[NFL] Week 16: Vikings corsari a Houston

Al Reliant Stadium di Houston era tutto pronto per un regalo natalizio in anticipo: un successo contro i Vikings non solo avrebbe voluto dire per i Texans un nuovo record di vittorie in una sola stagione (13) ma soprattutto la sicurezza aritmetica di disputare in casa tutte le gare di playoff.
Per Minnesota la sfida in terra texana era però ugualmente importante: solo con un successo infatti i Vikings potevano continuare a sperare di agguantare i playoff, appena una stagione dopo aver chiuso con il terribile record di 3-13.
I pronostici erano, per altro, decisamente a favore dei Texans, ma in questa pazza NFL edizione 2012 è arrivata l’ennesima sorpresa, con i viola del Minnesota che si sono portati via l’intera posta al termine di una partita che i ragazzi di coach Frazier hanno condotto dall’inizio alla fine. A onor del vero i primi tre punti sono stati dei Texans, ma da lì in poi è stato un monologo dei Vikings che hanno messo a segno 23 punti subendone solo più altri tre, lasciando così Houston a secco in fatto di touchdown per la prima volta dal 2006.

Adrian Peterson, Connor BarwinE’ giusto allora partire analizzando la prestazione del reparto che più ha impressionato nella sfida del Reliant: la difesa di Minnesota ha giocato il miglior incontro stagionale con una linea che ha letteralmente dominato la lotta nelle trincee contro quella che è considerata una delle più forti linee offensive della Lega. La coppia di tackle Kevin Williams e Fred Evans ha costantemente chiuso tutti i varchi interni, ed ha confezionato i due giochi più importanti dell’intero match: sul finire del terzo quarto, con Minnesota avanti 16-3, i Texans si sono trovati a giocare un first and goal sulla 1 dei Vikings. Un touchdown a quel punto avrebbe riaperto completamente i giochi ridando fiducia ai Texans che nel frattempo avevano perso il fortissimo runner Arian Foster, bloccato dai medici per un’aritmia al cuore pochi minuti prima. Invece dopo un passaggio incompleto al tight end Daniels, sul secondo down Williams fermava il runner Tate per un guadagno nullo poi, sul terzo down, Evans andava addirittura a “saccare” Schaub. Houston si doveva accontentare di un field goal, ma era comunque il segnale di resa di un team che in tutto l’ultimo quarto chiuderà un solo primo down (su penalità difensiva).
Se per i Texans trovare varchi all’interno della linea non è stato facile, all’esterno le cose non sono andate certo meglio visto che il defensive end Everson Griffen, alla prima gara da titolare nei tre anni di carriera al posto dell’infortunato Robison, ha giocato persino meglio dei due compagni “interni” con ben cinque pressioni su Schaub e una presenza costante che ha impedito di sviluppare il gioco di corsa esterno tanto congeniale ai texani.
Anche il secondario non è stato a guardare con il cornerback Winfield bravissimo a neutralizzare i palloni lanciati nella sua direzione e la safety rookie Harrison Smith che ha letteralmente annullato tutto quello i Texans hanno provato a fare dalle sue parti: Posey, Graham e Daniels sono stati cercati 5 volte nella zona del numero 22. Risultato? Un completo per due yards.
Nell’attacco dei Vikings invece tutti i riflettori erano naturalmente puntati su Adrian Peterson: un “fenomeno della natura” che ad appena un anno dalla rottura del legamento crociato anteriore e di quello collaterale mediale, sta dando la caccia ad un record formidabile: le 2105 yards corse da Dickerson nel 1984, record NFL per yards guadagnate di corsa in una stagione. Contro i Texans, AP si è “limitato” a 84 yards conquistate in diciannove portate e molto probabilmente dovrà dire addio al sogno di sfilare a Dickerson il super record (per riuscirci dovrà guadagnare contro i Packers nell’ultima giornata 206 yards: compito durissimo, ma con Peterson “impossibile” è una parola che non esiste) però anche contro i Texans il runner col numero 28 ha offerto un apporto importantissimo, portando a casa con le unghie e con i denti yards importanti, e soprattutto aprendo con la sua sola presenza, spazi al passing game.
Quest’ultimo ancora una volta è stato tutt’altro che spettacolare, con Ponder che ha chiuso 16 su 30 per 174 yards ed una meta, però il regista ex Florida State non ha commesso errori ed anzi soprattutto nel primo tempo è stato decisivo nel chiudere terzi down delicati.
Sempre senza il forte wideout Percy Harvin, la cui stagione si è purtroppo già conclusa per un infortunio alla caviglia, nessuno dei ricevitori in casa Vikings ha impressionato anche perché la distribuzione è stata molto equa: Wright 53 yards, Jenkins 41, Rudolph 39, Simpson 32, ma soprattutto quest’ultimo è piaciuto per una ricezioni acrobatica su un terzo down chiave ed il gran lavoro a livello di blocchi in profondità per il rushing game. E se, nonostante l’assalto di quell’assatanato di J.J. Watt, l’asfittico attacco dei Vikings ha messo a segno 23 punti lo si deve anche ad una linea di attacco che ha svolto efficacemente il suo compito. Soprattutto il centro Sullivan ha disposto come ha voluto dei tackle di Houston confermandosi in questo momento uno dei più forti nel suo ruolo dell’intera NFL, anche il tackle Loadholt si è disimpegnato alla grande nonostante spesso si sia trovato davanti proprio Watt.
Blair WalshHanno invece faticato tremendamente le due guardie Charlie Johnson e Fusco e, indipendentemente da come andrà la stagione, quello della guardia offensiva sarà un problema che la dirigenza “purple and gold” dovrà risolvere nell’offseason 2013.
Prima di passare dall’altra parte del campo, credo sia doveroso aprire una parentesi su Blair Walsh: quest’anno il soprannome “Legatron” per indicare un kicker dalla gamba superpotente, è già stato utilizzato per Greg Zuerlein dei St.Louis Rams, ma credo che per il rookie da Georgia sia ancora più indicato: con il calcio da 56 yards messo a segno contro i Texans, Walsh ha battuto il record di field goal realizzati da oltre le 50 yards in una stagione NFL, portandolo a 9 (e a proposito: da oltre 50 metri Walsh è 9 su 9…). E riguardo il kicker dei Vikings è stato simpatico il siparietto raccontato a fine gara da coach Frazier: “durante il riscaldamento prepartita Blair mi ha detto – coach se arriviamo anche solo sulle 40 (che vuol dire un calcio da 57-58 yards ndr) per me è ok. Anzi in realtà mi ha detto sulle 50… – beh forse sulle 50 era eccessivo però insomma non ho avuto grandi dubbi nel farlo calciare da 56 yards…”.

