[NFL] Super Bowl: dalla panchina dei Seahawks

Alzi la mano chi si sarebbe aspettato una vittoria di queste proporzioni per Seattle. Data come sfavorita praticamente all’unanimità, il sentore comune era che per alzare il Vince Lombardi Trophy la squadra di Pete Carroll avrebbe avuto bisogno di due condizioni base: che la sua super difesa contenesse lo strapotere offensivo di Denver, e che la partita fosse a basso punteggio, perché l’attacco guidato da Russell Wilson e visto contro San Francisco e New Orleans aveva fatto storcere più di qualche naso, ed in nessun modo sarebbe stato in grado di sostenere uno shoot out con la macchina da punti guidata da Peyton Manning.

Più di 600 punti segnati in regular season erano un biglietto da visita piuttosto eloquente, anche se i più maligni facevano notare come solo una volta, in stagione, Manning e compagni avevano dovuto affrontare una difesa classificata tra le migliori dieci della lega. Allo stesso modo, la difesa di Seattle aveva incontrato una sola volta un attacco classificato tra i primi dieci. Un po’ come dire “facile fare punti contro le difese scarse o avere prestazioni dominanti contro attacchi mediocri”. Al MetLife Stadium c’era l’occasione di vedere chi avesse ragione tra il primo attacco e la prima difesa della NFL.

Seattle Seahawks

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Visto il risultato finale, è indubbio che a prevalere sia stata la difesa di Seattle, ma si è trattato di un vero e proprio sforzo corale che ha coinvolto tutto il team, dal primo degli atleti all’ultimo dei magazzinieri. Una vittoria di squadra davvero completa, che ha coinvolto tutte e tre le fasi di gioco: attacco, difesa e special teams, per non dimenticare un coaching staff che non ha preso una decisione sbagliata che sia una e che ha preparato la partita e la squadra nel miglior modo possibile.

La difesa, dicevamo, è stato il reparto che ha preso i maggiori meriti per questa strabordante vittoria, e non senza merito. In fase di pronostico ci eravamo chiesti se anche Seattle avrebbe seguito le orme di New England, riducendo gli uomini destinati a portare pressione su Manning per concentrare gli sforzi sulle coperture dei ricevitori, sottolineando come fosse comunque una tattica rischiosa, perché il cinque volte MVP della lega si era trovato particolarmente a proprio agio a sezionare la secondaria dei Patriots grazie anche ad una linea d’attacco che aveva gestito in maniera ottimale i quattro defensive linemen avversari.

seahawks def lineChi meglio di Dan Quinn, il defensive coordinator dei Seahawks dalla vastissima esperienza come allenatore di linea di difesa, poteva ottenere il massimo possibile da una tattica simile? Quinn ha lasciato ad Avril, Clemons, Bennett e McDonald il compito di mettere pressione a Manning, con il raro supporto di qualche blitz (saranno solo sei in tutta la partita), lasciando ai linebacker ed alla oramai celeberrima “Legion of Boom” il compito di azzerare i vari Decker, Welker ed i due Thomas. I quattro defensive linemen hanno risposto alla grande, mettendo in seria crisi una linea offensiva che per tutta la stagione si era dimostrata di una solidità eccezionale. E quando diciamo “seria crisi” usiamo un eufemismo, perché nonostante la superiorità numerica, la linea d’attacco non è minimamente riuscita a contenere il devastante impatto del front four di Seattle, concedendo la penetrazione avversaria ora a destra, ora a sinistra, ora al centro.

Manning ha ufficialmente subito un solo sack, ma la costante pressione a cui è stato sottoposto ha avuto due effetti principali: costringerlo ad anticipare il lancio senza poter procedere nelle solite progressioni di lettura e, soprattutto, cambiare la propria meccanica di lancio per cercare di non farsi ribattere i passaggi sulla linea. Questa seconda situazione è stata particolarmente evidente in occasione dell’intercetto subito da parte di Chancellor. Manning si è trovato di fronte un defensive lineman con le mani alzate, ed ha dovuto alzare la traiettoria per superarle, con l’effetto devastante di mancare il ricevitore di quelle tre/quattro yards bastanti per far finire la palla nelle mani del defensive back avversario.

