field, vero fil-rouge tra l’ultimo Super Bowl vinto da Mike McCarthy e quelli che saranno i Packers del futuro, forse senza l’allenatore da Baker University.

Dopo aver fatto vedere gran parte del suo repertorio, l’altro Aaron si ferma: il quadricipite femorale tira, non riesce più a correre. Stabilire quanto questo infortunio lo limiterà nelle prossime partite non è facile, né lecito nel rendiconto di questa singola cronaca. Certo è che senza le corse (4,3 di media in partita) la sua efficacia in questa precisa versione dei Packers subirebbe una grossa menomazione.

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Riprendiamo i tabellini dei due quarterback a fine incontro: molto diversi rispetto a come erano alla fine del primo tempo. 24/36 per 254 yard, 1 intercetto e 4 sack per Carson Wentz, 30/39 per 313 yard con 2 touchdown e nessun sack per il dirimpettaio.

Lo stile c’è, è simile e non escludiamo che un giorno Wentz diventi un Rodgers più giovane. Detto questo, nel Monday Night Rodgers ha fatto prodezze decisive sotto tutti gli aspetti. Elusivo, preciso, doppiamente pericoloso, ragionatore. Una serata da numero 1 nel ruolo, ad anni luce di distanza dal ragazzo da NDSU.

Che dal canto suo ha sofferto bestialmente l’assenza di due playmaker – Matthews e Mathews, balla una T – e di quella di un fondamentale pezzo della sua linea, due se includiamo il sospeso cronico Lane Johnson. Ma che, in egual misura, ha dimostrato con quell’intercetto di avere ancora molto da imparare.

In una serata lineare, costituita da football divertente e interessante, il confronto tra due squadre buone ma non eccellenti spesso si riduce alla penalizzazione orrenda della prima che sbaglia. Carson Wentz, nella sua strada verso Rodgers, la prossima volta si assicurerà di non essere il protagonista di tale errore.

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Nella fase transitoria della partita, quando entrambe le squadre erano offensivamente temibili, le condizioni di emergenza delle due linee d’attacco le hanno spinte a un atteggiamento guardingo anche su down dichiaratamente di passaggio. Nelle due immagini che seguono vediamo come Green Bay e Philadelphia abbiano nel primo tempo capitalizzato tali situazioni in modo differente, pur essendosi organizzate in modo molto simile.

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Secondo down per tutte e due le squadre. Green Bay raddoppia la presenza nel backfield (sopra) mettendo Ripkowski a proteggere dal lato debole. Gli Eagles reagiscono rinunciando al blitz.

Stessa cosa per Philadelphia in attacco (sotto). Nessun ricevitore è in posizione spread – mentre per i Packers ce n’è uno – e Green Bay allo stesso modo non esercita pressione con i linebacker. Il risultato di questi due atteggiamenti è simile, e porta alla corsa di Wentz, che guadagna otto yard dopo non essere riuscito a trovare nemmeno uno dei suoi ricevitori liberi (marcati da chi non era andato in blitz).

Per i Packers il risultato è ancora migliore: la linea difensiva di Phila sente la pressione della giocata e anticipa la partenza, cinque yard gratuite.

La scelta di non impiegare la spread offense – cioè di non “aprire” il più possibile la formazione offensiva – in un down di ovvio passaggio ha tolto alle due O-line e ai due quarterback il problema di riconoscere e arginare il blitz. Oltre a questo, tali decisioni ci spiegano anche fedelmente come i due registi siano stati costretti a correre spesso una volta che le difese, in superiorità numerica downfield, hanno tolto loro la possibilità di passaggio.

Da queste situazioni di gioco (secondi e terzi down lunghi) si può analizzare quanto una linea offensiva abbia la fiducia dei suoi allenatori. Nel caso del Monday Night, nessuno dei due reparti è sembrato averne molta.

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Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

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