E Houston? Beh Houston è incappata nuovamente in una pessima giornata: i Texans sono una squadra molto forte ma quando le cose non girano il team naufraga in modo disastroso. Era già successo con Green Bay, poi con i Patriots e ancora questa volta. Non fatevi infatti trarre in inganno dal punteggio finale tutto sommato dignitoso: contro un team con un passing game meno titubante di quello dei Vikings i danni sarebbero stati molto più marcati.
In realtà, soprattutto in difesa, non tutto è stato da buttar via: Watt è stato devastante come al solito con un sack, un “hit” su Ponder, due pressioni sul quarterback più due placcaggi per perdita di terreno, ma contro il rushing game dei Vikings si sono fatti sentire anche l’ottimo defensive end Antonio Smith e la safety Quin. Peccato che quello che Watt, Smith e Quin facevano, puntualmente venisse disfatto dalle giocate dei linebacker Sharpton e Barwin decisamente in giornata no e dall’inconsistenza della nose tackle Cody, dominato da Sullivan. Forse coprire contro un passing game singhiozzante come quello di Minnesota non è difficile, ma in questo fondamentale sono da sottolineare le ottime prove del cornerback Kareem Jackson e del veterano inside linebacker Bradie James.
Erin Henderson, Jasper Brinkley, Arian FosterPer ultimo ho lasciato il gruppo che ha più deluso nella sfida di Houston, e cioè l’attacco dei Texans. Schaub è stato inconsistente con soli diciotto passaggi completi sui 32 tentati per 178 yards (il più lungo per appena 19 yards). E fra i suoi ricevitori il solo Andrè Johnson, con 7 ricezioni per 97 yards, ha in qualche modo fatto sentire la sua presenza. Direi però che il vero problema sia stato ancora a monte: senza il solito, devastante rushing game (anche prima del suo forfait, Foster aveva portato a casa 15 yards in dieci portate), i Texans si sono trovati in difficoltà a far funzionare sia le bootleg che le play action e soprattutto hanno dovuto fronteggiare una marea di terzi down e lungo o lunghissimo.
In questa situazione, per altro oggettivamente difficile, Schaub non ha mai trovato il bandolo della matassa. “E’ chiaro che abbiamo un problema sui terzi down” è stato il commento post gara dell’head coach dei Texans Kubiak “sono tre settimane che non sta andando bene. C’è un problema che persiste ed è sui terzi down e lungo. Abbiamo giocato dodici terzi down e nove di questi erano da otto yards in su. E’ chiaro che in queste situazioni ti ritrovi con le spalle al muro. Dobbiamo proteggere meglio il QB, lui deve giocare meglio e anche noi coach dobbiamo migliorare le nostre chiamate. Per cui in realtà non è solo un problema di Matt (Schaub). Tutti dobbiamo fare meglio”.

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Dunque cosa aspetta ora i due teams nell’ultima settimana di regular season NFL? I Texans sono comunque sempre ad un solo successo dall’assicurarsi la prima testa di serie nei playoff e giocheranno contro i Colts già sicuri di disputare anche loro la postseason. Per Indianapolis l’ultima partita sarà comunque senza significato, dunque difficilmente i Texans mancheranno il traguardo del miglior record della AFC. Ma questo non deve assolutamente far perdere di vista i problemi evidenziati dall’attacco e in una piscina in cui nuotano squali come Patriots, Broncos e Ravens, se Foster e soci non gireranno a mille, la vita nei playoff dei texani rischia di essere di breve durata.

Per Minnesota invece le cose sono più complesse. Innanzitutto l’avversario: a Minneapolis arriveranno infatti i Green Bay Packers che hanno già vinto la NFC North ma che hanno bisogno di un successo per mantenere il seed numero 2 nella NFC. E tutto sommato, per i Packers fra affrontare ad esempio i San Francisco 49ers nella “Frozen Tundra” o in California una certa differenza c’è. Tornando però a Minnesota, i Vikings accederanno ai playoff in caso di successo con i Packers, o eventualmente anche in caso di sconfitta con i verdi del Wisconsin, ma in quel caso gli astri dovranno veramente allinearsi tutti dalla parte di coach Frazier, perché dovranno verificarsi in contemporanea le vittorie di Washington su Dallas, di Philadelphia sui Giants e soprattutto dei Detroit Lions su Chicago. Insomma peggio che vincere alla lotteria…

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