[NCAA] Boiler Up!

Dopo aver assistito al football professionistico e a quello delle high school, il cerchio non poteva essere completo senza le emozioni e la magia di quello universitario.
Sicuramente ci sono stadi NFL che riescono a trasmettere emozioni forti, lo stesso Lucas Oil, che contro i Jaguars era stato piuttosto “tiepido”, nella partita con Green Bay si è trasformato, grazie anche alla commozione per le brutte notizie che hanno visto protagonista Coach Pagano nella settimana precedente.
La città si è stretta intorno al proprio allenatore, una brava persona innanzitutto, e la vittoria conseguita in maniera così “drammatica” ha portato un entusiasmo incredibile verso la squadra; nei giorni successivi le tv locali ed affiliate ai grandi network hanno continuamente trasmesso il TD pass vincente di Luck per un’immenso Wayne, l’esplosione di gioia al calcio sbagliato malamente da Crosby, il toccante discorso di fine partita del proprietario Irsay che dedicava ovviamente la vittoria a Chuck Pagano e che si fiondava nella stanza in ospedale a consegnargli la palla della partita.
Spenderei due parole per Andrew Luck, prima di spostarci di una sessantina di miglia a nord di Indianapolis, a West Lafayette, sede della Purdue University.
Indubbiamente il ragazzo ha talento, ma questa è una dote che a certi livelli in molti giocatori di college hanno, ma la transizione nella NFL è molto dura se sei un quarterback, se vieni buttato subito nella mischia e se sei stato prima scelta assoluta.
La pressione, le aspettative e magari capitare nella franchigia sbagliata possono creare danni irreversibili, gli esempi di Ryan Leaf o quel €&”@”!?? di Jamarcus Russell sono davanti agli occhi di molti di noi.
Luck possiede quelli che si chiamano “intangibles” e scusate se non traduco correttamente, ma sono il carisma, la leadership, la presenza mentale, la personalitá, l’etica del lavoro, la disciplina e quelli che invece noi chiamiamo i “maroni”.
Queste sono doti che invece in pochi hanno e sono quelle che ti fanno sopravvivere e brillare nei Pro e che non sempre si possono osservare o quantificare durante la carriera al college.
Sicuramente deve ancora migliorare molto, ma se lo si vede in campo, tutto sembra tranne che un rookie e nella rimonta del secondo tempo di domenica buona parte del merito, oltre a una straordinaria ed ispirata difesa e al giá citato Wayne, è tutto suo.
È molto presto per dire se a Indy hanno trovato l’erede di Peyton, però fossi un Colt, non sarei del tutto dispiaciuto di quello che sto vedendo.
Si parlava di stadi o ambienti passionali: a Green Bay, Kansas City, Denver, Oakland o Minnesota, tanto per citarne alcuni, vedere una partita NFL è sicuramente un’esperienza da vivere, ma quello che si prova vedendo il football NCAA credo non abbia paragoni e se avete la fortuna di andare negli States in questo periodo, fate di tutto per andare allo stadio, non importa se di universitá famose o grandi o di division I o III, non ve ne pentirete.

