[Superbowl] Steelers: tanta fatica, tanta gioia

nflJames Harrison fissa il cielo della Florida. Pensa a quanto abbia meritato quella corsa da 100 yarde, di essere rimasto in campo ed aver evitato di mettere il ginocchio a terra prima di entrare in End Zone. Stringe la palla nella mano, la palla che ha dato un 17 a 7 incredibile agli Steelers, i cui tifosi si inchinano al capitano della difesa che li manda verso il sesto alloro mondiale.

Ecco, avremmo iniziato così, in modo tronfio e festante, la cronaca del SuperBowl visto dalla parte dei campioni AFC. La realtà è molto meno romantica, molto meno trionfale, molto meno scontata.
Pittsburgh ha mostrato una serie di difetti oggettivi in una partita che doveva suggellare una stagione stellare con una affermazione netta, e lasciare i Cardinals senza fiato davanti alla supremazia degli avversari.Il primo difetto è la timidezza. Il primo drive degli Steelers finisce ad una yard dalla End Zone avversaria senza che Mike Tomlin, che qui citiamo per la prima volta, provi a convertire il quarto down che darebbe un primo netto distacco nell’incontro. Avendo la difesa più forte della lega, dovrebbe essere “obbligatorio” giocarsi sui 4 tentativi un primo e goal da 1 yard.
Timidezza che, mista al dovuto rispetto per un buon avversario, determina la situazione difficile che Harrison sbroglia con la sensazionale giocata del nostro incipit.
steelersNella notte del Raymond James Stadium fa difetto agli Steelers anche l’elasticità mentale. Ike Taylor è gigante per tutto il primo tempo su Larry Fitzgerald, ma Tomlin continua ad assegnarglielo anche nella seconda metà. Questo permette al mostro con la maglia numero 11 di prendere le misure, iniziare a ricevere e mettere insieme numeri da capogiro, oltre ad attentare alla vittoria finale con la grande ricezione che manda momentaneamente Arizona in paradiso.
Infine, ed è forse l’analisi più interessante e determinante del 43esimo grande ballo, c’è la supponenza dimostrata nel quarto quarto.
Pur sapendo della vena di Kurt Warner, pur sapendo che i ricevitori avversari hanno atletismo oltre che mani salde, Pittsburgh lascia lanciare il due volte MVP e lascia ricevere sul medio raggio Anquan Boldin, Steve Breaston e Fitzgerald, sedendosi in una cover 1 abbozzata che fiacca i propri defensive back fino allo scoppio finale, quello che poteva costare il titolo.
Come se guardare i filmati dei Cards in azione non fosse di alcun aiuto, Troy Polamalu e tutto il reparto difensivo raddoppiano sugli esterni, ed alla premiata ditta Warner-Fitzgerald basta seminare un comprensibilmente stanco Taylor per colpire a 2 minuti e mezzo dal termine e far scendere la notte sulla sideline della Pennsylvania.
Capitolo a parte il modo di affrontare il drive che ha portato alla safety. Essa poteva essere concessa, in modo tale da non dover eseguire il punt che avrebbe messo i Cardinals in posizione molto favorevole. Il primo tentativo viene giocato per vie aeree, mentre sarebbe stato indicato correre per vedere se il primo down era a portata. Giusto giocare con un passaggio il terzo tentativo, che ha poi originato la safety, e stupendo Willie Parker ad evitarla al secondo tentativo. Anche qui, ma stavolta il parere è del tutto soggettivo, gestione imperfetta.
I neo campioni del Mondo non hanno però solamente moltiplicato le speranze di Arizona, altrimenti non si spiegherebbe la vittoria finale.
Come c’è da attaccare la gestione disastrosa dell’incontro, c’è invece da lodare un attacco che si è mosso molto bene, sin da subito.
Big Ben era, come spesso accade quando la palla scotta, in serata di grazia. Completa con percentuali altissime, evita un paio di sack nella prima parte davvero determinanti, e guida il drive della gloria come nemmeno i colleghi AFC più considerati di lui (il 12 ed il 18 per intenderci) avrebbero saputo fare.
L’eroe di serata è però Santonio Holmes. Dichiarato per distacco MVP del SuperBowl, ha saputo sopperire alla semi-mancanza di
steelersHines Ward, giustificatamente lasciato da parte per larghissimi tratti da Roethlisberger.
Era iniziata piena di speranze la stagione del receiver da Ohio State: designato come go-to-guy dell’attacco aereo, era stato poi accantonato in molte partite. Poi la ricezione decisiva contro Baltimore in stagione regolare per vincere la AFC North, e la serata di domenica, con 131 yarde ed il fondamentale TD a 30 secondi dal termine.
Nelle parole del posseduto Tomlin, che stringe il suo primo Vince Lombardi Trophy, tutta la verità della finale del campionato NFL: “Per gli Steelers la partita dura 60 minuti!”. Le parole che diciamo, i difetti che troviamo, la simpatia che si prova per i Cardinals certo non possono cambiare il fatto che ora i Pittsburgh Steelers sono la franchigia più titolata della storia, il chè è l’unica cosa che conta!
Lo sguardo di Fitzgerald che entra come un automa in End Zone aveva riempito di lacrime gli occhi dei tifosi, occhi asciugati poco dopo da Holmes, che fa alzare le terrible towel per la sesta volta nel cielo del SuperBowl. Quel cielo che aveva accolto lo sguardo esausto di Harrison, lo stesso che a fine partita ha fatto da tetto alla camminata di Joe Namath che porta il trofeo ai nuovi proprietari, lo stesso che ci ha dato uno spettacolo incredibile.
Soffrire è stato nel copione di tutti i SuperBowl vinti da New England negli ultimi anni, Pittsburgh non poteva esimersi dal farlo anche questa volta. Non c’è quindi motivo di dubitare di questa grande squadra.
Appuntamento al prossimo anno, vedremo quanto è grande il mito della difesa più forte degli ultimi decenni…

Pubblicità
Merchandising Merchandising

Dario Michielini

Segue il football dagli anni 90, da quando era alle elementari. Poi ne ha scritto e parlato su molti mezzi. Non lo direste mai! "La vita è la brutta copia di una bella partita di football"

Articoli collegati

Pulsante per tornare all'inizio
Chiudi

Adblock rilevato

Huddle Magazine si sostiene con gli annunci pubblicitari visualizzati sul sito. Disabilita Ad Block (o suo equivalente) per aiutarci :-)

Ovviamente non sei obbligato a farlo, chiudi pure questo messaggio e continua la lettura.