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I Broncos non hanno mai seriamente provato la via del gioco di corsa, chiamando Moreno e Ball in causa pochissime volte, e sicuramente questo ha facilitato il compito alla difesa di Seattle, ma c’è anche da dire che quando Denver ha dato palla ai due runningback i risultati sono stati a dir poco imbarazzanti. Moreno finirà con sole diciassette yards guadagnate in cinque portate. Peggio ancora per Ball, autore di sei corse per una sola yard di guadagno.
Mettiamo nel sacco anche l’intercetto di Malcolm Smith, causato da un colpo al braccio di Manning mentre stava lanciando, e riportato in touchdown dallo stesso Smith dopo una corsa di 69 yards, ed i due fumble recuperati da Smith (ancora lui) e Clemons, ed abbiamo il quadro completo del totale dominio difensivo di Seattle in questa parttia. E poco importa se Manning ha stabilito il record per maggior numero di passaggi completati e Demaryus Thomas quello delle ricezioni effettuate in un Super Bowl.

E l’attacco di Seattle? Quel reparto che avrebbe sicuramente avuto la peggio in una partita ad alto punteggio? Ci si aspettavano massicce dosi di Marshawn Lynch intervallate dalle corse di Russell Wilson e dai precisi passaggi in scramble del giovane quarterback, ma la piega presa dalla partita ha sconvolto un po’ tutti i piani di Seattle. Tra Lynch (15 per 39) e Wilson (3 per 26) è arrivato a sparigliare le carte Percy Harvin, un oggetto misterioso per la stagione 2013 dei Seahawks a causa di una serie di infortuni che ha messo a segno un paio di end around che hanno trovato la difesa di Denver totalmente impreparata e sorpresa.

Wilson ha fatto il minimo indispensabile in scramble, ma ha disputato un’ottima partita per tutti coloro che ne hanno messo in dubbio le qualità di lanciatore in questi mesi.
I ricevitori l’hanno certamente aiutato ricevendo qualsiasi palla gli venisse lanciata, ma Wilson è stato più preciso e pulito del solito, come dimostrano i due touchdown pass per Kearse e Baldwin ma anche tutti gli altri completi ottenuti con passaggi praticamente perfetti.

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La linea d’attacco, che sembrava essere il punto debole della squadra dello stato di Washington, non si è disunita ed ha dato adeguata protezione a Wilson permettendogli di lanciare in tutta tranquillità. Raramente abbiamo visto Wilson così poco mobile ed andare a sondare anche la terza opzione in fase di lettura dei ricevitori. Praticamente mai sotto pressione, dubitiamo seriamente che abbia dovuto lavare la maglia dopo la partita, perché non sembra aver sudato più di tanto, e non solo per la temperatura esterna.

Percy Harvin seahawksParlando di Percy Harvin, infine, abbiamo ancora negli occhi il ritorno di kickoff che ha letteralmente chiuso la partita. Certo, le probabilità di una rimonta dei Broncos erano già ridotte ai minimi termini. Uscire per il secondo tempo sotto di ventidue punti dovendo anche dare palla agli avversari non era sicuramente la situazione ideale per Denver, ma Harvin che raccoglieva il punt calciato corto per metterlo in difficoltà, e lo riportava in touchdown superando un kickoff team che probabilmente ancora era rimasto nello spogliatoio, era il classico chiodo nella bara, una richiesta di resa incondizionata che avrebbe abbattuto un rinoceronte.

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12 secondi per la prima segnatura. 12 secondi per la segnatura iniziale del secondo tempo: un destino vero e proprio, questo numero 12 per Seattle. Ora il numero 12 esulta e festeggia, giustamente, ma siamo sicuri che da qualche parte ci sia qualcuno che già sta avvertendo qualche mal di pancia. Quattro anni di programmazione per arrivare in vetta al mondo, una squadra costruita tassello dopo tassello con gli scarti delle altre franchigie e con un accurato lavoro di scouting, un lavoro grandissimo che il General Manager John Schneider dovrà cercare di non rovinare nei prossimi anni quando, complice proprio la vittoria di New York, le richieste contrattuali modificheranno inevitabilmente l’idilliaco panorama che ora si può ammirare dalla finestra del Salary Cap. Questa, secondo noi, più che quelle sul campo, sarà la vera sfida per Carroll e Schneider nelle prossime stagioni.

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Massimo Foglio

Segue il football dal 1980 e non pensa nemmeno lontanamente a smettere di farlo. Che sia giocato, guardato, parlato o raccontato poco importa: non c'è mai abbastanza football per soddisfare la sua sete. Se poi parliamo di storia e statistiche, possiamo fare nottata. Siete avvertiti.

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