Sabato 29 settembre
È il giorno di Purdue-Marshall, il biglietto l’avevo giá acquistato tramite stubhub dall’Italia, la partita è alle tre del pomeriggio, ma per non avere sorprese parto tre ore prima da casa, tanto in un’oretta West Lafayette si raggiunge senza problemi.
Arrivo che il traffico è piuttosto sostenuto, spero di aver azzeccato l’orario…a un certo punto termina Lafayette e inizia il campus, wow è gigantesco, scopro dopo che l’Universitá ha il suo aeroporto e questo la dice lunga sulle dimensioni di Purdue.
Quasi tutte le auto espongono bandierine e adesivi nero-oro con la grossa “P”, ce ne sono diverse che con orgoglio invece ostentano il verde-bianco di Marshall.
Nei dintorni dello stadio i proprietari delle abitazioni offrono parcheggio nel proprio giardino a 10$, senza ricevuta :-), ma seguo un indigeno e decido di buttarmi in un silo che fortunatamente è gratis, siamo tutti genovesi.
A piedi passo accanto ad alcuni edifici del campus, siamo nella parte più nuova e se alla Ben Davis high school avevo notato che di soldi ce n’erano, qui la sensazione è decuplicata.
Arrivo allo stadio, ma prima mi fermo a pranzare in una delle “mense” universitarie dove con 11$ si può bere e mangiare l’impossibile.
Ci si sente un po’ anziani in mezzo a tutta quella gioventù, però nello stesso tempo colpisce la quantità di persone over 65/70, signore baldanzose e vecchietti dalla parlantina veloce che a gruppetti si dirigono verso lo stadio.
E quanti bambini…
La giornata è calda, mi avvicino al centro sportivo dove oltre al Ross Ade Stadium, c’è il palazzetto per la pallacanestro, il gymnasium e i campi di allenamento.
Giungo davanti all’ingresso quando fa la sua rumorosa apparizione la marching band, favolosa moltitudine di ragazzi che suonano danzando, cheerleaders e il tamburo più grande, a detta loro, del mondo.
Nel piccolo parcheggio antistante lo stadio e nel suo intorno fioccano i tailgates, i posti sono prenotati e nominali, la carne alla griglia la fa da padrona, ma questo aspetto lo affronterò più tardi, perchè io pensavo fossero in tanti, qui…
L’ingresso nello stadio della banda è un po’ il segnale e tutti ci si avvia ai cancelli, il mio posto è abbastanza centrale, la visuale perfetta, l’unico neo il sole che picchia fino alla fine del terzo quarto, ma per il resto non mi posso certo lamentare.
Una coppia di anziani dietro di me mi chiede se so che fine ha fatto il loro amico ottantenne che di solito è al mio posto, si fanno due chiacchiere e quando sanno che sono italiano divento il loro agente Alpitour per una prossima vacanza.
La banda si dispone in campo e a ritmo di musica compone la scritta Purdue, o Boiler Up (lo slogan che deriva dal nickname Boilermakers) e, al momento dell’inno suonato da loro, tutti in piedi e mega karaoke sul tabellone.
Nel settore a fianco ci sono gli ultras, ehm, chiamiamoli così…stanno in piedi tutta la partita, cantano insieme alla banda e sono quelli che vengono inquadrati dalla TV. Fumogeni? Mortaretti? Cori offensivi? Certo, come no…
Come per la high school la partita non ve la racconto, tanto è ormai roba vecchia, Purdue ha la meglio grazie ha un ottimo break che spacca la partita nel secondo quarto, tre intercetti in fila, due ritornati in meta e distacco incolmabile per Marshall che pure non è una brutta squadra.
Purdue è obiettivamente più forte e alla fine ha la meglio per 51-41.
L’intervallo è appannaggio dell’onnipresente band, che mette in piedi il “Peggior half time show di sempre”: i tifosi in un sondaggio hanno scelto le peggiori canzoni di tutti i tempi e la banda le ripropone paro paro, il tutto veramente molto simpatico.
E poi sono dannatamente bravi, guardatevi qualche video perché ne vale la pena.
La stessa band ad ogni pausa di gioco fa il suo bel gingle con coreografia annessa, per loro c’è riservata tutta una zona dello stadio e a gruppetti ogni tanto si portano in altri settori per fare i loro stacchetti.
Durante la partita il tifo è notevole, alzarsi di scatto è la norma se c’è un big play e sui terzi down avversari i fischi e i boo sono assordanti, ci sono anche gesti di disappunto e sacramenti vari quando i nero-oro fanno qualche vaccata, ma passa subito, in fondo quelli in campo sono per tutti solo dei “kids”, i loro ragazzi, che ti fanno arrabbiare, ma che poi vengono subito perdonati.
La coppietta dietro di me è molto ferrata, la signora è spettacolare, la senti urlare al QB di buttar via la palla sotto pressione, urla ai primi down e a volte anticipa le chiamate arbitrali se c’è una flag, fra l’altro quando c’è qualche booth review al pubblico non viene mostrato il replay, ma solo a decisione presa. Non mancano gli improperi alle zebre, checchè se ne dica anche qui vengono martoriati e le battute sui “replacements refs” si sprecano.
La partita vola via, vado a bere qualcosa e scopro che con 4$ puoi prendere un bicchiere di coca o sprite che sia, ma se ne spendi 8 ti danno lo stesso bicchierone marchiato Purdue, e puoi andare quante volte vuoi a riempirlo, potenza del “free” refill, cultura che da noi non è ancora arrivata e non so se lo farà mai.
Finisce il match e mentre la squadra va sotto la curva a salutare gli amici, la banda esce marcettando dallo stadio ed anch’io mi avvio al parcheggio.
Il deflusso è velocissimo, il sole sta tramontando marchiando a rosso fuoco il cielo di West Lafayette e mentre riprendo la 65 per tornare a Indy prendo già la decisione che il sabato successivo tornerò da queste parti per vedere Purdue-Michigan.

Stay tuned, come dicono quelli bravi, per la seconda parte del football NCAA

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